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la guerra di CORSA nel Mediterraneo

di Giuseppe MARCHESE

 

La guerra di corsa dei trapanesi

Dal volume del Pugnatore si ricava: "Quasi per un certo influsso celeste successe che l'anno 1582 molte genti di Trapani, avendo per prima avuto dalle guardie della Favignana aviso cò segni di alcuni vasselli di corsa che quivi apiatati stavano, preda aspettando, più volte con certe loro barchette a trovarli infin nelle cale, dov'erano, animosamente se ne girono: ove si felicemente gli assaltarono che, ad uno et a due alla volta, ne presero in poco tempo diversi. Laonde Marc'Antonio Colonna, che allor era viceré di Sicilia, in ricompensa del gran valore da loro, con core e con forza, in quelle prove mostrato, per dar a costoro più animo di porsi a simili imprese, li fece esenti dall'obbligo, che per antic'uso è in Sicilia di darsi all'ammirante reale la decima delle prese che in mare combattendo cò nimici si fanno, ordinando che il tutto fosse intieramente di quelli che si ponessero in avventura di fatti simiglianti." (30)


La Redenzione dé cattivi

La Arciconfraternita della Redenzione di cattivati da infedeli nasce con decreto del Presidente del Regno di Sicilia, confermato il 9 luglio 1597 da re di Spagna Filippo II (I di Sicilia) e con bolla del papa Clemente VIII il 23 ottobre 1597 e messa in esecuzione il 4 aprile 1598 a Palermo.

La Arciconfraternita divenne destinataria esclusiva di tutte le forme di attuazione per il riscatto degli schiavi siciliani e non in terra africana, e ciò in base alle norme di fondazione. L'attività della Redenzione durò fino al 1812.

Da questo momento in poi la raccolta dei fondi tese al riscatto, in tutte le città del Regno, passa attraverso opera di Deputati nominati dalla redenzione.

Anche nelle altre città del Regno era possibile istituire una sede della Redenzione, sottoposta alla tutela della casa madre di Palermo e in questa direzione si ha notizia della Redenzione di Trapani.

Organizzata la raccolta dei fondi si mette in piedi quella di riscattare gli schiavi siciliani in Nord Africa e più in generale nell'impero ottomano.

Abbiamo un manifesto del 1690 con cui la Redenzione comunica gli schiavi riscattati fino a quella data. Dal 1600 al 1690 sono stati riscattati 130 schiavi. Un poco deficitaria le missioni anche se si tiene conto della difficoltà del riscatto.

Ma le cifre contrastano tra di loro se si tiene conto dei risultati delle varie missioni in Tunisi e Algeri.

In particolare la missione a Tunisi del 1599 riportò a casa 25 schiavi; quella del 1632 riscattò 90 schiavi; quella del 1647 settantacinque di cui due deceduti a Tunisi a causa della peste.

La missione del 1656 riuscì a liberare 99 schiavi. Quella del 1671-73 porta a casa 116 schiavi con una spesa senza precedenti di 53.000 pezzi d'otto reali di Spagna. (31)

Oltre a queste missioni si ha notizia di schiavi redenti da privati mercanti incaricati della redenzione tra il 1603 e il 1624.

Nel giugno 1808 la Real fregata Venere catturò uno sciabecco algerino con 62 uomini a bordo. Si ottenne dal re la cessione dei prigionieri-schiavi alla redenzione per proporre uno scambio con schiavi siciliani ad Algeri.

L'incaricato della redenzione parte per Malta il 20 ottobre 1808, da cui dovrà raggiungere Algeri. Dopo un periglioso viaggio via Tunisi, giunge a destino il 19 marzo 1809.

Le trattative, come al solito, si allungano. Solo il 13 aprile 1810 lo scambio si conclude con l'arrivo degli algerini e l'imbarco dei 27 ex schiavi che giungono a Palermo il 21 maggio 1810.

Sull'opera del redentore, padre Paolo vi sono denuncie giurate di abusi e di illeciti che impongono allo stesso di scappare a Malta per evitare guai peggiori.

La Redenzione pubblicata un elenco degli schiavi liberati. Da questa si desume che tra l'anno 1787 al 1804 furono liberati 167 schiavi per un onere complessivo di onze 54.929. Dal 1804 al 1807 riscattati 44 schiavi.

Oltre a questi risultati ottenuti dalla Redenzione di Palermo si ha notizia di schiavi redenti da privati mercanti incaricati della redenzione tra il 1603 e il 1624. Ma anche oltre tale data è altamente probabile che l'opera di negoziatori privati sia continuata.


La negoziazione

I Redentori incaricati della negoziazione in terra africana dovevano fare i conti con un complesso meccanismo dche iniziava con la presentazione delle credenziali (tramite il console francese) e di offrire delle regalie ai vari gradi della gerarchia cittadina.

Questo sistema era codificato ed assumeva valore importante se si voleva iniziare una trattativa.

Queste regole vennero scritte dalla Redenzione per rendere edotti i vari Delegati a come determinare un atteggiamento favorevole per loro.

"All'arrivo a Biserta (o Tunisi) è necessario presentare all'Agam di giannizzeri di quel luogo canna una di damasco, due scatole di confetti e sei cascavalli (caciocavallo). In Tunisi al Baxa quattro canne di damasco del meglio, quattro scatole di confetti e una dozena di cascavalli. Al suo luogotenente canna una di damasco, quattro cascavalli e una scatola di confetti. Una dozzina di cascavalli e quattro scatole di confetti si dovevano distribuire fra altri personaggi e gli ufficiali della dogana dei giannizzeri. Damasco, caciocavallo e confetti in varia misura al muftì e al cadì, giudice maggiore. Inoltre bisogna offrire a vari persone, tanto turchi quanto mori, una botte di vino; a diversi ufficiali del Baxa (Pascià) e della corte di giannizzari mezzo cantaro di cascavalli e mezza dozzina di scatole di confetti. E' espressamente detto "per come si costuma e si osserva da tutti li vascelli che vanno a negoziare in quelle parti".

Quindi non una "imposta suppletiva richiesta alla Redenzione, ma un uso per tutti coloro che vanno in Barberia per acquistare e vendere prodotti.

Arrivati a questo punto, ottenuti tutti i permessi e il benestare per iniziare il riscatto degli schiavi, si comincia il lavoro vero e proprio.

Vi erano ancora da calcolarsi le onze 13 e tarì 10 che la Arciconfraternita deve pagare per ragioni di porta e dogana, e tutte le spede fatte a Tunisi o Algeri prima della partenza.

La nave noleggiata per la spedizione in Africa e l'acquisto di rifornimento e mercanzie varie necessarie alla navigazione e alla residenza a Tunisi.

Pagare al pascià i diritti spettanti sulle somme in entrata nella misura del 6%.

Vi erano da pagare somme notevoli per prestazioni imprecisate come viene notato nel libro delle spese "quattrocento pezzi di otto in regalo a Mami Ferraresi in conto dell'ottocento promessoli.. quando mandai li settantatre schiavi che senza detto regalo non si potea ottenere la libertà.

Per esaurimento dei "contanti", in attesa di altri liquidi provenienti da Palermo si è costretti a servirsi di "un mezzano" dietro compenso di 30 pezzi di otto di Spagna, per ottenere "1.500 pezzi di otto ad interesse da un Armeno". (32)

Accadeva che per ragioni sconosciute i redentori fossero carcerati a motivo "voliano un certo rinnegato" e associati alle galere. La voce messa in giro diceva che li volevano "impalare ed abbruciare". Riavuta la libertà dal pascià, i due redentori si imbarcano raggiungendo Palermo il 19 aprile 1633 e dopo la quarantena di rito poterono sbarcare.

Era nei patti che la Redenzione doveva riscattare degli schiavi in possesso di autorità anche se non siciliani."pagando alla dogana 600 pezzi da otto reali di Spagna corrispondente alla somma del riscatto di due cristiani che la Redenzione di Sicilia "era obbligata pigliarsi da detta Dohana".

Undici schiavi riscattati dal re di Tunisi per un importo di 2.707 pezzi d'otto reali, escluse le tasse di franchezza e le percentuali varie da regolarizzare in seguito che i redentori erano "obligati pigliare da esso et uno dal suo coggia con detta obligatione conforme il passato, e conforme ha fatto la redentione di Napoli a ragione di scudi duecento per ogni cristiano di questa moneta chi ogni scudo è una pezza et un quarto meno un aspro".

Fu necessario pagare l'agà di Biserta per autorizzare l'imbarco di tre cristiani riscattati.

La ricerca di altre vie per il riscatto (mercanti che si recavano a Tunisi e Biserta, appoggio a commercianti per il trasferimento del denaro in Tunisia da parte di essi con rimborso dell'importo a Palermo ecc. non diede i risultati sperati.

La difficile trattativa viene evidenziata nei rapporti dell'Arciconfraternita "...egli è molto malagevole e difficile non solo di natura sua al pari di ogni qualsivoglia opera grave, ma molto più difficile diventa per haversi ad esseguire tra barbari, et infedeli nemici della nostra santa Fede avvezzi a ogni sorta di frode, et violenza, et insegnati, et non attendere la parola, et non servare la fede promessa, et quel che è peggio l'istessi christiani per il disordinato affetto della propria libertà trovandosi schiavi posta da parte la coscienza s'accordano con il padrone, et bascià del paese, di fare frodi, e fare sborzare grossi prezzi per il loro riscattito con inganni, et violenza si come la esperienza ci ha insegnato con frave interesse, et danno dell'arciconfraternita".

Il 2.5.1657 vengono pagati "pezzi d'otto reali sei per diversi salva condotti e passaporti spediti per la dogana, Bascià, e Dai, di quando arrivammo a Tunisi insino alla presente giornata." E poi "corrisposti a Regep Cuis pezzi 121,3,5 per la ragione che li toccano di pezza una et aspri 12 per ogni ricattito per uscita del porto".

L'elenco delle spese prosegue con il pagamento per l'attraversamento di un ponte "al guardiano nel comino di Tunisi in Biserta" e un altro al proprietario di "una delle catene della uscita ed entrata nel porto di Biserta". Infine il pagamento all'agà del castello per il permesso di lasciare il porto di Biserta.

Nella missione del 1657 vennero riscattati 99 schiavi per un importo complessivo di 26.890.28 pezzi.

La missione del 1671-2 incontra una serie di difficoltà che allungano i tempi. I redentori furono costretti a pagare 3.600 pezzi d'otto reali al dey per la "libertà delli 12 schiavi che era obbligo di pigliarsi cioè sei siciliani e sei forastieri.

Anche il pascià vuole sa sua parte e bisogna pagare la somma di 3.600 pezzi d'otto reali per "la libertà delli dieci schiavi, e due del suo chiaia, a ragione di pezze numero 300 l'uno nonostante l'accordo che fu per li siciliani a pezzi 200 l'uno, e li forastieri a pezzi 175.

Inoltre vi sono ancora dei riscatti forzati da parte di Sidi Moratto bey per undici schiavi e a Mametto Alfisi per tredici schiavi a 300 pezze l'uno.


La spartizione del bottino

La spartizione delle prede nella guerra di corsa veniva regolamentata come segue: era necessaria una licenza per esercitare "il mestiere" e vi erano dei diritti da pagare. Una parte della preda era spettante all'equipaggio e una parte alla regia corte.

Della metà spettante all'equipaggio una parte andava all'armatore e l'altra parte da dividersi tra i componenti della ciurma.

Erano previsti delle compensazioni per chi moriva nel "compimento del dovere".

La prima prammatica che stabilì la divisione delle catture venne emanata da Carlo V nel 1549 e la riporta Francesco Luigi Oddo nel volume "La Sicilia sotto gli assalti barbareschi e turchi". (34)


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30 - Giò Francesco Pugnatore, Historia di Trapani, Corrao Editore, Trapani 1984.
31 - Giuseppe Bonaffini, Sicilia e Tunisia nel secolo XVII, Ila Palma, Palermo 1984.
32 - Giuseppe Bonomo in Schiavi siciliani e pirati barbareschi, Flaccovio editore, Palermo 1996.
33 - "Transfretando et discorrendo al continuo per li mari di questo Regno, multe galeotte, fusti et altri vaxelli di corsali, turchi et mori, inimichi di la christiana religioni, mettono in terra numero di turchi et mori, depredando et captivando li Regnicoli, vassalli di sua Maestà Cesarea, et fachendo varii et diversi corrarii. Non senza grande diservicio di lo Onnipotenti Iddio, di sua Maestà Cesarea et danno frandissimo di lo ditto Regno.... Tutte quelle persone che nixiranno allo incontro delli detti turchi et mori, che mettiranno in terra per far ditti corrarii , et quelli prenderanno et piglaranno..., habbiamo d'havere la intewgra mità delli detti turchi et mori, che prindiranno, come è ditto, sine aliqua dininutione, poichè le ditte genti esponino li loro personi in pericolo di loro vita, è giusta et conveniente cosa ... che habbiano di conseguitare la detta mitati di turchi et mori, et l'altra mitati l'habbia di conseguire la Regia Curte"

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