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organizzazione e funzionamento dell'U.P. di Milano durante il Regno Italico | ||||||||||||||
di Francesco Luraschi | ||||||||||||||
Il 14 aprile 1807 veniva pubblicato in formato manifesto, stampato dalla Stamperia Reale e firmato dal ministro delle finanze Prina, un nuovoregolamento relativo al ricevimento ed alla distribuzione delle lettere a Milano. Questo documento faceva seguito al decreto vicereale pubblicato in data 9 aprile. Il nuovo regolamento era diviso in tre titoli dei quali il terzo era a sua volta suddiviso in quattro sezioni per un totale complessivo di 36 articoli con cui veniva riorganizzato il servizio postale nella capitale. Le “disposizioni generali” contenute nel I titolo riguardavano la nuova denominazione attribuita all’ ”Uffizio interno” il quale prendeva il nome di “Uffizio d’arrivo e partenza”e corrispondeva con due nuovi uffici di distribuzione : l’ ”Uffizio di distribuzione generale” e l’ “Uffizio della divisione di Milano” i cui ruoli venivano resi noti nel II e III titolo. Il suddetto “Uffizio di distribuzione generale” riceveva “a qualunque ora del giorno e della notte … senza aspettar mai di unire piu’di una consegna insieme”(ovvero istantaneamente anche ogni singola missiva)tutte le lettere provenienti sia dall’estero che dai dipartimenti e, cosa importante, anche quelle in arrivo dal dipartimento dell’Olona fino ad alloraprese in consegna dall’ “Uffizio de’Pedoni” che risulta difatti soppresso. Termina cosi’l’attivita’di questo ufficio che, nato nel 1762, lavorava sia in arrivo che transito e partenza la posta locale ed aveva in dotazione propri timbri specifici. Era inoltre compito dell’ “Ufficio di distribuzione generale” operare una prima cernita della corrispondenza: si separavano difatti le lettere con recapito ben definito, che venivano passate all’ “Uffizio della divisione di Milano”per essere distribuite con i portalettere, da quelle senza recapito che “si classificheranno immediatamente per alfabeto negliappositi scaffali”. Gia’nel decreto del 9 aprile si sollecitava comunque il pubblico a fornire piu’dettagli possibili nella compilazione dell’indirizzo del destinatario dato che “le sole lettere con recapito esatto possono essere distribuite colla celerita’ed esattezza contemplata nelle disposizioni del presente Decreto”. All’ “Ufficio di distribuzione generale” veniva inoltre assegnato il compito di ricevere le lettere in partenza , affrancate o meno, sia per la citta’che per i dipartimenti e quindi tutte le lettere raccomandate. Presso questo ufficio venivano trattenute le lettere con la scritta “ferma in posta”le quali venivano consegnate solo “alle persone, le quali giustificheranno coi loro passaporti, colle loro carte di sicurezza o con due testimoni conosciuti, che le suddette lettere sono veramente alle stesse persone destinate”. E’interessante notare come ben tre articolidel regolamento siano dedicati all’operazione di cernita: “e’proibito di chiudere le finestre della distribuzione in tempo della separazione (delle lettere).Dette finestre debbono sempre stare aperte in tutte le ore fissate dall’orario”ed al comportamento sia degli ufficiali “vi deve sempre essere qualche officiale che risponda alle domande del pubblico (mentre) l’operazione della cernita sara’eseguita intanto da altri Ufficiali…Il pubblico dovra’essere servito con celerita’e decenza…qualunque espressione inurbana e qualunque tratto irritante di un Ufficiale di Posta e’punito con la destituzione. Il capo d’uffizio e’risponsabile d’ogni mancanza ne’suoi subalterni” mentre il pubblico era avvisato che “qualunque mancanza di un particolare verso un Uffiziale di Posta sara’severamente repressa e punita a termini de’Regolamenti”. Gia’ dal 1801 esisteva all’interno della posta di Milano un corpo di guardia per rimediare“alla confusione che da un colluvio di pessimi soggetti si apporta alla distribuzione”. Nel 1805 il distaccamento venne incrementato ed i militari avevano la consegna di fare entrare nei locali della posta anche chi portava armi ma dovevano arrestare chiunque causasse risse, agendo pero’con la massima delicatezza. All’attivita’dell’ “Uffizio della divisione di Milano” era riservato il III titolo del regolamento diviso a sua volta in quattro sezioni.E’la parte piu’dettagliata del regolamento. La I sezione e’di carattere generale: stabilisce difatti che questo ufficio provvedera’ alla consegna con portaletteredella corrispondenza “con recapito”, mentre al suo interno sara’possibile ritirare sia le lettere “arretrate” che quelle “di scarto”(en rebut). La II sezione e’dedicata all’attivita’dei portalettere:per avere un quadro completo del sistema postale cittadino bisogna pero’rifarsi al decreto vicereale del 9 aprile con cui venivano stabiliti in Milano dei Ricevitori di lettere”, le cosiddette “piccole poste”, ubicate nelle ricevitorie gia’del lotto ai cui titolari veniva assegnata una provvigione sulla tassa delle lettere. In totale si trattava di 16 ricevitorie di cui 4 principali a Porta Riconoscenza, Porta Marengo, Porta Nuova e Porta Vercellina in cui si poteva spedire lettere, anche affrancate, verso tutti i dipartimenti mentre dalle altre si poteva spedire franco di porto solo per la citta’. Le suddette ricevitorie recavano all’esterno un cartello con la scritta “Qui si ricevono le lettere destinate per Milano e per i Dipartimenti” e sul muro esterno una fessura in cui infilare le lettere in porto assegnato che cadevano in una cassetta posta all’interno, le cui chiavi erano pero’ solo nelle mani del portalettere. Per le lettere in porto franco i ricevitori avevano in dotazione il bollo corsivo P.P(Porto Pagato). Le tariffe erano contenute: 5 cent.fino a ½ oncia, cent.10 fino ad un’oncia, cent.5 per ogni oncia in piu. Era inoltre possibile spedire raccomandate per citta’pagando cent.20 ogni oncia, mentre per quelle dirette fuori citta’ era necessario recarsi di persona presso la Direzione Generale delle Poste. Inizialmente questo sistema ebbe un buon successo che pero’ando’scemando sia perche’ Milano , 120.000 abitanti, non aveva un traffico sufficiente per coprire gli introiti sia perche’ “(la piccola posta) fornisce un mezzo facile e senza pericolo per dare recapito a lettere anonime, le quali il piu’delle voltenon tendono che a recare minacce, a fomentare raggiri, a denigrare la fama altrui, a spargere la discordia nelle famiglie”. Tanto basto’che il governo austriaco con un avviso del 31 luglio 1822 ne decreto’la definitiva chiusura. Questa fine rappresentava il fallimento definitivo dell’idea napoleonica di monopolizzare tutto il traffico epistolare , da quello internazionale a quello locale, costringendoil pubblico a servirsi della posta che in quest’ultimo caso risultava inadatta e costosa. Nel caso di traffico cittadino il movimento epistolare tornava ad essere appannaggio di personale di servizio delle famiglie, garzoni, facchini ecc. Il decreto del 9 aprile stabiliva inoltre che presso l’ “Uffizio della divisione di Milano” vi sarebbero stati un numero sufficiente di portalettere, uno per ognuno dei 10 circondari, i quali avrebbero coperto tutto il territorio cittadino. Il circondario veniva assegnato loro trimestralmente dal capo della Divisione di Milano, il quale poteva intercambiarli ed anche farli lavorare a turno in caso di necessita’. Entro l’ora stabilita dal decreto i portalettere si recavano presso il distributore e, in sua presenza, “cavavano” le lettere dalla cassetta formando tre mazzi: il primo era formato da lettere non affrancate sul cui verso veniva impresso il numero del ricevitore: e’questo un bollo piuttosto raro di cui si conoscono poche impronte, sicuramente la I, la IX, la Xe la XI in inchiostro brunastro.Il secondo mazzo comprendeva le lettere per la citta’ gia’affrancate ed infine il terzo mazzo le lettere per i dipartimenti. Ogni mazzo veniva pesato sulla bilancia che l’ufficio aveva in dotazione e si annotava a tergo il peso. La composizione di lettere di ogni levata veniva poi registrata su una bolletta “madre-figlia” di cui la“madre “rimane nelle mani del ricevitore con in bianco l’ammontare della tassa del primo mazzo (le lettere di questo mazzo difatti non erano affrancate) mentre la parte “figlia”era ritirata dal portalettere insieme ai tre mazzi ed al denaro derivante dalle tasse del secondo e terzo mazzo. Con le lettere raccolte dal giro nel proprio circondario il portalettere si recava presso l’ufficio della divisione dove venivano pesati nuovamente i tre mazzi, riscosso il denaro delle lettere affrancate e tassate le lettere del primo mazzo. Le lettere dirette ai dipartimenti venivano passate all’Ufficio di distribuzione generale mentre quelle del primo e secondo mazzo, insieme a quelle con recapito provenienti dall’Ufficio di distribuzione generale passavano alla cernita. Durante questa operazione si separavano le lettere dirette ai diversi circondari cittadini in modo che ad ogni portalettere venisse assegnato un mazzo di lettere tutte con recapito nel proprio circondario. Sul frontespizio di ognuna veniva impresso il bollo con il numero di distribuzione successivo alla levata: le lettere ricevute con l’ultima levata serale venivano consegnate dai portalettere con la prima distribuzione del giorno successivo. Nell’articolo 15 del decreto si dice che “le lettere che distribuiscono i porta-lettere sono bollate dal detto Ufficio (di divisione) con due bolli:uno de’quali indica il giorno, e questo in numeri arabici e lettere; e l’altro la distribuzione in numeri romani”. Questo deve essere avvenuto solo inizialmente mentre poi per praticita’fu poi approntato un tipario componibile a data mobile. I portalettere effettuavano l’operazione della “levata”in orari stabiliti dal decreto: alle ore 10 am, 2 pm e 6 pm tra il 1°di ottobre ed il 31 marzo, alle ore 8 am, mezzogiorno, 4 pm e 8 pm nei mesi rimanenti. La “distribuzione” delle lettere, sia quelle raccolte dai ricevitori che quelle “con recapito”ritirate presso l’ufficio della distribuzione avveniva tra le 8 e le 10 am, tra le 11 am e la 1 pm, tra le 3 pm e le 5 pm nei mesi invernali, mentre vi erano quattro distribuzioni nei mesi estivi tra le 6 am e le 8 am, tra le 9 am e le 11 am, tra la 1 e le 3 pm e tra le 5 e le 7 pm. Regolamentando gli orari di levata e inizio-fine distribuzione e utilizzando un bollo indicante data e numero di distribuzione ogni cittadino era sicuro di ricevere le proprie lettere nel piu’breve tempo possibile. In caso di ritardo nella consegna (il bollo sul frontespizio faceva fede) il destinatario poteva chiedere al portalettere di scriverne il motivo a tergo della missiva: al primo ritardo esso veniva sospeso, se recidivo veniva destituito. Oltre al mazzo di lettere veniva consegnata al portalettere una bolletta “madre-figlia” indicante il numero di lettere da consegnare e l’importo della tassa da riscuotere. Al rientro in sede i portalettere restituivano le lettere “con recapito” non consegnate (quelle di cui vi era una concreta speranza di recapitarle venivano messe nel mazzo della distribuzione successiva prima di divenire “arretrate”), le quali portavano al verso il motivo della mancata consegna, e versavano il denaro derivante dalla distribuzione delle lettere, importo che veniva segnato sulla bolletta “madre-figlia”in modo da stabilire a fine mese la provvigione da assegnare a ciascuno. Un portalettere che al rientro dalla distribuzione non avesse riportato anche una sola lettera non distribuita senza dare spiegazioni “sara’destituito senza speranza di reimpiego, ed anche punito a tenore de’casi colla pena del carcere, che non potra’essere minore di giorni otto, ne’maggiore di mesi sei.”Stessa sorte toccava al portalettere che consegnava una missiva ad una persona diversa che non fosse il destinatario o chi da questi indicato. La sezione III del regolamento definisce le lettere “arretrate”: oltre a quelle gia’accennate sopra rientrano in questo gruppo le lettere “senza ricapito che sono state per giorni otto negli scaffali dell’Ufficio di Distribuzione Generale senz’esservi state reclamate da alcuno”.Tutte queste lettere vengono depositate per tre mesi presso l’Ufficio di Divisione di Milano prima di essere passate al deposito generale delle lettere di scarto. La sezione IV infine prende in esamele lettere di scarto (en rebut): “Nel deposito generale …si tengono (classificate per alfabeto) separatamente dalle altre per un anno tutte le lettere che, essendo state per tre mesi negli scaffali delle lettere arretrate, non furono riclamate dal pubblico”… Terminato l’anno, si levano dal deposito tutte le lettere, e si aprono per vedere se contenessero altri oggetti estranei, e quindi, senza leggerle, si bruciano”. Nel caso contenessero oggetti di valore le lettere eranoconservatementre veniva stampata una nota indicante il mittente ed il destinatario ed accennando il fatto che la lettera conteneva valori. Tale nota portava il termine perentorio sia per il mittente che il destinatario a comparire entro due mesi per ritirare la lettera solo dopo avere pagato “tassa doppia della lettera e tassa ordinaria di consegna”. Le lettere di scarto venivano levate dal deposito ogni anno nel mese di gennaio alla presenza del Capo d’Uffizio, del Capo Ragioniere, e del Capo dell’Uffizio di arrivo e partenza mentre l’apertura e la bruciatura delle lettere avveniva in presenza anche del Direttore Generale, del Capo dell’Uffizio delle Consegne e del Segretario Generale che stendeva il verbale per l’archivio.
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