Comunicato stampa dell'ISSP pubblicato su il postalista

 

 

Francesco di Marco Datini avrà la carta valore

La notizia confermata pochi minuti fa dal ministero allo Sviluppo economico. L’emissione, un intero, ricorda il mercante e filantropo pratese a sei secoli dalla scomparsa. Il suo archivio di 150mila lettere costituisce il più significativo fondo, a livello mondiale, per la storia economica del Medioevo

Prato (30 ottobre 2009) - A sei secoli dalla morte, il pratese Francesco di Marco Datini (circa 1335-1410) verrà ricordato, l’anno prossimo, da un intero postale, probabilmente una cartolina. Lo ha confermato, pochi minuti fa, il dicastero allo Sviluppo economico.

“Ringrazio -commenta il direttore dell’Istituto di studi storici postali, Andrea Giuntini- il ministro Claudio Scajola e la Consulta per l’emissione di cartevalori postali e la filatelia per avere accolto la richiesta proveniente dalla città, ma virtualmente sottoscritta anche da quanti studiano la storia della posta. Perché, oltre ad essere stato un grande mercante con interessi in mezza Europa ed un filantropo, Datini ha lasciato ai posteri il patrimonio documentario dell’azienda”.

Si tratta di 150mila lettere, 10.000 “titoli” specializzati (lettere di cambio, di vettura, fatture, valute di mercanzie, carichi di nave...) e 400 contratti di assicurazione. Ordinati nel 1560 dallo studioso Alessandro Guardini, furono successivamente accantonati e dimenticati, fino a quando vennero riscoperti alla fine dell’Ottocento.

Tale materiale, suddiviso secondo le otto sedi delle aziende datiniane, costituisce il più importante archivio esistente al mondo per la storia economica del Medioevo; è conservato nell’edificio che lo stesso Datini acquistò nel 1383, ampliandolo e trasformandolo in uno dei primi e tipici esempi di dimora borghese pre-rinascimentale. Ora il palazzo ospita, fra l’altro, l’Archivio di stato, la Fondazione Casa pia dei ceppi onlus e l’Istituto di studi storici postali.

 

“La citazione postale -prosegue Andrea Giuntini- rappresenta un importante riconoscimento, raggiunto grazie al lavoro di squadra che ha coinvolto, accanto al nostro Istituto, anche il Comune, la Provincia, l’Archivio di stato, la Fondazione Casa pia dei ceppi onlus, la Società pratese amici dei musei, l’Associazione case della memoria, l’Istituto tecnico commerciale Francesco Datini”.

La figura del mercante

Francesco di Marco Datini rappresenta, nella storia della città di Prato, un riferimento obbligato: incarna a tutti gli effetti la figura del mercante medievale, nei suoi aspetti economici, politici, ma anche individuali e privati. Figlio di un taverniere, reso precocemente orfano di entrambi i genitori dalla peste del 1348, dopo un apprendistato nelle botteghe fiorentine per imparare l’arte della mercatura, nel 1350 -appena quindicenne- si trasferisce ad Avignone, allora sede papale e meta di mercanti.

Nella città provenzale, in cui rimarrà per più di trent’anni, affina i suoi strumenti e costruisce la sua fortuna. Commerci diversificati, affari in proprio e in società (la medievale “compagnia”), contribuiscono a farne un facoltoso mercante. Nel 1376 si sposa con la giovane fiorentina Margherita di Domenico Bandini, la cui bella figura di donna emerge con grande vivacità dalle lettere inviate al marito. Al suo ritorno a Prato, nel 1382, è già conosciuto come “Francesco ricco” ed è questa raggiunta agiatezza che egli intende mostrare attraverso la costruzione di una casa posta tra via Rinaldesca e via del Porcellatico. Procedendo per successive acquisizioni di stabili contigui, tra il 1383 e il 1399 l’edificio verrà completato e riccamente decorato all’interno con affreschi commissionati ai pittori più famosi del tempo: Niccolò di Piero Gerini, Agnolo di Taddeo Gaddi e Bartolomeo di Bertozzo. Davanti all’ingresso, Datini si concede un lusso ulteriore: un giardino “pieno di melaranzi e rose e viole e altri begli fiori”, una vera “folìa”, in termini economici, un’ulteriore dimostrazione che la concezione dell’abitare cui la casa si ispira è ormai più rinascimentale che medievale, finalizzata a ben vivere piuttosto che a difendersi.

Il rientro a Prato coincide con un forte sviluppo degli affari datiniani. Alla compagnia di Avignone, affidata ad un socio, se ne aggiungono altre a Pisa, Firenze, Prato e, più tardi, quelle di Genova, Barcellona, Valenza e Maiorca. Sono aziende collegate tra loro in un vero e proprio sistema, di cui Datini è il manager. Della città natale, in particolare, valorizza la vocazione tessile impiantando due industrie: la “compagnia della lana” e la “compagnia della tinta”. Sostiene e dà linfa alla rete un articolato intreccio di informazioni che Datini e i suoi collaboratori scambiano per lettera con gli altri mercanti operanti sul bacino del Mediterraneo.

Alla morte, avvenuta il 16 agosto 1410, con un testamento ispirato dalla pietà francescana dell’amico ser Lapo Mazzei, lascia eredi dei suoi beni -valutati in oltre 100mila fiorini- i poveri della città, attraverso la fondazione di un istituto di beneficenza, il “Ceppo dei poveri”. Come ringraziamento postumo, gli amministratori del “Ceppo” faranno affrescare esternamente il palazzo con storie della vita del mercante, a celebrazione di una sorta di santità laica e cittadina acquistata con il lavoro e la ricchezza.

Il monumento in piazza del Comune

Nel pieno centro di Prato, in piazza del Comune, lo ricorda una statua in marmo bianco di Carrara, realizzata dallo scultore Antonio Garella nel 1896. Francesco di Marco Datini è ritratto mentre porge ai poveri il proprio testamento. Rilievi in bronzo posti sul piedistallo citano episodi della sua vita.
 

servizio stampa e comunicazione: Fabio Bonacina, mail fabio.bonacina@libero.it


Rete Civica di Prato

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