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Toscana 1851 - 1861:
i francobolli raccontano la Storia
A.S.Po.T
testo di Lorenzo GREMIGNI
immagini dalla collezione di Massimo BERNOCCHI





La "rivoluzione" del 27 aprile

A seguito della seconda Guerra d'Indipendenza, scoppiata il 26 aprile 1859, il Granduca di Toscana, dopo una pacifica "rivoluzione finita a desinare" (secondo la sarcastica definizione del Salvagnoli), abbandonava per sempre il suo Stato (27 aprile). Veniva immediatamente costituito un Governo Provvisorio che offriva a Vittorio Emanuele la dittatura della Toscana, ma costui prudentemente preferì non accettare limitandosi ad assumerne il protettorato e nominando Carlo Boncompagni quale Regio Commissario sardo. La prudenza era d'obbligo, dal momento che non era ancora naufragato, attraverso il susseguirsi delle spontanee annessioni dei diversi ducati al Regno sardo, il progetto di Napoleone III, appoggiato proprio da Vittorio Emanuele, di sostituire alla egemonia austriaca in Italia il controllo francese. Richiamato a Torino il 1° agosto successivo, il Boncompagni attribuì i propri poteri al Consiglio dei Ministri toscano che elesse presidente il Barone Bettino Ricasoli, già Ministro dell'Interno. L'11 e il 12 marzo 1860 il Ricasoli indisse il plebiscito per l'annessione della Toscana al Regno di Sardegna, a seguito del quale il 22 marzo Vittorio Emanuele decretò l'annessione nominando Luogotenente Eugenio di Savoia Carignano.
Le ripercussioni della partenza di Leopoldo II e della fi ne del Granducato sul sistema postale non furono immediate. Non si pensò minimamente di invalidare o sostituire i francobolli emessi sotto il passato regime i quali - sia per il soggetto adottato, il leone d'Etruria coronato, sia per le diciture Francobollo postale toscano - sembravano fatti apposta per continuare a rimanere in corso a prescindere dalla direzione dei pur turbolenti venti rivoluzionari e politici del momento. Non si avvertì in Toscana, pertanto, quell'esigenza di cancellare in vario modo dalle carte valori postali gli emblemi della casata regnante ormai decaduta, esigenza che ha regalato ai cultori di storia postale del '59 delle chicche talvolta pittoresche (come scritte di vituperio o di dileggio o cancellature o corna sulle effigi sovrane e gli stemmi araldici degli Asburgo, degli Estensi e dello Stato Pontificio). Né parve opportuno introdurre, come si fece prontamente nell'ex Ducato di Modena, appositi timbri che riproducendo lo stemma dei Savoia rendevano esplicito il nuovo corso storico imboccato; questi timbri servirono per "sovrastampare" e rendere per quanto possibile meno visibili i riferimenti alla spodestata dinastia regnante che continuavano a campeggiare sui francobolli dei nostri Antichi Stati. L'assenza di una visibile frattura da un punto di vista postale tra il governo lorenese e quello provvisorio è in sé stessa un significativo messaggio storico che riprova la continuità delle istituzioni toscane nel passaggio dal vecchio al nuovo regime. Resta il fatto che le lettere viaggiate in quel ristretto periodo recano valori che comunque non possono più essere considerati espressione del potere granducale, bensì del nuovo libero governo. Se in altri Stati, come Parma e Modena, l'introduzione temporanea dei valori di Sardegna, avvenuta ancor prima dell'adozione dei francobolli dei rispettivi governi provvisori, ha marcato nettamente il passaggio dal dominio delle antiche dinastie all'avvento del Regno d'Italia, in Toscana non si avvertì questa esigenza. Pertanto l'impiego di transizione dei Marzocchi dal 27 aprile al 31 dicembre 1859, mentre si preparava la nuova emissione "patriottica" in centesimi e con lo stemma di Savoia, che vide la luce il 1° gennaio 1860, presenta un notevole significato in termini storici e collezionistici.


Il 9 crazie viola bruno lillaceo II emissione, emesso in
periodo di Governo Provvisorio (ex coll. Fulpius).
 

Non soltanto i francobolli rimasero gli stessi, ma nel luglio 1859 - quando ormai i Lorena se ne erano andati da un pezzo - la Soprintendenza delle Poste provvide a stampare e diffondere il nuovo francobollo da 9 crazie bruno lillaceo chiaro, l'ultimo valore della serie su carta bianca a linee ondulate. Questo prezioso esemplare è dai più considerato il primo francobollo del Governo Provvisorio toscano, sebbene appartenente a pieno titolo ad una serie concepita, realizzata ed emessa in periodo granducale. Il 9 crazie, rimasto per soli pochi mesi negli uffici postali, rappresenta una delle maggiori rarità dei francobolli di Toscana, specialmente allo stato di nuovo o su lettera, ed è chiara testimonianza di un momento storico del tutto ibrido per la Toscana, sospesa tra un Granduca ormai cacciato ed un Re che ancora si faceva attendere.
Alcuni segnali del mutare dei tempi provennero dalla modifica, solitamente al ribasso, di alcune tariffe e dalla loro commisurazione, per la prima volta, in centesimi di lira.
In particolare, venne ridotta la tariffa per la spedizione di giornali e stampe, col chiaro intento di favorire la circolazione delle idee liberali tra i cittadini. Si predispose poi, a seguito dell'entrata in guerra contro l'Austria della Toscana a fianco del Piemonte e della Francia (decisa dal Governo Provvisorio il 25 maggio), un servizio di posta militare a servizio della Divisione Toscana, munito del raro timbro di franchigia "Posta Militare Toscana".
Col 1° novembre 1859 la Toscana adottò formalmente la lira italiana suddivisa in cento centesimi in sostituzione dell'antica monetazione non decimale, che comunque mantenne valore legale fi no al 15 luglio 1860; il cambio venne stabilito in 7 centesimi per crazia. Ormai i tempi erano maturi per sostituire i francobolli ex granducali con altri più rispondenti alla mutata situazione politica. Il Decreto del 28 novembre 1859 a firma di Ricasoli – che mirava ad assimilare le norme postali toscane a quelle degli altri ex ducati del centro Italia, dove stavano man mano diffondendosi le tariffe sarde - prevedeva per il 1° gennaio dell'anno successivo la nuova emissione di francobolli recanti lo stemma dei Savoia, voltando così decisamente pagina nella storia filatelica della Toscana.



L'emissione "patriottica" del 1° gennaio 1860

«Il francobollo postale toscano è un rettangolo alto 23 millimetri e largo 19, rappresentante lo stemma di Savoia: nella base ha l'indicazione del prezzo, e negli altri lati la leggenda francobollo postale toscano» (art. 29, Decreto del 28 novembre 1859). La volontà del Governo Toscano di unirsi al Regno di Sardegna era tanto determinata che per emettere i nuovi francobolli con lo stemma dei Savoia non si attese neppure l'esito, peraltro scontato, del plebiscito dell'11 e 12 marzo. Più cauta la scelta di altri governi provvisori reggenti gli altri ex ducati: i territori parmensi e quelli della Romagna ex pontificia, ad esempio, prescelsero dei soggetti incentrati sul valore facciale del francobollo, evitando ogni riferimento politico o dinastico.


Striscia di tre del centesimo con bordo di foglio in basso e linea della composizione.

 

Circolare a stampa spedita da Livorno a Prato, affrancata con un esemplare da 1
cent., tassata per 19 cent. in quanto contenente scrittura aggiunta alla stampa.
 

 

Lettera con coppia del 5 cent. da Prato per Antignano.
 


5 cent. verde giallastro con
cerchio semplice tipo sardo di
Castiglion Fiorentino.

 

Coppia del 10 cent. angolo di foglio (posizione 225-6)
con annullo azzurro di Firenze.

 


20 cent. con annullo a
sbarre di Siena.

20 cent. su lettera da Livorno per Napoli, tassata in arrivo.
 


Vi erano del resto ottime ragioni per procedere in Toscana ad una nuova emissione di francobolli e per mandare fuori corso, con lo spirare dell'anno 1859, i vecchi e gloriosi Marzocchi. Anzitutto, la scarsità di scorte di francobolli granducali, che non sarebbero bastate a lungo; in secondo luogo il cambio di monetazione, che rendeva obsoleti i valori in quattrini, soldi e crazie mentre faceva emergere la necessità di approntare nuove carte valori in centesimi e lire; infi ne, il mutato scenario politico, che rendeva il Marzocco una simbologia inattuale se non persino offensiva verso la sempre più chiara autorità sabauda nei confronti del popolo toscano. Così, col 31 dicembre 1859, i bolli granducali andarono inesorabilmente fuori corso. E' del tutto eccezionale il loro uso nei primissimi giorni dell'anno successivo, mentre non sono note affrancature miste con esemplari dell'emissione "patriottica".

40 cent. con bordo di foglio a destra
e linea della composizione.

L'80 cent. carnicino (ex coll.
Caspary, Seta, Luxus).

 

Lettera da Firenze per Lione affrancata con 40 cent. (ex coll. Pedemonte) .
 

La cornice e le diciture dei francobolli granducali, privi di qualsivoglia riferimento alla deposta casata dei Lorena, furono ritenute idonee anche per la nuova emissione. Del resto i tempi per la realizzazione della serie erano piuttosto stretti e qualsiasi risparmio - di tempo, di manodopera, di materiale – giungeva certamente gradito alla Soprintendenza delle Poste. Si volle però adottare un emblema più politicamente significativo rispetto al Marzocco. La scelta cadde sullo stemma dei Savoia, e fu probabilmente il Niderost, lo stesso incisore dei conii del 1851, ad eliminare da una matrice il leone d'Etruria, scolpendo in sua vece lo scudo sabaudo. L'incisore ripulì il conio limandone leggermente la parte in rilievo, quindi provvide a diversi passaggi per la fusione degli stereotipi; ne derivò un risultato estetico di qualità nettamente inferiore rispetto all'emissione del 1851: anche un occhio poco esperto può notare la scarsa messa a fuoco del soggetto e la maggiore dimensione dei caratteri della dicitura Francobollo postale toscano. Lo stesso stemma sabaudo fu tratteggiato con approssimazione, ma ne vennero comunque posti in risalto gli elementi salienti: la croce centrale e la corona reale, quest'ultima un poco sbilanciata verso sinistra.
Sempre per comprensibili esigenze di risparmio i nuovi valori vennero stampati sulla carta filigranata a linee ondulate propria della seconda emissione apparsa nel 1857, carta di cui con tutta probabilità la Soprintendenza delle Poste possedeva ancora un certo quantitativo. La presenza della scritta diagonale II e RR Poste Toscane - seppure incongruente rispetto al soggetto patriottico dell'emissione, con quell'asburgico "Imperiali e Reali"– non venne evidentemente considerata di troppa importanza; del resto tale dicitura era visibile solo in trasparenza e non sarebbe stata mai intelligibile su francobolli sciolti.
Sette i valori emessi: 1, 5, 10, 20, 40, 80 centesimi, ed il raro 3 lire. Nessuno dei valori in centesimi è particolarmente raro usato; al contrario, il 5, il 10, il 20 e il 40 centesimi sono decisamente comuni. A dire il vero, il loro pregio collezionistico varia considerevolmente in base allo stato qualitativo, che in media è assai scarso specialmente con riguardo ai margini, quasi sempre intaccati. Esemplari di qualsiasi valore splendidi per marginatura, freschezza del colore, integrità della carta e pulizia dell'annullo (leggero, mai deturpante e possibilmente in angolo, così da lasciar libero il disegno) sono, come per i Marzocchi, assai pregiati e diffi cili da inserire in collezione. Un discorso a parte merita il leggendario "Tre lire di Toscana", francobollo simbolo della filatelia italiana e sogno proibito per molti collezionisti. Sono note soltanto due lettere affrancate col 3 lire; una proviene dalla collezione Rothschild e l'altra da quella del re egiziano Faruk, e vanno collocate tra le massime gemme del collezionismo mondiale. Molto rari anche gli esemplari usati sciolti, difficilissimi a reperirsi in stato di conservazione accettabile, ed ancor più quelli nuovi. La rarità del 3 lire si spiega tenendo conto del suo elevatissimo valore facciale, che ne limitava assai l'impiego. Non va poi dimenticata la carica suggestiva di un simile francobollo, che costituisce la prima carta-valore sulla quale compare, abbreviata nel cartiglio, la IT. dell'aggettivo "italiano".
All'emissione dei nuovi bolli "patriottici" corrispose l'entrata in vigore delle nuove tariffe postali, che per l'interno del territorio toscano risultavano agevolate rispetto a quelle sarde; la tipologia di lettera più frequente è senza dubbio quella recante l'esemplare singolo da 10 centesimi per coprire il porto di una lettera del primo scaglione di peso diretta all'interno della Toscana.
La scadenza della validità di questi valori venne formalmente fissata al 31 dicembre 1861; in realtà gli esemplari "Savoia", il cui utilizzo si fece sempre più scarso a partire dal marzo 1861, furono utilizzati e tollerati per tutto il 1862 e fino ai primi mesi del 1863. Si conoscono pertanto affascinanti affrancature miste sia coi valori della quarta emissione di Sardegna che coi corrispondenti valori dentellati distribuiti a partire dal marzo 1862.



Eccezionali utilizzi della serie "patriottica"
al di fuori della Toscana

La scelta dello stemma sabaudo quale emblema dei nuovi bolli consentì alla serie "patriottica" del governo toscano di circolare regolarmente anche al di fuori dei confini dell'ex granducato. E' quasi scontato ricordare che l'emissione di francobolli rappresenta, al pari di battere moneta o emanare leggi, una manifestazione di sovranità da parte dello stato emittente, e che i francobolli possono essere utilizzati per rendere franca la corrispondenza soltanto all'interno dei confini della nazione che li ha stampati.
Questa regola non valse – o non valse sempre – per l'emissione "patriottica" di Toscana, di cui si conoscono interessanti "incursioni" nei territori di altri stati preunitari.
Nei primi giorni del settembre 1860 un reparto di volontari toscani, detti "Cacciatori del Tevere", al comando del colonnello Luigi Masi, tentò l'invasione dello Stato Pontificio con l'intenzione di insidiare Roma. Partiti da Chiusi per Città della Pieve, i Cacciatori raggiunsero rapidamente Orvieto, Celleno, Montefiascone, Viterbo, Civitacastellana, Corneto, Rignano Flaminio, Castelnuovo di Porto, Fiano Romano e Poggio Mirteto. Si era trattato di facili vittorie, in quanto la resistenza dei gendarmi pontifici era stata minima. Tuttavia, a fronte delle rimostranze del governo francese, che si atteggiava a custode del potere temporale dei Papi, l'8 ottobre il reparto dei Cacciatori del Tevere fu costretto a ripiegare ed il 21 successivo l'intero territorio pontificio era stato evacuato dalle truppe toscane. All'invasione dei domini della Chiesa da parte dei volontari toscani si accompagnò nei territori man mano occupati l'utilizzo dei nuovi francobolli toscani, la cui forte "italianità" traspariva dall'emblema sabaudo.

40 cent. carminio vivo annullato nel Lazio con griglia dei Cacciatori del Tevere (migliore esemplare noto).

5 cent. verde oliva giallastro
usato in Piemonte a Carmagnola,
completava l'affrancatura insieme
alla striscia di tre nell'unica lettera
conosciuta.

Conviene precisare che i valori "patriottici" non furono portati nel Lazio dai Cacciatori in persona (i quali, come militari in servizio, godevano della franchigia postale), ma vennero inviati alle Direzioni postali del Lazio direttamente dalla stessa Soprintendenza delle Poste toscane, intenzionata evidentemente a dare corso ad una sorta di piccola invasione filatelica dei territori occupati dalle truppe toscane, diffondendo il proprio messaggio politico attraverso i francobolli ed anticipando così un utilizzo strumentale dei valori postali come efficace mezzo di propaganda che sarebbe stato assai sfruttato nel secolo successivo.
Oggi non resterebbe infatti eccessiva memoria dei Cacciatori del Tevere se mancasse questa per certi versi curiosa testimonianza filatelica attestante la effimera sovranità toscana - o meglio sarda - su un lembo di territorio presto restituito al suo legittimo sovrano. E non di rado, nelle vicende del nostro Risorgimento, l'utilizzo di francobolli di un governo straniero ha contrassegnato la breve occupazione di territori contesi: esemplare è il caso dell'Oltrepò Mantovano, ove nel 1859 per uno spazio di pochi mesi vennero utilizzati bolli sardi anziché lombardo-veneti. Le lettere giunte sino a noi e comprovanti queste eccezionali contingenze - lettere già notevolmente rare, come si può intuire - accrescono il loro valore in considerazione dello straordinario messaggio storico di cui rimangono uniche e preziose testimoni. I francobolli toscani in centesimi sono stati, inoltre, utilizzati in via eccezionale dalle truppe toscane variamente dislocate sul suolo italiano tra il 1860 e il '61; si conoscono esemplari ritenuti validi ed annullati in uffici postali militari in Emilia, Romagna, Stato Pontificio, Umbria ed ex Regno di Napoli. Sono tutti usi rarissimi, come lo sono quelli degli stessi francobolli utilizzati da privati cittadini al di fuori della Toscana su lettere non tassate (cosiddetti "usi civili").
Evidentemente in questi casi il richiamo patriottico ed unitario ispirato dall'emblema sabaudo venne ritenuto prevalente rispetto alla formale mancanza di valore di un francobollo toscano utilizzato al di fuori dello stato in cui era stato emesso. Simili usi sono noti in Piemonte, Liguria, Lombardia, Emilia, Romagna e Umbria. Questo fenomeno, pur eccezionale, non rimase isolato: anche alcuni esemplari con l'effige di Vittorio Emanuele emessi nel febbraio 1861 per i territori delle ex province napoletane vennero sporadicamente utilizzati in altri ex stati italiani proprio in grazia, per così dire, di questo patriottico lasciapassare.

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