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L’AFFONDAMENTO DEL “LACONIA“

 

Filatelia Tematica

Il Cinema di Alberto Caminiti

Alberto Caminiti

PREFAZIONE.

L’affondamento della nave ausiliaria da crociera Laconia fu uno tra i più gravi avvenuti nella 2^ G.M. per via dell’enorme numero di annegati, quasi 1.700, la maggior parte dei quali era costituita da prigionieri italiani catturati dagli inglesi in AOI.

IL PIROSCAFO.

Il Laconia era un piccolo transatlantico della Cunard Line di 19.695 tonnellate di stazza ed allo scoppio del conflitto era stato trasformato in incrociatore ausiliario con l’installazione a bordo di 14 cannoni e grosse mitragliere.

All’inizio trasportava soldati inglesi dalla madrepatria alle Colonie africane e viceversa; poi il Cap. Rudolph Sharp ricevette l’ordine di imbarcare un carico di prigionieri di guerra italiani e un gruppo di civili (donne e bambini inglesi che rientravano in G.B.). Sharp navigava secondo regolamento, ossia a zig- zag ogni tante miglia per ingannare eventuali sommergibili tedeschi. Era il 12 settembre 1942 e sulla sua rotta il Laconia incrociò l’U.Boat tedesco U.156 al comando del cap. Werner Hartenstein (in seguito = H.), esperto sommergibilista. Una vedetta dalla torretta scoprì il fumo del Laconia che navigava in pieno Atlantico a tutta velocità. H. decise di attaccare al tramonto e tallonò la nave nemica stando a distanza di binocolo. Si avvide che gli artiglieri sparavano coi cannoni di bordo, per cui si convinse d’avere una buona preda sotto tiro. Non immaginava il carico umano che la nave aveva a bordo.

L’ATTACCO.

A bordo della nave quella sera vi erano:

• 463 tra Ufficiali e marinai dell’equipaggio,
• 1.800 prigionieri italiani,
• 103 guardie polacche per i medesimi,
• 80 fra donne e bambini inglesi; per un rotale di 2.446 persone.

La salva di due siluri prodieri colpì la chiglia del Laconia, squarciandola quasi in due e la nave iniziò ad imbarcare tonnellate d’acqua. Nelle gabbie di ferro i prigionieri supplicavano le guardie di liberarli per potersi salvare, ma essi li colpivano sulle mani e tagliarono con le baionette parecchie dita. Il piroscafo cominciò ad affondare ma Sharp per tempo aveva fatto salire donne, bambini , marinai e soldati sulle scialuppe che furono calate in acqua. Poi diede ordine anche al suo Vice ed al 3° Ufficiale di calarsi in acqua con canotto e giubbotto salvagente, ma egli rimase a bordo e volle morire con la sua nave.

IL SALVATAGGIO.

L’U-156 emerse ed illuminò il mare coi riflettori per cui H. comprese di aver silurato una nave piena di civili: trasgredendo gli ordini di Berlino ordinò di recuperare i superstiti e di trainare canotti e scialuppe con grosse funi. Non se la sentiva di abbandonare in pieno Atlantico donne e bambini innocenti. Pur sapendo che sarebbe stato giudicato da una Corte marziale, fece di più: lanciò un messaggio in chiaro ed in lingua inglese alle navi britanniche o neutrali più vicine, fornì loro le coordinate e poi si impegnò sul suo onore di ufficiale a non attaccare le navi che sarebbero giunte in soccorso. Poi radiotelegrafò all’Amm. Dönitz che si imbufalì, gli ordinò di rientrare in patria per essere processato ed emanò un ordine ancora più severo: il divieto assoluto di far salire a bordo civili o militari nemici naufraghi. Per questo decreto a Norimberga verrà punito con l’impiccagione, mentre a fine conflitto il Cap. Hartenstein, processato da un Tribunale d’Epurazione, verrà assolto e lodato per il suo atto compassionevole.

EPILOGO.

Alle 12.30 del successivo giorno 13, un aereo alleato partito dall’Isola di Ascension lanciò due bombe sull’U-156; H. ordinò di tranciare le funi di traino ed il sommergibile sparì sotto l’acqua diretto in Germania. Nel frattempo il sottomarino italiano Cappellini e due navi francesi, l’Annamite ed il Gloire recuperarono tutti i naufraghi che, trasbordati sul cargo francese Dumont d’Urville vennero portati salvi a Casablanca.

IL FILM.

Il dramma colpì l’ambiente cinematografico e nel 2011 la regista Uwe Janson girò una miniserie di 2 puntate per la TV.

BIBLIOGRAFIA.

Lèonce Peillard, La battaglia dell’Atlantico, Mondadori MI, 1992
Donatello Bellomo, Prigionieri dell’oceano. Ed. Sperling & Kupfer MI , 2002;
Antonino Trizzino, Sopra di noi l’oceano, Longanesi Edit. Mi 1962;
Mario Lupi, C’ero anch’io, Edit. Curia Picta, MI , 2010.

IMMAGINI.

Presentiamo alcune immagini tratte da siti Internet non coperti da copyright: foto da 1 a 3, con il cast del film, il protagonista principale impersonato dall’attore Andrew Buchan e l’immagine del piroscafo affondato:

I MARTIRI DEL LACONIA.

Con tale titolo il giornale IL TEMPO del 1.10.2011 ha rievocato con un interessante articolo la vicenda del Laconia, ricordando i 1.800 prigionieri italiani chiusi in uno spazio ristretto con 60° di calore tropicale, sotto la rigida custodia dei guardiani polacchi che al momento dell’affondamento spararono sui nostri militari, diedero colpi alle loro mani supplicanti e mozzarono con le baionette parecchie dita di essi.

Colarono a picco nel giro di un solo minuto più di 1.200 sventurati. Il film che ne è sortito, conclude l’articolista, andrebbe proiettato nelle scuole affinchè viva il ricordo di tali martiri ed i giovani comprendano la reale crudeltà della guerra.

Alberto Caminiti

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