L'Affrancatura Meccanica che Fabio Petrini ci ha inviato, mi offre l'occasione per alcuni spunti di carattere didattico destinati a coloro che desiderassero affacciarsi al collezionismo di queste affrancature poco o per nulla considerate dai cultori di storia postale.
Le affrancature meccaniche, il cui uso fu codificato dal Regio Decreto n. 1233 del 1/7/1926, videro la luce come primo utilizzo il 26/6/1927 presso le Esposizioni Riunite del Littoriale a Bologna e il punzone di Stato fu da subito provvisto dei due fasci laterali.
Fu il Regio Decreto del 12/12/1926 n. 2061 che elevò il fascio littorio ad emblema di Stato disponendo il suo inserimento in ogni distintivo pubblico.
Diversa sorte e tempistica (ci sono casi in cui non fu mai applicato, specie tra le ditte private) ebbe l’Era Fascista. che appare o scompare e risulta anche alquanto ballerina nella sua collocazione. Tradizionalmente a destra della data che viene quindi spostata a un po’ a sinistra, la ritroviamo a volte in basso e, caso molto più raro, sopra la data stessa.
Tutto procede tranquillamente negli anni con una progressiva adozione da parte di alcuni enti pubblici di altre simbologie all’interno di stemmi e scritte.
Poi all’alba delle note vicende si entra nel caos (e quindi nel divertimento per noi collezionisti).
L’Italia si spezza in due. Al Sud si inizia o forse è meglio dire si prosegue, nella pulizia delle impronte dai simboli fascisti ma senza nessuna norma o decreto. Il tutto anche condotto privatamente essendo le varie case costruttrici emigrate al Nord.
Possiamo ritenere che le “fresature” dei simboli furono condotte anche senza la necessità di spiombare le macchine. La prima norma che consente l’uso delle macchine affrancatrici, a patto che ci sia stata una loro “pulizia”, la ritroviamo nella circolare ministeriale n. 58 del 15/4/44.
Nella Repubblica Sociale che si andò a costituire al Nord non fu certamente minore la confusione perché c’è chi aveva in maniera tempestiva già provveduto ad eliminare ogni segno; riscontriamo in tal senso atteggiamenti di gran cautela nel ripristinare uno “status quo” rispetto ad altri che non se ne curarono.
I primi punzoni con fascetti repubblicani (per intenderci quelli con l’ascia in alto) si ritiene vennero installati a partire dal maggio del 1944.
Li riscontriamo solo su macchine di produzione SIMA e la loro diffusione avvenne esclusivamente, salvo rarissime eccezioni, nel Centro-Nord e nel Centro-Ovest, zona in cui era ubicato lo stabilimento della SIMA.
Sono presenti su non più di una cinquantina di impronte note e catalogate e si riscontra una estrema variabilità nel disegno tanto da classificare una decina di tipologie diverse, per dentellatura e dimensione. Ciò fa ritenere che la loro produzione sia stata condotta artigianalmente da diversi soggetti su incarico della stessa Amministrazione Postale RSI o della SIMA stessa.
Possiamo escludere, in queste prime fasi, il coinvolgimento del Poligrafico, che come è noto, era ancora fisicamente a Roma e trasferito solo dopo il 4 giugno del 1944 nella sede di Aosta.
Chi diede disposizione dell’adozione del nuovo punzone? Non è dato saperlo con certezza ma, quasi sicuramente, fu la stessa Amministrazione Postale. La nuova impronta prese vita o per sostituzione sulla vecchia macchina dei nuovi punzoni o per sostituzione dell’intero macchinario.
Quali fattori elevano queste impronte “repubblichine” a pezzi di pregio in una collezione di A.M.? Sicuramente il limitato periodo d’uso in un’area geograficamente ristretta, che avrà sicuramente avuto una scarsa movimentazione postale. Da non trascurare la facile dispersione che in quel periodo potevano avere i documenti e non ultimo lo scarso interesse dei filatelisti verso il collezionismo meccanofilo.
Paradossalmente le impronte con punzone fascio repubblicano scalpellato sono ritenute invece alquanto meno pregiate delle stesse con fascio integro. Francamente non so cosa supporti tale considerazione, verso la quale personalmente dissento, nel momento in cui, come nel caso in questione, possiamo ritenerla originariamente appartenente alla categoria dei fasci repubblicani. Evidentemente anche in campo A.M. il mercato è alquanto bizzarro!
A completamento ricordiamo che nel momento in cui il Poligrafo riprese la sua produzione nello stabilimento della Cogne, se ne uscì con un punzone, che a tutti gli effetti possiamo ritenere sperimentale, e che per la sua forma viene catalogato con l’appellativo di “filiforme”. Sono note solo due macchine SIMA che l’adottarono: una ubicata nella stessa Acciaieria Cogne, l’altra utilizzata dalla provincia di Aosta. Salvo ulteriori scoperte mi risultano solo 5 impronte, cosa che fa di queste affrancature i pezzi più pregiati e desiderati da un collezionista.
Dopo il 25 aprile del 1945 si iniziò scientemente ad eliminare ogni cosa a seguito dell’ordinanza n. 43485/111 del 17/5/1945 del Postal Office del Governo Militare Alleato. L’operazione fu condotta dai più ma si riscontrano, quasi fino al 1954, le più varie combinazioni tra anno E.F. e vecchi punzoni. Sono tutte situazioni di facile comprensione visti i tempi e le forti ristrettezze economiche della Pubblica Amministrazione.
E veniamo alla nostra impronta il cui studio richiederebbe l’osservazione, cosa normale nella maggior parte dei casi, di un numero sufficiente di pezzi in un arco temporale ampio.
Per il momento ci limitiamo a trarre conclusioni analizzando le tre impronte presenti nel catalogo Regno distribuito dall’AICAM “ex-Di Casola” (la prima è anche rintracciabile nel catalogo Parini).
Come si evince la macchina ha subito la classica trafila già descritta:
• dapprima provvista del normale punzone e anno E.F.
• successivamente, in autonomia, scalpellata da impiegato di “opposte tendenze politiche”
• provvista di nuovo punzone con fasci repubblicani e anno E.F. nuovamente presente nel datario
Sullo stemma della provincia è difficile esprimersi essendo queste impronte “ripulite informaticamente”. Si riscontrano diversi casi in cui anche lo stemma veniva ripulito ma non mi sembra questo il caso.
E veniamo alle considerazioni sulla quarta e ultima impronta, quella che gentilmente ci ha fatto conoscere Fabio Petrini:
Sia la data, che la posizione e la fattura del punzone, ma soprattutto quei piccoli segni lasciati dalla scalpellatura non possono che porla al quarto posto completando la sua storia: direi proprio che è un punzone “repubblicano” scalpellato, che in letteratura (1) è classificato col numero 7.
Tra l’altro come si può notare il punzone, asportato e scalpellato, è stato riposizionato all’interno della grossa cornice principale esterna, mentre nelle precedenti impronte ne usciva leggermente.
L’anno E.F. è stato eliminato senza riposizionare la data al centro; in questa considerazione ci aiuta la “nostra buona stella”! (quella del datario)
Escluderei un anno E.F. posizionato al di sotto della data, come potrebbero indicare quei piccoli segni.
Ci lascia solo perplessi la ricomparsa dello stemma provinciale che nella terza impronta era stato scalpellato. Anche se è solo un dettaglio che nullla toglie o modifica alla novità ritrovata, lo segnaliamo pur dovendo ammettere che un confronto tra una impronta originale, la nostra, ed una rielaborata graficamente, quella del catalogo, non è ad armi pari.
Ecco quindi che il pezzo, in assenza di altre indicazioni o pubblicazioni, risulta essere un nuovo ritrovamento da collocare degnamente in catalogo…
(1) Catalogo dei punzoni delle affrancature meccaniche italiane – A. Montepagano e G. Tagliati – Pubblicazione AICAM n. 344
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