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Propaganda di guerra |
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di Sergio DE BENEDICTIS (Aicam) | |||||||||||||||||||||||||||
Gli slogan e le vignette che contribuiscono a comporre una affrancatura meccanica sono sempre stato un veicolo pubblicitario per le Ditte che le hanno adottate come mezzo di affrancatura della propria corrispondenza. In tempo di guerra molti Governi, al fine di giustificare gli sforzi militari e sensibilizzare la popolazione a contribuire nei modi e tempi più opportuni alla causa, usò il mezzo pubblicitario attraverso la diffusione di cartelloni e manifesti, articoli sui giornali e filmati nei cinegiornali.
Anche gli Stati Uniti, rimasti dapprima in attesa degli sviluppi di una guerra che vedevano lontana, dopo l’attacco di Pearl Harbour del 7 dicembre 1941 entrarono nel conflitto a fianco degli alleati. Ricordiamo che negli U.S.A. in questo campo la “faceva da padrone” la casa costruttrice Pitney-Bowes e sue sono la stragrande maggioranza delle impronte, che nello specifico le venivano commissionate spesso dalla stessa Amministrazione Statale.
Riscontriamo fondamentale due tipologie: la prima che possiamo chiamare con “slogan generico”, proposta indifferentemente dalla stessa Pitney-Bowes ai suoi clienti in modo gratuito o con minima spesa e senza alcun riferimento alla Ditta utilizzatrice. La seconda con “slogan personalizzato” caratterizzante la Ditta e con un costo maggiore. Nello specifico il War Advertising Council “arruolò” le principali agenzie di pubblicità; grafici, pubblicisti, artisti ed esperti dei mezzi di comunicazione furono messi al lavoro, dando loro indicazione di evitare simboli stilizzati o immagini astratte in quanto il messaggio doveva essere facilmente comprensibile e diretto verso il popolo. Per favorire la diffusione fu accordato un regime di deduzione fiscale per le spese sostenute in tal senso.
Nell’utilizzo del mezzo di propaganda furono favorite inizialmente tutte quelle industrie che producevano beni ritenuti strategici nel contesto bellico.
Wichita, cittadina del Kansas, era nota, già prima della crisi del ‘29, come “capitale dell’aviazione” con più di 2000 addetti; successivamente la presenza di importanti ditte quali la Boeing, a cui fu commissionata nel 1943 la produzione dell’apparecchio B-29, soprannominato in seguito “la fortezza volante”, elevò il numero delle maestranze a circa 30.000 unità.
Da non dimenticare il supporto alla Marina: a Pascagoula, affacciata sul golfo del Messico, la Ingalls, utilizzando innovative tecniche costruttive, varò più di 70 navi.
L’industria chimica Rohm & Haas aveva nel 1936 brevettato un nuovo materiale leggero, trasparente e resistente noto col nome di plexiglas; questo materiale fu largamente utilizzato in campo aeronautico e il fatturato della ditta si decuplicò.
E ricordarono anche la conquista della strategica isola di Iwo Jima nel Pacifico con la storica immagine dei marines che innalzano la bandiera a stelle e strisce, foto con la quale il reporter Joe Rosenthal vinse il premio Pulitzer.
Anche l’industria cinematografica di Hollywood fece la sua parte producendo diversi film contro il nazismo; uno di questi fu Escape che narra le vicende di un giovane americano, interpretato da Robert Taylor, che organizza l’evasione di un personaggio femminile da un campo di concentramento.
Alla fine del conflitto la Pitney-Bowes propose ai suoi clienti delle impronte che potremmo definire “di transizione verso la pace”. L’offerta non ebbe particolare successo, in quanto le Ditte, tornando alla normalità, preferirono riprendere la pubblicità dei loro prodotti con una completa restaurazione della “American Way of Life”.
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