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La posta dei prigionieri di guerra

I DIMENTICATI
(prigionieri di tutti)

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CHANGAMWE / MOMBASA

Gustavo Cavallini

Del Campo 364 – CHANGAMWE / MOMBASA, c’è un solo riferimento.
Risulta nella zona in cui sorge l’aeroporto internazionale MOI di Mombasa, dove si trovavano i prigionieri addetti al lavoro nel porto.

Nel Rapporto Melis del 1944 si legge:

A Mombasa vi sono due campi, entrambi posti nell’entroterra, a poca distanza l’uno dall’altro, in un’area ricoperta di cocchi e di manghi, non eccessivamente calda, ma infestata dalla malaria. Uno dei campi serve di transito per tutti coloro che si recano all’imbarco nel porto di Mombasa; l’altro è un campo di soli lavoratori, di cui alcune centinaia sono occupate nell’arsenale di Mombasa.

Nelle sue memorie, pubblicate postume dal figlio, Giuseppe Scannella ricorda così il suo arrivo nel campo di smistamento di Mombasa:

Mi separo quindi dagli altri e faccio un giro di perlustrazione per il campo, dove numerose piante di cocco, alte non meno di 20 metri, rappresentano certamente un bel colpo d’occhio ma anche un serio pericolo per chi dovesse sostarvi alla base. Una conferma di questo pericolo mi viene data da uno dei tanti prigionieri che mi racconta della morte istantanea di un Brigadiere dei Carabinieri causata dalla caduta sul suo capo di una noce di cocco”.

PADRE GRAZIANI A MOMBASA E CHANGAMWE
Dalle Memorie di Padre Buonaventura Graziani:

"La sera, però, mi tornò la febbre. L’infermiere di turno, riferì, quanto avevo fatto in quel giorno; per cui, dopo un liscio e busso coi fiocchi, tre giorni dopo venni trasferito, in ambulanza, al campo transito di Sciangauve, distante un sette km. da Mombasa. Lì rimasi, per oltre un mese, in un baraccone che condividevo con centoventi prigionieri. Potete immaginare il putiferio che vi si verificava: russare notturno, sogni spaventosi, flatulenze rumorose e maleodoranti, capannelli di giocatori a carte a completare il quadro provvedevano le scarpe che volavano nell’oscurità, contro i russatori. Eravamo ridotti a numeri. Il campo si componeva di tre sezioni più l’infermeria. In uno dei capannoni non occupati, su di un fusto di benzina vuoto, che fungeva da altare, il cappellano del campo, P. Girolamo Boratto, celebrava la messa. La celebrava anche nella sezione dei generali e colonnelli, e qui, mentre spiegava il Vangelo, trovava sempre il modo di rimproverali, di non aver fatto il loro dovere di ufficiali italiani, favorendo l’avanzata del nemico. Finì così per inimicarseli e lo fecero trasferire al campo 360 di Ndarugo.
Il campo transito Schiangauve / Mombasa, era situato a 7 km. dal porto. Era ripartito in quattro sezioni, separate tra loro, da due fila di ferro spinato alto 12m. In esso sostavano i prigionieri diretti al nord. La zona fertilissima, era ricca di vegetazione, di alberi di banane, di noci di cocco, di mango nonché di zanzare. La mia occupazione, dopo la Messa, era quella di recuperare i medicinali che gli inglesi toglievano, all’arrivo, ai prigionieri e che risultavano utili ai medici. Spesso, scortato, mi facevo accompagnare all’ospedale di Mombasa, per visitare gli ammalati, e amministrare i sacramenti ai moribondi. In quel periodo, ne morirono nove. Di essi, otto ebbero sepoltura nel cimitero cittadino; il nono, invece, non ne seppi mai il motivo, fu sepolto sul ciglio della strada, ove ancora “lo bagna la pioggia e muove il vento.

Fonte:
https://site.prigionieriinkenia.org

CORRISPONDENZE DA MOMBASA

Lettera inviata da Arturo Tagliavini, prigioniero nel campo inglese 364 di Mombasa in Kenya.

6-7-46

Carissimi
Credevo qualche mese fa che in questi giorni dovessi essere a casa, oppure in viaggio. All’ora mi ero lasciato prendere da un certo ottimismo. Veramente, la colpa non era tutta mia, l’apparenza stessa mi lasciava dubitare di un mio prossimo rimpatrio. Non è che sia un mio egoismo e che consulti il lunario per misurare la durata della mia prigionia, anche se questa non è stata volontaria, è il fatto che sono passati (circa) sei anni di questo misterioso ricatto, per il torto d’aver combattuto, per difendere la proprietà altrui.
Questi crimini (senza precedenti) questi fanatici, che per i loro odii, gettarono una folla di sciagurati in un abisso d’inganni. Ora non mi resta che esaurire completamente la fonte della speranza. Una speranza d’amarezza, contro il mondo, che brutalmente [?] rivelato.
Osserva, Alfredo, il mondo con i suoi scambi di note e di proposte, un riunirsi di esperti, un agitarsi di diplomatici e di delegazioni, cercarono disperatamente un piano di assestamento politico ed economico. Cieco come si presentò, ricaduti in peggiori errori ed odii che nell’anteguerra.
La pace sarà duratura quando si manterrà con il pane e non la prepotenza. Per oggi vi stringo la mano, speranzoso che godiate di buona salute e vi ringrazio ancora della vostra bontà d’avermi scritto informandomi di tutto, che per me fu grato. Un bacione particolare al mio nipotino Gianni. Salutami babbo, sorella cognati e nipoti.
Vostro Arturo.

Lettera inviata da Mario Bastoni ai genitori, dal campo di prigionia di Mombasa, Kenya. Nel retro della lettera è riportata la risposta (avvenuta quasi due anni dopo) della famiglia. Le poche e frammentate informazioni che giungevano dall’Italia erano motivo di grande preoccupazione per i prigionieri. Inoltre, come in questo caso, le lettere spesso non giungevano o giungevano con grande ritardo, lasciando il prigioniero privo di notizie sulla situazione della propria famiglia, che in quei mesi era in piena zona di guerra.

Mombasa, 23 ottobre 1943

Africa, 23-10-1943

Carissimi,

I giorni qui trascorrono lenti e monotoni e tanto tristi nell’apprendere gli avvenimenti che si svolgono in Italia. Il pensiero dirai è sempre presente in ogni momento alla giornata […]. La notizia che i tedeschi stanno rovinando la nostra cara Italia e obbligano tutte le persone giovani a coperare per loro facendo alla popolazione ogni sorta di angheria e di soprusi mi fanno stare tanto in pensiero. E Rinaldo? Che ne è stato di lui? Non lo ancora ricevuto posta da voi e dalla mia partenza dalla Sicilia non so più niente ed io lavoro tutto di immaginazione sperandomi di immaginare la nostra situazione ma invano. Voi di me saprete già tutto, ma lo ripeto ugualmente pel timore che le precedenti non vi siano giunte: sono in una campagna americana con altri cinque italiani nel nord Africa (non mi è permesso precisare la posizione) e mi trovo bene sotto tutti i punti di vista. Ma non dovete pensare che dica così perché mi sia imposto, perché è la pura verità. Vi esorto come sempre alla serena rassegnazione aspettando il benedetto giorno che finirà la guerra. Io tutte le sere prego il buon Dio che ci faccia trovare sani e salvi tutti. Vi bacio tanto caramente, il vostro figlio,

Mario

Retro:

30-5-45

Risposta a mezzo il messaggio espresso

Caro Mario, abbiamo ricevuto solo oggi per la prima volta tue notizie con lettera 23.10.43. Da tempo preoccupati per la tua sorte, siamo commossi e felici della tua buona salute. Noi stiamo bene e siamo tutti a casa dopo un anno di sfollamento.
Ti attendiamo ansiosamente e ti baciamo tanto

Fonte:
https://prigionieri.parmaintempodiguerra.it

Gustavo Cavallini
20-07-2024