Storia Postale dello Stato Pontificio: non solo bolli... |
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Appunti sulla storia postale di GENZANO |
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di Francesco Maria AMATO | ||||||||||||||||||||||||||||
Parte integrante dei Castelli Romani, ribattezzata dal poeta romano Mario dell’Arco come “Genzano dell’Infiorata”, la cittadina si apre a ventaglio sul margine di un altipiano lavico da dove si ammira da una parte la pianura che si spinge verso il mare, e dall’altra il cratere di origine vulcanica del lago di Nemi. Per avere notizie certe sulla sua esistenza, si deve risalire al XII-XIII secolo, quando viene nominato come fundum Genzani prima e come castrum Genzani successivamente, ad indicare un insediamento di case disposte intorno all’originaria Chiesa di Santa Maria della Cima, secondo il classico schema aggregativo medioevale della domus culta sita all’interno di un recinto fortificato. Così il Gatti nella sua opera su Genzano (1): Le “antiche” mura urbane, realizzate a partire dall’epoca dei Cistercensi, si sviluppano lungo due lati dell’approssimativo triangolo formato dal borgo originario. Sul terzo lato, invece, quello esposto verso il lago, si presume che grazie alla naturale difendibilità del territorio per la presenza dello strapiombo, il recinto sia stato molto meno imponente. La località, dove nel XII secolo era stata eretta una torre dai Gandolfi (signori di Castel Gandolfo), nel 1183 venne concessa da Papa Lucio III ai monaci cistercensi di Sant’Anastasio - dell’Abbazia delle Tre Fontane - che, intorno al 1235, vi edificarono un grande castello fortificato, attorno al quale si sviluppò lentamente il paese. Il Castrum, fondato dai Cistercensi, fu detto Gentianum, dal nome della famiglia consolare dei Genziani antichi possessori del terreno. I monaci tennero il castello fino al 1427 quando, su autorizzazione di Papa Martino V, lo vendettero alla nobile famiglia dei Colonna. Passato di mano ai dè Massimi nel 1563, l’anno a venire venne venduto, per la cifra di 15.200 scudi romani, a Giuliano I Cesarini, Marchese di Civita Nova. Ed è da questo momento che per il paese inizia un periodo di splendore. Per volere di Giuliano III Cesarini vengono tracciate le Olmate, tre lunghi viali fiancheggiati da olmi, viene ristrutturato il Palazzo Baronale e viene dato il via alla ricostruzione della Chiesa di Santa Maria della Cima. Qualche anno più tardi, la secondogenita di Giuliano III, Livia, sposa Federico II Sforza dando inizio alla dinastia degli Sforza-Cesarini. Livia commissiona opere architettoniche ed urbanistiche, dando forma alla Genzano che conosciamo; al primo tridente costituito dalle Olmate se ne aggiunge un secondo, il tridente costituito da Via Italo Belardi, Via Bruno Buozzi e dalla strada che conduce al convento dei frati cappuccini in Via Garibaldi (2). Con l’avvento della Repubblica Romana del 1798, il comune di Genzano viene a costituire, unitamente a Castel Gandolfo, Lariccia, Falcognana, Nemi, Civita Lavinia, Ardea, Castel di Leva, Rocca di Papa, Pratica, Solferino e Caroceto, il Cantone di Albano, inquadrato nel Dipartimento del Tevere (3). Superato il periodo di occupazione dei territori della Chiesa da parte delle truppe napoleoniche, con la riforma del 1816 venne a fare parte del circondario postale della Direzione di Albano. E tale rimase fino al 21 dicembre 1827 quando, grazie al Moto Proprio di Leone XII sulla riorganizzazione dell’Amministrazione Pubblica nel Lazio, il Governo di Genzano venne inglobato nella Comarca di Roma, a comporre il circondario del Distretto di Roma con alle proprie dipendenze i comuni di Ardea, Cisterna, Civita Lavinia e Nemi. Ed è a questo periodo che fanno riferimento i bolli riportati nelle figure 1, 2, e 3.
Elevato a Distribuzione Postale di I Classe nel 1845, con un proprio circondario comprendente i comuni di Ardea, Civita Lavinia e Nemi, l’ufficio ebbe in dotazione i bolli in stampatello inclinato grande di cui alle figure 4 e 5.
Giurata fedeltà alla Repubblica Romana proclamata il 9 febbraio del 1849, in virtù delle disposizioni emanate dal subentrato Governo, tendenti a rimuovere ogni traccia ed ogni simbolo riconducibile al passato Governo Pontificio, vennero adottati nuovi bolli ottenuti sia modificando quelli preesistenti (fig. 6), sia allestendone di nuovi (fig. 7).
A questo periodo si riferiscono anche i due bolli che presento alle figure 8 e 9.
Con l’introduzione dei francobolli nello Stato Pontificio, dal 1852 l’ufficio di posta di Genzano annullò i francobolli in partenza tramite l’utilizzo di un bollo lineare (fig. 11), di un bollo muto che, in uso fino a settembre 1853, era costituito da un quadrato di punti (fig. 12), di un bollo a griglia con losanghe intere (fig. 13) e di un bollo a griglia con losanghe seghettate (fig.14).
Abolite le Legazioni ed i Distretti, e introdotte le provincie, nel 1857 Genzano venne a far parte del territorio della Provincia di Roma e Comarca con un proprio circondario costituito ancora dai comuni di Ardea, Civita Lavinia e Nemi. Scrive il Gallenga (4): Dal 1° gennaio 1864 le vecchie Distribuzioni Postali di I Classe vennero convertite in Uffici Governativi, ad eccezione di Genzano, Nepi, Veroli e Valmontone. Nepi e Valmontone non bollarono più con griglia i francobolli, e lasciarono questo compito alle Direzioni Postali da cui dipendevano. Genzano, dal marzo 1864 usò per marcare i francobolli la vecchia griglia che aveva segmentata, ma molto più spesso usava come annullatore il bollo 1 [stampatello inclinato riportato in figura 4] o marcava solo la lettera ed Albano provvedeva a marcare i francobolli con la griglia. Dopo la presa di Roma del 20 settembre 1870, con Plebiscito del 2 ottobre successivo, la popolazione di Genzano, votò l’annessione al Regno d’Italia.
Note: 1. Ratti Nicola, Storia di Genzano con note e documenti, Roma, nella Stamperia Salomoni, MDCCXCVII, pag. 1; 2. cfr. www.visitcastelliromani.it/it/genzano-di-roma/cenni-storici e www.comune.genzanodiroma.roma.it (visitati in data 11 febbraio 2018); 3. Leggi relative alla Costituzione della Repubblica Romana, in Roma presso i Lazzarini Stampatori Nazionali, Anno VI Repubblicano, 1798, p. 13; 4. Gallenga M., I Bolli del Lazio, p. 123.
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