L’Usfi “adotta” una cassetta postale dell’Aquila Ammaccata, e con la vernice in parte mancante. Ora si trova in un angolo dell’impianto che provvisoriamente Poste italiane ha allestito a Campo di Pile, in via Saragat 7, per garantire la lavorazione e la distribuzione del corriere agli abitanti dell’Aquila e dintorni. È la cassetta postale che, fino al 6 aprile, si trovava nella città abruzzese in piazzetta Pasquale Paoli, vicino a via Vincenzo De Bartholomaeis. Dietro al palazzo di cinque piani di via Campo di Fossa 6/B nel quale hanno trovato la morte 26 persone. Probabilmente, è destinata alla discarica, poiché inutilizzabile. Grazie al supporto del direttore del centro postale operativo - centro postale distributivo, Corrado Romano, e soprattutto alla testimonianza del brigadiere di Finanza e socio Usfi Sante Borrelli, il contenitore avrà un futuro diverso. Il consiglio direttivo dell’Unione stampa filatelica italiana ha proposto, infatti, che venga conservata, in ricordo delle vittime e dell’impegno che il servizio postale giornalmente garantisce, anche in una situazione di emergenza come quella vissuta in queste settimane all’Aquila. L’auspicio è che venga donata al Museo storico pt dell’Eur, che oggi fa capo al ministero allo Sviluppo economico. Tra il suo ricco materiale, conserva già alcuni oggetti (tavolo, apparecchiature, orologio...) trovati tra le macerie dell’ufficio telegrafico principale di Messina dopo il sisma del 1908. L’Usfi propone, inoltre, un momento pubblico. L’idea è organizzare una iniziativa specifica durante il “Festival internazionale della filatelia”, in calendario a Roma dal 21 al 25 ottobre.
La
cassetta prima del terremoto è visibile attraverso il servizio street view di Google
maps all'indirizzo: piazzetta Pasquale Paoli L'Aquila procedendo
verso via Vincenzo De Bartholomaeis
La testimonianza di Sante Borrelli Siamo giunti al cumulo di macerie dove bisognava scavare. Io ed i mie due colleghi abbiamo subito affiancato i Vigili del fuoco già presenti sul posto che avevano appena iniziato anche loro le operazioni di scavo. Seppur con qualche piccone o pala, ci siamo resi conto che erano più efficaci le nostre mani nude, quindi abbiamo sollevato e scaraventato oltre l'area di scavo tegole, mattoni, pezzi di intonaco, libri, dvd, tutto quello che di solido usciva fuori dalla polvere, man mano che si procedeva. Ogni tanto, un fischio ed un passaparola indicavano che bisognava fermarsi e tacere, il tempo che qualcuno di noi urlasse qualche nome o frase sperando una risposta o un lamento. Dopo alcuni secondi di inutile attesa si ricominciava con la stessa cadenza nel togliere pezzo per pezzo quel che rimaneva di venti appartamenti, di venti famiglie. In quei momenti si perde anche la cognizione del tempo, quindi non saprei nemmeno dire dopo quanto tempo sono stato costretto ad interrompere lo scavo perchè estenuato non tanto fisicamente, ma dalla polvere che avevo addosso, in bocca, nelle narici, dappertutto. Scendo quindi, avvisando i miei colleghi che sarei ritornato subito per dare loro il cambio, ed appena giù un volontario mi porge una bottiglia d'acqua, quasi mi avesse letto del pensiero. Non avevo sete, ed ho utilizzato il liquido per sciacquare la bocca ed il naso. Ho pensato, e poi ne ho avuta ragione, che non serve assolutamente, anzi è controproducente e rischioso per i compagni, scavare da stanchi, quindi ho preferito rimanere un'altro minuto fuori dalle rovine, mettendomi ad un lato della piazzetta su cui si affacciava questo palazzo di cinque piani e per terra noto una cassetta rossa delle poste che fino a qualche ora prima era saldamente fissata a due travi di acciaio, a loro volta inseriti in un apposito muretto di mattoncini rossi costruito di sicuro a regola d’arte. Il terremoto aveva letteralmente sbriciolato i mattoni, facendo cadere a terra la cassetta per l’impostazione, rimanendo supina, leggermente inclinata, e proprio da questa posizione era possibile scorgere dalle due fessure alcune lettere e cartoline, e mi sono chiesto chissà quali messaggi erano stati spediti, magari da qualcuno sotto le macerie, ed ho trovato un senso di ironia della sorte tutto ciò, proprio per me che sono giornalista filatelico. Dopo pochi secondi di meditazione decido di raggiungere i colleghi a scavare. Dopo circa un mese, accompagnando alcuni miei superiori in quello stesso posto, ho ritrovato le stesse case e palazzi lesionati, ulteriormente feriti dalle successive violenti scosse di assestamento, le macerie erano state tutte rimosse, assieme alla gente, ai rumori di quel giorno, era tutto un silenzio. Anche la cassetta postale non c’era più, ma l’ho ritrovata quasi per caso, per una strana coincidenza. Il presidente dell’USFI mi comunica che vuole venire a documentare l’accaduto, assieme al collega giornalista Bonacina. Stranamente le date concordate slittano all’improvviso per tutti, sempre indipendentemente dalla nostra volontà, ed all’improvviso ci si ritrova a L’Aquila assieme, quasi senza un appuntamento. Raggiungiamo il centro di recapito di Poste italiane del capoluogo abruzzese, e guidati dal responsabile di questa struttura visitiamo e documentiamo quello che è successo, cosa si è fatto, e quello che si sta facendo per garantire il recapito della corrispondenza. In un posto neanche troppo in vista il direttore addita una cassetta per l’impostazione e ci dice che è stata prelevata assieme alle altre dislocate nel centro di L’Aquila, e l’aveva messa lì perché dopo qualche giorno dal sisma, accompagnato dagli onnipresenti Vigili del fuoco, aveva curato il recupero della corrispondenza giacente sotto le macerie. Il direttore ricordava bene quella piazzetta, perché aveva chiesto ai pompieri di andare via subito tanto era scosso dalle orribili scene a cui aveva assistito, ed alla mia domanda se la cassetta fosse quella situata vicino al palazzo di via Campo di Fossa, annuisce ed io rimango gelato. Mai avrei immaginato che mi sarebbe capitato ciò, e penso anche che tutta questa serie di ritardi e slittamenti di date per essere su a L’Aquila sia stato uno strano gioco del destino. Spero ora che questa cassetta non vada gettata via, ha preservato il suo contenuto, i suoi messaggi affidate a lettere e cartoline, magari scritte da chi non c’è più. È stata anche lei testimone di questa sciagura, e lo dimostrano le ammaccature, la vernice divelta in qualche punto. Ha resistito, così come abbiamo resistito tutti noi che ce l’abbiamo fatta e che non abbandoneremo L’Aquila. Sante Borrelli
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