>> Storia Postale dello S. Pontificio >>Bibliografia dello S. Pontificio >> Stato Pontificio: non solo bolli… di Francesco Maria AMATO
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Appunti sulla storia postale di ALBANO - dalle origini all’adesione al Regno d’Italia - |
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di Francesco Maria AMATO | ||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||
Le prime tangibili testimonianze di insediamento umano nel territorio comunale di Albano risalgono all’inizio del I millennio a.C., e fanno riferimento ad alcuni resti archeologici rinvenuti sia presso le frazioni di Pavona e Cecchina, che del Colle dei Cappuccini (1). Seppur con alternanti segnali di spopolamento e ripopolamento, tali insediamenti rimangono sul territorio delineando nel tempo quelle tracce che riconducono alla fondazione di Alba Longa, la leggendaria città fondata da Ascanio figlio dell’eroe troiano Enea. Racconta la leggenda infatti che Ascanio, in sogno, vide una scrofa bianca e per questo diede alla città il nome di Alba che in latino significa bianco, mentre longa si riferiva alla forma allungata della città. E non è un caso che ancora oggi il simbolo di Albano sia proprio una scrofa bianca (fig. 1).
Alba Longa divenne la mitica capitale della confederazione dei populi albenses conquistata da Roma sotto il re Tullio Ostilio (2) dopo l’anno 673 a.C. I romani indicarono con il nome Albanum l’area geografica ove sorge l’attuale Albano Laziale a Ager Albanus l’intero territorio circostante ove riconoscevano il luogo in cui sorgeva la città di Alba, madre di Roma. Grazie al tracciato dell’antica Via Appia e grazie alla presenza di straordinari ricchezze naturali, Albanum divenne ben presto luogo di riposo e villeggiatura dei più grandi personaggi della vita pubblica della Roma repubblicana, e della Roma imperiale. Un notevole cambiamento dell’assetto topografico del territorio, si ebbe intorno alla fine del II secolo d.C. con l’edificazione dell’imponente accampamento della Seconda Legione Partica, voluto dall’imperatore Settimio Severo per ragioni di sicurezza. Con il tempo a venire i 6000 legionari che vi erano stanziati con le rispettive famiglie, unitamente ai numerosi artigiani e commercianti che garantivano giornalmente la vita nell’accampamento, diedero vita ad un vero e proprio aggregato urbano. Quando infatti intorno alla seconda metà del III secolo d.C. la Legione Partica lasciò il territorio, Albanum era già divenuta la città più importante sul territorio, al punto che l’imperatore Costantino fece qui costruire, nel 326, una sua basilica, privilegio concesso soltanto a Roma, Ostia, Napoli e Capua. Con la caduta dell’Impero Romano, l’intera area urbana di Albano e l’intero territorio circostante furono mete di continue e devastanti scorrerie barbariche. A cavallo tra il VI e il IX secolo si perde il conto dei saccheggi perpetrati dai Longobardi, dai Goti, dai Franchi dagli Alemanni, e in ultimo, dulcis in fundo, dai Saraceni nell’anno 846. Il dominio dei Savelli durò sino al 1697, quando, causa gravissimi problemi economici, il feudo di Albano fu messo all'asta e acquistato dalla Camera Apostolica, entrando a far definitivamente parte dei possedimenti dello Stato Pontificio. Con la proclamazione della Repubblica Romana del 1798 Albano divenne uno dei dieci Cantoni che costituirono il Dipartimento del Tevere, con alle dirette dipendenze i comuni di Castel Gandolfo, Gensano, Lariccia, Falcognana, Nemi, Civita Lavinia, Ardea, Castel di Leva, Rocca di Papa, Pratica, Solferata e Caroceto (3). Caduta la Repubblica, dopo un lasso tempo pari a poco meno di dieci anni dall’avvenuta Restaurazione Pontificia, Albano mantenne il grado di Direzione Postale anche nel corso della successiva occupazione napoleonica. Scrive il Gallenga a tale riguardo: [..] La città di Albano era Direzione Postale già prima del 1809, ed anche l’amministrazione francese la riconobbe questo ufficio. Da Albano dipendevano i comuni di Ariccia, Marino, Nettuno e Porto d’Anzio. Ma del suo Circondario postale vennero compresi anche Castel Gandolfo, e Genzano con Galloro, Nemi, Civita Lavinia e Ardea [..] (4). Inserita nel costituito Dipartimento 116 o del Tevere, è a questo periodo (1809-1814) che si riferiscono i bolli riportati nelle figure 2, 3 e 4.
Al periodo d’invasione del Lazio da parte delle truppe di Murat, avvenuta a metà aprile del 1814, risale l’adozione di tre nuovi bolli riportanti, nell’ordine, il toponimo della città scritto in caratteri piccoli senza il numero dipartimentale (fig. 5); la dicitura Affrancata (fig. 6) e quella Assicurata (fig. 7).
Restaurato il potere temporale sui territori della Chiesa, nel 1816 la Direzione Postale del Governo di Albano, ebbe alle proprie dipendenze i comuni di Ariccia, Castel Gandolfo, Civita Lavinia, Genzano, Galloro, Marino, Nemi, Nettuno, Pratica e successivamente Porto d’Anzio, in precedenza appartenuto a Velletri. In figura 8 il nuovo bollo lineare in caratteri grandi che nel 1827 andò a sostituire quello precedentemente in uso durante l’occupazione di Murat.
Agli anni 1828-1849, si riferiscono invece i bolli di franchigia postale utilizzati dalla Segreteria Comunale (fig. 9), dalla Cancelleria (fig. 10), dal Comune (fig. 11), dal Governo di Albano (fig. 12), dal Governatore (fig. 13) ed i bolli Direzione di Albano (fig. 14) e il bollo di diritto d’impostazione (5) “Imp.e” (fig. 15).
Dopo aver aderito alla Repubblica Romana proclamata il 9 febbraio del 1849, in virtù delle disposizioni emanate dal subentrato Governo, vennero adottati nuovi bolli ottenuti sia modificando quelli preesistenti, sia allestendone di sana pianta (fig. 16-20).
Trascorsi poco più di quattro mesi, ammainata la bandiera repubblicana, una volta ristabilito il potere temporale del Papa sui territori della Chiesa vennero ripristinati tutti i preesistenti bolli con le insegne pontificie. Molto raro in tale periodo, il temporaneo impiego dei bolli con le insegne repubblicane scalpellate (fig. 21).
Al 1855 fa risalire il Gallenga il bollo a losanga di trattini impiegato per annullare i francobolli, ed al 1858 il datario a doppio cerchio visibile in figura 22.
Un anno terribile che segnò indelebilmente la storia di Albano fu il 1867 quando la comunità fu colpita da una terribile epidemia di colera che, durata solo quattro giorni, uccise più di 500 persone. Allo stesso anno risalgono il bollo di franchigia in uso dalla Gendarmeria Pontificia (fig. 23), e quello del bollo accessorio PD (fig. 24).
Con voto plebiscitario dell’ottobre 1870, la popolazione di Albano espresse la propria volontà di aderire al Regno d’Italia. note: 1. cfr. Pino Chiarucci, La Civiltà Laziale e gli insediamenti albani in particolare, in Pino Chiarucci (a cura di), Il Lazio Antico - Corso di Archeologia tenutosi presso il Museo Civico di Albano 1982-1983, p. 35 e seg.; |
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