Sappiamo che la Posta di Grosseto in Siena, per lo
meno dalla fine del 1600 fino al 1808, quando la riforma postale francese
la incorporò nella Direzione di Siena avendo eretto a Direzione
la Posta Comunitativa di Grosseto, aveva il suo recapito alla “Posta
dell’Angelo”, sita nella omonima locanda1,
anche se non si può escludere del tutto che la denominazione
potesse derivare da una semplice vicinanza alla medesima.
Consultando la rubrica “Osterie
e Locande dei secoli passati” sul sito internet “Il
Palio di Siena”, abbiamo potuto localizzare la sede di questa
antica locanda (e di conseguenza della Posta), oggi scomparsa: si
tratta di una annotazione ricavata dagli antichi libri parrocchiali
conservati nell’Archivio Arcivescovile di Siena, dove venivano
registrate tutte le morti, in questo caso quella di un neonato figlio
di un venditore ambulante “ciarlatano” ivi alloggiato.
"Addì 21 Gennaro 1692 a Nativitate. Carlo Antonio
figlio parvulo di Giovan Battista Franchi ciarlatano [che decantava
e spacciava medicamenti portentosi e vendeva cose da nulla, valendosi
della sua parlantina per accreditarle] habitante nell’Hostaria
dell’Agnolo Cura di S.Antonio in Fonteblanda rese lo spirito
il Medesimo giorno a hore dodici in età di dodici giorni..."
(AAS, 1109, n.305).
Trova quindi conferma la notizia, raccolta oralmente da alcuni anziani
già qualche anno addietro, che nei primi decenni del XX secolo,
quando si rientrava in città, a piedi come allora facevano
quasi tutti, giunti in cima alla ripida salita della “Costaccia”
(è il nome che si usa popolarmente a Siena per designare il
primo tratto di via Fontebranda) poco prima di arrivare all’arco
detto “di Porta Salaria” ed entrare in via di Città,
si faceva volentieri una sosta per bere un bicchier di vino “all’Angelo”.
Infatti fino a pochi anni fa proprio nell’ultimo tratto di detta
strada, a destra venendo verso la città, c’era un bar-trattoria
e a memoria d’uomo c’è stata sempre un’osteria
con mescita di vino.
La “Costaccia” era appunto compresa nella antica Parrocchia
di S.Antonio in Fontebranda, da tempo soppressa e incorporata parte
in quella di S.Domenico e parte di S.Pellegrino alla Sapienza.
Sotto il c.d. ponte di Diacceto (dalla omonima via che vi corre sopra)
ancora nel primo dopoguerra, venivano parcheggiate le piccole diligenze
che bisettimanalmente facevano servizio da Orgia (Beppe Baroni) e
da Brenna (Nanni) e i calessi che dalla campagna arrivavano in città
da quella parte. Nella stessa strada, fra l’osteria e l’arco,
c’erano alcune stalle, e le botteghe di un maniscalco e di un
fabbro ferraio.
La Costaccia con il “Ponte di Diacceto”, in una
cartolina del 1923 |
La “Hostaria dell’Agnolo” era in realtà
una locanda, infatti (come risulta dalla suddetta citazione) teneva
anche alcune camere, alla pari di quasi tutte le osterie dell’epoca.
Come abbiamo sopra accennato, è molto probabile che proprio
in una stanza della locanda fosse allogata la Posta di Grosseto in
Siena, e vi albergava certamente il procaccia di Grosseto fra il viaggio
di andata e quello di ritorno. Per chi proveniva dalla strada grossetana,
allora, l’accesso migliore per arrivare in città era
proprio da Porta Fontebranda; infatti per entrare da Porta S.Marco,
del resto più lontana dal centro, c’era da fare la “Piaggia
del Giuggiolo”, anche più dura della “Costaccia”.
La locanda era centralissima, trovandosi a circa cento metri da Piazza
del Campo: l’osteria, come abbiamo detto, è sopravvissuta
fino a pochi anni addietro, mentre non sappiamo quando cessò
di essere anche locanda.
Particolare
da una “Guida di Siena” del 1915 |
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1 “I Corrieri del Mangia”, pag. 67
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