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Napoletani, abruzzesi e siciliani alla Battaglia di Curtatone e Montanara

Sergio Leali
Le "divise uniformi" degli impiegati
delle Poste Granducali - 1835

Sono trascorsi centosessantacinque anni da quella che rappresenta una delle pagine più gloriose ed esaltanti del nostro risorgimento: la battaglia di Curtatone e Montanara.

È passata alla storia soprattutto per la partecipazione e gli atti di eroismo e di abnegazione compiuti dai volontari, fra cui numerosi studenti della varie università toscane, assieme alle truppe regolari inviate dal granduca di Toscana Leopoldo II della Casa di Lorena (Fig. 1).

Il granduca di Toscana Leopoldo II

Ritengo però che non sia mai stata messa sufficientemente in risalto la partecipazione a questo avvenimento bellico anche dei combattenti provenienti dal Napoletano, dall’Abruzzo e dalla Sicilia. Il loro contributo fu di rilevante importanza anche per l’ardore e lo slancio da essi profusi, valori che hanno sempre caratterizzato le popolazioni del meridione d’Italia in ogni loro azione.

Fin dai primi giorni del marzo 1848 in varie città italiane, ancora sottoposte alla dura dominazione austriaca, nacquero spontanee insurrezioni; si costituirono in breve, anche nelle località minori, numerosi corpi di volontari pronti ad accorrere in aiuto all’esercito piemontese. Le notizie relative ai moti rivoluzionari giunsero ben presto pure a Napoli e i giovani di questa città, particolarmente infervorati dalle parole della contessa milanese Cristina Trivulzio Belgioioso, accorsero ad iscriversi in liste di arruolamento, riservate prevalentemente a volontari, aperte da un giovane calabrese, Giovanni Vollaro. Già il 23 marzo un primo contingente di circa duecento uomini, sostenuti economicamente dalla stessa contessa, salpò dal porto di Napoli diretto a Genova da dove, appena giunti, si diressero a Milano (Fig. 2).

La partenza da Napoli dei volontari alla presenza della contessa Cristina Trivulzio Belgioioso


Alcuni giorni dopo altri duecento volontari si imbarcarono su un piroscafo e, una volta giunti a Genova, raggiunsero in breve tempo varie località della Lombardia.

Nei giorni successivi, sempre via mare, partirono separatamente, diretti a Livorno, il 1° battaglione del 10° di Linea, capitanato da Giovanni Rodriguez e dal maggiore Viglia e un gruppo di circa seicento volontari, comandati dai maggiori Girolamo Ulloa Calà (Fig. 3) e Cesare Rossarol (Fig. 4).

Il maggiore Girolamo Ulloa Calà

Uniformi dei combattenti napoletani

 

I componenti del 1° battaglione si diressero subito verso la Lombardia e si attestarono a Montanara, gli altri iniziarono la marcia di avvicinamento a Curtatone toccando varie località toscane fra cui Pisa, Lucca, Pescia, Pistoia, S. Marcello e, dopo aver varcato il Passo dell’Abetone, calarono verso Modena e Reggio. Attraversarono il Po a Viadana, località del Basso Mantovano, confinante con Parma e, transitando da Marcaria e Bozzolo, giunsero al Quartier Generale delle truppe sarde di stanza a Goito unendosi alla divisione toscana comandata dal generale Ulisse d’Arco Ferrari, soprannominato dai suoi soldati Napoleone. Furono inquadrati nel 1° Corpo d’Armata Sardo comandato dal generale piemontese Eusebio Bava. Durante la loro marcia di avvicinamento vennero ovunque dalle popolazioni con grandi manifestazioni di giubilo; ad essi, strada facendo, si aggiunsero numerosi volontari desiderosi di dare il loro contributo alla causa dell’indipendenza italiana. Nel frattempo si erano uniti ad essi circa trecento siciliani. Per i giovani napoletani e abruzzesi il battesimo di fuoco ebbe luogo il 13 maggio quando, con grande slancio e sprezzo del pericolo, respinsero un reggimento austriaco costituito per lo più da ungheresi e croati. Fra i volontari si contarono ventidue morti, nove feriti, tra cui il Rossarol e il Poerio, e dodici dispersi; molto più numerose furono le perdite nelle file nemiche. Nei giorni successivi, in previsione di probabili attacchi austriaci, si dette inizio a lavori di fortificazione; per raggiungere più in fretta il Quartier Generale Toscano, dislocato nel piazzale antistante il santuario di Santa Maria delle Grazie, posto in riva al fiume Mincio, si gettò pure un ponte di legno sull’Osone, il piccolo corso d’acqua che risultò una barriera naturale nei combattimenti successivi.

La mattina del 29 maggio circa 13.000 soldati austriaci lasciarono la fortezza di Mantova con l’intento di prendere alle spalle le truppe piemontesi dislocate a Goito; sulla loro strada trovarono poco più di cinquemila uomini fra toscani, abruzzesi e siciliani che opposero una strenua resistenza che impedì alle truppe del maresciallo Radetzky di perseguire il loro scopo. Tre compagnie di napoletani, agli ordini di Vitagliano, essendo Rossarol ancora bloccato dalla ferita riportata una quindicina di giorni prima, erano dislocate sulla sinistra nelle vicinanze del Mulino ed altre tre poste sull’argine destro dell’Osone, poco distante dal ponte di Curtatone. La resistenza dei partenopei, affiancati anche da gruppi di lucchesi e di granatieri toscani e da circa duecentocinquanta universitari comandati dai professori Leopoldo Pilla e Raffaele Piria, il primo dei quali venne ferito a morte, fu superiore ad ogni limite umano. Essi contravvennero anche agli ordini del generale Cesare De Laugier, che aveva comandato la ritirata per evitare un’ulteriore inutile carneficina, e continuarono una lotta impari, dovuta soprattutto al loro esiguo numero rispetto a quello degli austriaci e alla scarsità di cannoni e munizioni, contrattaccando spesso il nemico con la sola baionetta. Poco dopo le 16 la resistenza ebbe termine con la conseguente ritirata; verso le 17 anche le quattro compagnie del 2° battaglione regolare napoletano, dislocato a Montanara, furono costrette a ritirarsi.

Secondo i rapporti del De Laugier sul campo rimasero quarantacinque morti, centotrentasei feriti e si contarono cinquecentosessantasei fra prigionieri e dispersi.

I reduci dalla sanguinosa battaglia nelle prime ore della sera raggiunsero Goito da dove, per ordine del generale Eusebio Bava, comandante delle truppe piemontesi, furono fatti proseguire per Brescia. L’ordine emanato dal nuovo primo ministro napoletano, Cariati-Bozzelli, del ritiro immediato delle truppe giunse inaspettato. Esso prevedeva l’accusa di diserzione per coloro che non vi avessero ottemperato per cui buona parte di essi, loro malgrado, fece ritorno ai paesi d’origine.

Il generale Guglielmo Pepe


Tuttavia il generale Guglielmo Pepe (Fig. 5) che, per disposizione del re di Napoli, Ferdinando II, non si era mosso da località appena al di là del Po, dove era giunto nei primi giorni di maggio, decise di non aderire all’invito. Il giorno 8 giugno varcò il fiume e si diresse a Venezia seguito da pochi reparti di soldati regolari e da due battaglioni di recente costituzione formati in gran parte da volontari. Essi vennero però lasciati senza alcun sostentamento; solamente il Governo Provvisorio della Lombardia e il Comitato per Sussidi ai Volontari” fornirono loro qualche aiuto. Altri volontari giunti da Brescia si unirono al Pepe e al Rossarol che nel frattempo, guarito dalla ferita riportata a Montanara, era ritornato fra i suoi soldati e tutti presero parte alla difesa di Venezia.
Terminata l’avventura nella città lagunare buona parte dei combattenti se ne ritornò a Napoli ma, invece di essere accolti da eroi, per come si erano comportati nella infausta ma gloriosa giornata del 29 maggio, furono in numero rilevante arrestati e relegati nella carceri napoletane.

Sulle poche lettere giunte fino a noi inviate dai combattenti napoletani compare in qualche caso un bollo ovale recante la dicitura “COMANDO DEL BATTAGLIONE VOLONTARI NAPOLETANI”; al centro è raffigurato il così detto Cavallino di Murat.

Lettera da S. Silvestro – 7 maggio 1848 – diretta al Comandante del Campo Toscano.
Bollo “COMANDO DEL VI BATTAGLIONE VOLONTARI NAPOLETANI” e , al centro,
il Cavallino di Murat


Lettera da S. Silvestro – 7 maggio 1848 – diretta al Comandante il Campo Toscano alle Grazie - Bollo “COMANDO DEL 2° BATTAGLIONE” del Comando del 10° Reggimento di Linea Napoletano


Lettera da Goito – 24 aprile 1849 – diretta a Venezia – Bollo “COMANDO DEL
BATTAGLIONE VOLONTARI NAPOLETANI”

Su qualche lettera, ma si tratta in tal caso di vere e proprie rarità, si trova la scritta a penna Truppe volontarie Napoletane in Lombardia.

Lettera del 13 luglio 1848 diretta a Napoli con indicazione manoscritta “Truppe Volontarie
Napoletane in Lombardia”

Un bollo usato dalle truppe abruzzesi reca la dicitura “COMANDO DEL 10° REGGIMENTO DI LINEA REALE ABRUZZO”.

Lettera da Goito – 3 maggio 1848 diretta a Brescello – Bollo “COMANDO 1° BATTAGLIONE
– 10° REGGIMENTO DI LINEA ABRUZZO NAPOLETANO”


Sergio Leali

Bibliografia

S. Benetti, Il 1° Battaglione di Volontari Napoletani, Esercito di giovani e studenti, in 29 maggio 1848 – Curtatone e Montanara – Atti del Convegno maggio 1998, Comune di Curtatone 1999;
M. Viglia, Il Decimo di linea Napoletano nella guerra dell’italiana indipendenza, Tipografia dell’Araldo, Napoli, 1848;
G. Ulloa, Cenni sulla spedizione del corpo di esercito napoletano nell’ultima guerra d’Italia, Biancardi Torino, 1856;
M. Schipa, La partenza dei Napoletani per la guerra del 1848, in Nuova Antologia, Fasc. 15, ottobre 1927

 


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