Farfalle: la fragilitÀ in natura | |||||||||||||||
Sergio De Benedictis | |||||||||||||||
La Natura ci sorprende sempre con suoi colori, fantasmagoriche sfumature che i più grandi artisti hanno sempre cercato di imitare e di riprodurre nei loro quadri ma senza mai raggiungerle: ricordiamo per tutti un Claude Monet o un Vincent Van Gogh E nemmeno i più moderni mezzi tecnologici in campo fotografico e cinematografico riescono ad immortalare e a lasciare ai posteri le tonalità di un tramonto o la brillantezza di un campo fiorito. Ma in natura i colori non si riscontrano solo nel paesaggio, ma sono anche peculiari di molti animali. Il manto di un giaguaro, il verde brillante di una raganella, le squame striate di un pesce tropicale, per non parlare del camaleonte che ci ricorda come spesso il colore della pelle serve a fornire un mimetismo verso i propri predatori.
Ma in natura nulla è lasciato al caso ed ogni cosa creata ha un suo ben preciso scopo. E a questa regola non si sottrae nemmeno la nostra farfalla. I colori delle sue ali, dovuto non solo ai pigmenti che possiedono ma anche alla disposizione delle scaglie presenti e da come riflettono la luce, servono come già detto a mimetizzarsi verso eventuali predatori e a disorientarli ma anche a lanciare segnali verso il mondo esterno:
la “Blu Morpho” quando invece dispiega le sue ali è in cerca di compagni per l’accoppiamento
La presenza di queste scaglie sulle loro ali fece generare a Linneo, il noto naturalista a cui dobbiamo la tassonomia delle specie, il nome del loro ordine di appartenenza, quello dei Lepidotteri, parola formata da due vocaboli della lingua greca lepís -ídos ‘squama, scaglia’ e pterón ‘ala’.
Il ciclo di vita delle farfalle si compone di 4 stadi: uovo, bruco, crisalide (o pupa) e adulto.
Questa modalità di venire alla luce le ha fatto assumere nelle varie culture il significato di mutamento, metamorfosi e rinascita. Nell’immaginario dei popoli antichi ha sempre rappresentato l’anima del defunto che abbandona il corpo.
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