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Ricordiamo il 25 aprile

di Sergio DE BENEDICTIS (Aicam)


Non è un caso che quando uscirà questo articolo la ricorrenza sarà già passata, speriamo senza le inutili polemiche che ultimamente l’hanno caratterizzata, a riprova che noi italiani siamo sempre gli ultimi a chiudere i conti col passato. Non vogliamo giudicare e commentare i fatti che caratterizzarono l’epilogo di quelli che comunque furono tristi anni per i nostri cari ma solo mostrarvi una documentazione oggettiva in cui le affrancature meccaniche ci danno un aiuto.

E un aiuto ci viene dato anche dall’AICAM che nell’aprile del 2001 organizzò a Sasso Marconi una mostra a tema “STORIA E RESISTENZA” con relativa pubblicazione cartacea.
Ricordiamo a tutti come i lavori dell’AICAM e le sue preziose e innumerevoli pubblicazioni sono elencate sul nostro sito: http://www.aicam.org/pub00.html.

Tra i maggiori utilizzatori di macchine affrancatrici e relative impronte possiamo sicuramente annoverare i Comuni; tra quelli che, con i loro cittadini e strutture pubbliche, sono stati protagonisti della Resistenza, molti sono stati insigniti, a vario titolo, della medaglia d’oro.

E questo riconoscimento è stato poi reso noto anche attraverso le impronte di A.M. che vogliamo qui parzialmente riproporre con l’auspicio che qualcuno voglia ricercarle insieme ad altre che sicuramente saranno state emesse negli anni.

Come sappiamo i combattimenti più aspri si ebbero nelle zone settentrionali dell’Italia e di conseguenza ritroviamo qui la maggior parte dei Comuni insigniti dell’onorificenza.
Riportiamo brevemente anche parte della motivazione, la cui scrittura forse assume ai nostri giorni un tono un po' troppo aulico.


Città di ALBA: “centro delle Langhe, ha vissuto l’epopea della lotta partigiana contro l’oppressore nazifascista simboleggiando l’eroismo ed il martirio di tutta la Regione. Rettasi a libertà per un mese, veniva poi attaccata da preponderanti forze e, con unanime decisione di popolo, preferiva alla resa offerta dal nemico il combattimento a fianco dei suoi figli militanti nelle forze partigiane. Cosciente del sacrificio, fiera nella resistenza durante lunghi mesi di lotta, superbamente confermava il retaggio delle centenarie tradizioni di valore guerriero”.

Alba, 8 settembre 1943 – 25 aprile 1945


Città di ASTI: provincia contadina per eccellenza, durante i venti mesi della Resistenza vide svilupparsi un movimento partigiano di straordinaria ampiezza per numero di volontari in un ristretto territorio, pagò un duro tributo in Caduti, ebbe negli uomini e nelle donne della campagna l’insostituibile alimento a questa testimonianza di volontà di riscatto nazionale, schierò un clero generosamente a fianco degli oppressi, impegnò nella lotta le sue forze del lavoro di fabbrica in non mai dismessi dimostrazioni dei loro sentimenti di libertà, dagli scioperi del marzo 1943 al blocco della produzione e nelle giornate insurrezionali. Grazie anche ai suoi numerosi partigiani, combattenti all’estero, rappresentò un esempio di corale e civile slancio affinché l’Italia rinascesse a democrazia in orizzonti di rinnovate speranze per l’avvenire.

Asti, 8 settembre 1943 – 25 aprile 1945

 

Città di IMOLA: forte di tradizioni popolari e democratiche, dava vita, subito dopo l’8 settembre 1943, ad un attivo movimento di resistenza costituendo i primi nuclei partigiani di montagna. Nonostante perdite iniziali e dure rappresaglie nazifasciste, la popolazione dell’Imolese continuava fieramente la lotta, rivendicando, con il sangue versato anche dalle sue indomite donne, pace e libertà e difendendo il patrimonio agricolo e industriale della propria terra. Reparti della 36° Brigata Garibaldi “A. Bianconcini” costituirono una continua minaccia alle spalle del nemico e, durante l’offensiva angloamericana contro la linea gotica, cedettero agli alleati importanti posizioni strategiche. Raggiunta dalla linea del fuoco, Imola subiva, durante cinque mesi, il martirio dei bombardamenti, aerei e terrestri, delle vessazioni nemiche, delle deportazioni e dei massacri. Il 14 aprile 1945, partigiani delle Brigate G.A.P. e S.A.P., presidiata la Città, la consegnavano agli alleati, mentre, combattendo nei gruppi di combattimento del nuovo Esercito Italiano, “Cremona” e “Folgore”, altri suoi figli continuavano la lotta fino alla liberazione dell’Italia Settentrionale”.

 

Città di MODENA: Città partigiana, cuore di provincia partigiana, al cocente dolore e all’umiliazione della tirannide, reagiva prontamente rinnovando le superbe e fiere tradizioni e la fede incrollabile, ardente, nei destini della Patria. Alla barbarie e alla ferocia nazifascista che tentava di conculcare l’orgoglio e domare il valore delle sue genti con vessazioni atroci, capestro e distruzioni, opponeva la tenacia invincibile dell’amore a libere istituzioni. In venti mesi di titanica lottaprofondeva il sangue generoso dei suoi eroici partigiani e dei cittadini di ogni lembo della provincia in sublime gara e si ergeva dal servaggio quale faro splendente della redenzione d’Italia, infrangendo per sempre la tracotanza fascista.

Settembre 1943 – Aprile 1945

 

Città di PARMA: fiere delle secolari tradizioni della vittoria sulle orde di Federico Imperatore, le novelle schiere partigiane rinnovavano l’epopea vincendo per la seconda volta i barbari nepoti, oppressori delle libere contrade d’Italia. L’impari lotta, sostenuta con la stessa fede dei padri e col sangue dei figli migliori, cominciava per merito dei primi volontari della libertà all’alba del 9 settembre 1943 e si concludeva il 25 aprile 1945 con la sollevazione del popolo tutto che, affiancando i 7500 partigiani combattenti, costrinse alla resa e vide la fuga del nemico. L’ombra del glorioso gonfalone ornato dell’aurea gemma del valore riconosciuto dalla Patria grata, aleggia e custodisce la sacra memoria dei 694 caduti con le armi in pugno per la redenzione dell’Italia, dei 400 sepolti sotto le macerie della città straziata dai bombardamenti aerei, che, unitamente ai 513 feriti, mutilati ed invalidi, ai 21 dispersi, ed ai 190 deportati nelle gelide e mortifere lande dei paesi stranieri, costituirono la parte eletta che seppe difendere e riconquistare le patrie libertà.


Città di RAVENNA: antica e fiera Città onusta di storia gloriosa, alla liberazione d’Italia dalla invasione tedesca, diede entusiastico, sanguinoso e valoroso contributo. Bombardamenti e rappresaglie sconvolsero la vecchia Capitale e la sua provincia; ricordate per efferatezza le stragi di Piangipane, di San Pancrazio-Ragone e di Villa dell’Albero. Centinaia di partigiani di molte formazioni caddero nella lotta e, particolarmente, per la liberazione di Porto Corsini, di santo Alberto e delle zone vallive a Nord della Città. Sei mesi permase il fronte di guerra nel territorio del Comune ed i cittadini diedero mirabile esempio nel sostenere i combattenti delle forze regolari. La Brigata partigiana “Mario Gordini” decorata della medaglia d’argento al valor militare, si impose per il suo contegno all’ammirato apprezzamento dei Comandi Alleati e continuò a combattere valorosamente al fianco ed alle dipendenze del Gruppo di Combattimento “Cremona” sino al termine vittorioso della guerra. Memore delle lotte per l’unità e per l’indipendenza e delle glorie garibaldine, la Città di Ravenna scrisse nella storia del Risorgimento italiano pagine mirabili e da ricordare ad esempio per le venture generazioni.

Ravenna, settembre 1943 – aprile 1945


Città di REGGIO EMILIA: durante l’occupazione nemica opponeva al tedesco invasore la fiera resistenza dei suoi figli, accorsi in gran numero nelle formazioni partigiane impegnate in dura e sanguinosa lotta. Cinquecento caduti in combattimento, interi comuni distrutti, popolazioni seviziate e sottoposte al più spietato terrore, deportazioni in massa, stragi inumane e crudeli persecuzioni, costituiscono il bilancio tragico, ma luminoso, di una attività perseverante e coraggiosa iniziata nel settembre 1943 e conclusa con la disfatta delle forze di occupazione. Memore di nobili secolari tradizioni, riaffermate nella epopea del Risorgimento, la città di Reggio Emilia ha saputo degnamente concludere un rinnovato ciclo di lotte per la libertà e per l’indipendenza ed offrire alla Patria generoso tributo di sacrificio e di sangue.

settembre 1943 – aprile 1945


Città di TREVISO: fiera delle sue tradizioni di libertà che già ne fecero centro attivissimo del Risorgimento nazionale; supremo baluardo della Patria sulle rive del Piave nella guerra 1915-18; sollevò dalle sventure dell’8 settembre 1943 la fiaccola della resistenza; eccitò alla lotta contro il tedesco invasore; organizzò le prime schiere armate della pianura e della montagna; fu per tutto il periodo della dominazione straniera , l’anima di una resistenza indomabile di popolo e di brigate partigiane , spiegando energie combattive e capacità direttive in tutta la regione veneta. Dilaniata nelle carni dei suoi figli caduti davanti ai plotoni di esecuzione nemici; distrutta nei suoi edifici; bagnata nelle sue piazze dal sangue di vittime innocenti, lasciò alla storia d’Italia 248 caduti e 144 feriti partigiani; 10261 internati e deportati politici; 1600 uccisi e 350 feriti per bombardamenti e il ricordo delle epiche gesta della sua insurrezione, allorché il popolo, accorso tra le rovina di 3783 case distrutte, combatté al fianco dei partigiani, unito ad essi in un unico slancio di fede e di libertà.

settembre 1943 – aprile 1945

 

Città di VITTORIO VENETO: amore di Patria, spronando l’antica volontà di vittoria a piegare il destino, risuscita Vittorio Veneto. Per venti mesi di guerriglia atrocissima, sola ed indoma, organizza, sostiene ed alimenta i cittadini compatti nella rivolta contro il duplice servaggio e di cinquemila partigiani che, scolta insonne, lottano sulla sinistra del Piave e sui valichi montani a difesa della dignità d’Italia. Contro la rabbia nemica i volontari della libertà, donando ai vivi l’anima dei morti, confermano fieramente la nobilissima tradizione a conservare la libertà piegando la ferocia e la distruzione. Domata la tracotanza avversaria, costretto alla resa il nemico in ritirata, la Città, libera per la tenacia dei figli, consacra all’epopea del nuovo riscatto il suo sacrificio di sangue e di mezzi.

settembre 1943 – aprile 1945

 

Mi piace alla fine segnalare una impronta molto semplice ma che nella sua semplicità richiama le gesta di chi in quei tempi pensò a ridarci la nostra libertà.

Questi chiodi venivano disseminati durante la notte sulle strade principali, lungo le quali transitavano le truppe naziste, al fine di rallentare i loro movimenti.

 

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