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granducale o pontificio? |
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di Roberto Monticini |
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Anteriormente al 1590 Perugia poteva corrispondere con Firenze facendo transitare per Roma le “lettere ed involti” che, passando per Siena, giungevano poi a Firenze. Cammino inverso per tutto quanto doveva essere trasportato dal Granducato in Umbria. Firenze e lo Stato Pontificio giungono ad un accordo e l’8 febbraio 1590 Nicola Rocca ottiene la privativa di Procaccio di Perugia per Firenze da attuarsi una volta la settimana. A Nicola succedono i figli Girolamo e Giustiniano i quali ottengono la concessione per altri 25 anni al costo di 4 ducati l’anno. I Rocca, dopo alcuni anni, cedono la privativa ad un aretino: Franco Rampini. Detto Rampini il 9 febbraio 1620 ottiene la conferma della cessione e la proroga per ulteriori 25 anni con il pagamento di un canone di 25 scudi. Quando si estingue la famiglia Rampini la Camera Apostolica "unì all'ufficio del Generalato anche la facoltà di ritenere il Procaccio di Perugia". Lo Stato Pontificio appaltava il Servizio Postale per nove anni dietro corresponsione di un affitto e, quasi sempre, beneficiario della concessione risultava essere un nobile, il quale assumeva il titolo di Generale delle Poste. Il Generale delle Poste assumeva in proprio il servizio postale in Roma e subappaltava quello delle provincie (tenenze), "i Generali delle Poste non potendo per loro stessi amministrare le spedizioni del Procaccio… sogliono concedere il subappalto a quell'istessa persona che ritiene la posta delle lettere e cavalli di Perugia e suoi annessi il quale subappaltatore subappalta il Procaccia di Perugia a Firenze a un suddito di S.A.R. che risiede nella città di Arezzo". Le vicende degli Uffici Postali di Arezzo, Castiglion Fiorentino e Cortona sono fino all'avvento delle armate francesi, quelle dettate dallo Stato Pontificio, mentre la posta dei cavalli sarà esclusiva prerogativa granducale. La lettura del carteggio ci mostra qualcosa di completamente privatistico: il Granduca affitta allo Stato Pontificio che a sua volta affitta al Mastro di Posta di Perugia, che a sua volta ancora, affitta ad un suddito di S.A.R. normalmente residente in Arezzo: null'altro conta se ciascuno paga gli affitti dovuti. Il gestore delle tre poste di lettere in territorio granducale di certo non doveva trarre lauti guadagni dall'esercizio della sua attività e questo lo dimostra il fatto che: il Mastro di Posta di Perugia non trova facilmente da subappaltare e quando ci riesce le affitta a sudditi di S.A.R.; Carlo Santoli, appaltatore della Posta di Arezzo già dal 1710, è “debitore di grossa somma, e ben che più volte sia stato chiamato a far li conti, ha sempre preso lo scampo e converrà accedere a forza, con tutte le ricevute originali”. I mancati guadagni del Santoli e quindi di conseguenza dello stesso Stato Pontificio, determinano l'avvio di un contenzioso tra i due Stati: lo Stato Pontificio sostiene che contestualmente alla costituzione del procacciato di Perugia per Firenze, era stata altresì concessa la privativa della raccolta di tutte le lettere che venivano spedite da Arezzo, Cortona e Castiglion Fiorentino e pertanto accusa i procaccini aretini Bartolomeo Pieraccini e Angelo Dragoni di esercitare senza ragione giuridica sia la raccolta delle lettere per Firenze che la distribuzione di quelle da Firenze in Arezzo e quindi di essere la causa dei mancati guadagni del Santoli.. Oggetto del contendere è stabilire se, alla data della costituzione del procacciato di Perugia per Firenze, era stata concessa anche la privativa della raccolta di tutte lettere che venivano spedite da Arezzo, Castiglion Fiorentino e Cortona. Lo Stato Pontificio non poté esibire alcun accordo scritto a conferma della tesi sostenuta cosicché il Granduca Pietro Leopoldo I pose fine alla questione riabilitando i procaccini aretini a mezzo di emissione di lettera direttoriale del 7.5.1777 da notificarsi dalla Camera Granducale ai Tribunali di Arezzo, Cortona, Castiglion Fiorentino, San Giovanni Valdarno: "Sua Altezza Reale dalle informazioni e documenti avuti sottocchio ha riconosciuto che al procaccio di Perugia non compete alcuna privativa di portare le lettere delle diverse città, terre e Castelli del Granducato per i quali transita nel suo viaggio da Perugia a Firenze… ha rigettato come destituite di ogni fondamento le domande e le pretensioni che anche di recente sono state promosse dall’istesso procaccio… si abbiano nulli e inattendibili gli ordini dati dal Generale delle Poste di Firenze al Commissario di Arezzo con le Officiali del 19 settembre 1722 e 24 aprile 1723… nel supposto che al procaccio di Perugia competesse la privativa di cui è questione". Certo è che il Procaccio di Perugia per Firenze, oltre la concorrenza dei procaccini aretini, incontrava anche quella del Procaccio di Firenze per Ancona che svolgeva il proprio servizio una volta alla settimana e raccoglieva le lettere da Figline, S. Giovanni, Montevarchi, Arezzo, Castiglion Fiorentino e Cortona. Arriviamo così al 1801 fra le tante pretese e discussioni tra lo Stato Pontificio ed il Granducato di Toscana in tema di rapporti postali, ma anche senza alcuno sconvolgimento nei rapporti medesimi: - il Granducato mantiene il proprio ufficio di Posta in Roma, - il Procaccio da Firenze a Roma è stato sostituito dal Corriere Toscano per Roma, - il Granducato conserva il Procaccio da Firenze per Ancona, - lo Stato Pontificio ha in affitto le tre poste lettere in territorio granducale ed il Procaccio di Perugia per Firenze. Una lettera dell'Ufficio di Posta di Arezzo del 17.2.1801 data in risposta alla richiesta del Segretario del Commissario Generale del Governo nella Provincia della Valdichiana e del Casentino Enea Barbagli, che chiedeva una "nota esatta di tutti gli uffici, aziende e magistrati, dei soggetti che ci sono impiegati, dei loro appuntamenti e delle rispettive loro incumbenze, età e patria ed il tempo del loro servizio", ci permette di meglio conoscere questo Ufficio di Posta. Giovanni Vignoli di anni 47 ne era direttore e poteva contare su due aiuti di cui uno fungeva anche da portalettere, i loro compiti erano rappresentati dal ricevimento e spedizione dei Procacci, che nei giorni di lunedì e giovedì dallo "Stato Toscano passano, e ritornano allo Stato Pontificio... , la spedizione e ricevimento di tutte le Staffette che passano dall'Uffizio Generale di Firenze all'Uffizio di Perugia e viceversa da Perugia a Firenze". Occorre sottolineare il fatto che il territorio aretino doveva rivestire un ruolo davvero strategico per le comunicazioni tra la Toscana e lo Stato Pontificio e questo era dovuto proprio all'essere obbligatoriamente luogo di transito di lettere, fagotti e mercanzie che dalla costa tirrenica dovevano raggiungere quella adriatica fino a Pesaro e Ancona. I francesi i quali avevano progressivamente occupato quasi tutta l'Italia e annullato i trattati esistenti tra i ducati sostituendoli con l'emanazione di nuovi regolamenti postali, rilevano l'importanza del ruolo che riveste il territorio aretino e quindi, già nel periodo cosiddetto Dauchy, elevano l'ufficio di posta di Arezzo in Direzione semplice dotandolo di un proprio bollo e questo, sarà il primo bollo nella storia della posta della città di Arezzo. Un successivo decreto stabilisce in Cortona una Direzione ed in Castiglion Fiorentino una distribuzione di posta: compaiono i primi bolli dipartimentali: La Restaurazione determina il ritorno allo stato preesistente la venuta dei francesi: ritornano i vecchi Granduchi, le vecchie leggi ed i vecchi regolamenti. La Notificazione del 15 luglio 1814 fa scomparire dal sistema postale toscano importanti direzioni e distribuzioni e fa gridare allo scandalo alcuni storici postali che vedono in quell'editto il regredire del Sistema Postale Toscano. Caduto Napoleone e non ancora concluso il Congresso di Vienna i potenti restaurati sono incerti sul da farsi in special modo nei rapporti con gli altri Stati: tutto è affidato alla diplomazia, non si azzardano prevaricazioni, ma timidi atti di forza in attesa delle grandi decisioni del Congresso. La relazione di Pietro Salvetti al Granduca Ferdinando III ci permette di ricostruire due anni incerti non solo della Storia della Posta di Arezzo, ma anche di quella della Toscana: "Si tentava di far chiudere a tutte le Potenze Estere i così detti Uffizi di Posta in Roma… non conveniva a me fare premura per riaprire l'Uffizio della Posta di Toscana… questo prudente contegno non ha servito ad altro, che a non volere i corrieri toscani in Roma… rilevando che fino da secoli la Santa Sede teneva un Uffizio di Posta in Arezzo" e per questo appalto pagava un affitto di circa 800 scudi romani "seguitando le tracce dell'estinta Amministrazione francese mi impossessai subito nel primo maggio 1814 di questa branca di Amministrazione alla quale era unita anche una distribuzione di lettere in Cortona ed una in Castiglion Fiorentino… presi questa misura con l'animo di restituirla…" La disputa tra Granducato e Stato Pontificio ha un nuovo contendere che potremmo volgarmente tradurre in: "fammi riaprire l'ufficio di Posta Toscana in Roma ed io ti restituisco gli uffici di posta di Arezzo, Castiglion Fiorentino e Cortona". La trattativa termina senza alcun accordo e Salvetti incassa i proventi dell'ufficio di posta di Arezzo che si rivelano ben superiori agli 800 scudi romani che riceveva dallo Stato Pontificio, il Granduca accetta la sua proposta di costituire un'Amministrazione Postale in Arezzo simile a quelle di Pistoia e Prato, Luigi Borghini viene confermato direttore, posto già occupato dapprima come affittuario della Camera Pontificia, poi, sotto le dipendenze dell'amministrazione francese, gli viene affiancato un aiuto: Placido Orlandini, "tanto più che occorrerà tenere dei libri di prima nota per far rendere conto ad un distributore tanto in Cortona come in Castiglion Fiorentino che dovranno essere di piacimento delle rispettive Magistrature Comunitative". Grande importanza assume anche il documento "Istruzioni per i Ministri dell'Uffizio della Posta di Arezzo" del quale riporto solo due brani significativi: - "Dovrà l'amministratore trovarsi presente all'arrivo delle lettere, ed all'apertura dei Pieghi, e fare la Scelta a la tassazione delle Lettere unitamente al di Lui aiutante…" - "…con l'avvertenza che le lettere provenienti da Perugia per Arezzo, essendo notate sul foglio d'avviso nel semplice peso netto, dovrà descrivere non tanto il medesimo quanto il valore delle lettere stesse secondo la tassazione che verrà fatta nell'Ufficio della Posta di Arezzo a forma della Tariffa". Abbiamo dunque una conferma: la tassazione delle lettere avveniva nell'ufficio di arrivo e distribuzione della posta ed una novità: Arezzo poteva fare scambio di pieghi con Perugia per quanto riguardava la propria corrispondenza. Bibliografia: | ||||||||||||||
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