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Raffaello Alessandri, un medico nella guerra | |||
di Enrico Bettazzi | |||
PERCORSO: Le schede di Arezzo > La Posta Militare > questa pagina > Lettere dal fronte e dealla prigionia Una famiglia che ha dato un contributo notevole alla causa nazionale nella prima guerra mondiale. Durante i primi mesi di guerra le cartoline per militari scarseggiavano, così chi poteva se le faceva stampare, fossero unità o perfino singoli militari: è di questo tipo la cartolina viaggiata in franchigia che aveva fatto predisporre il dottor Alessandri, spedita a metà settembre del ‘15 ad Arezzo, ove la famiglia si era trasferita ai primi del Novecento e dove Raffaello e i fratelli avevano frequentato il liceo classico cittadino. Sappiamo che almeno tre di loro servirono il paese durante la Grande Guerra, con esiti drammatici per la famiglia.
Come se non bastasse, un anno dopo tocca al secondogenito: Igino, venticinquenne (nato il 2/11/1892), sottotenente di vascello nella Regia Marina, imbarcato su di un piroscafo di ritorno dal trasporto truppe in Albania, muore nell’affondamento della nave, silurata nel Canale di Otranto, vicino a Capo Linguetta. Di questo episodio scarne sono anche le notizie: gli affondamenti di nostre navi sono difficilmente rintracciabili sulla stampa di allora, per ovvi motivi di sicurezza militare, per cui quasi se ne è persa la memoria. Igino Alessandri era imbarcato sul Piroscafo Japigia (alcune fonti erroneamente parlano di R.Nave Roma): il 21/4/1917 nel Basso Adriatico una torpediniera austriaca da grande distanza lancia un siluro che non lascia scampo alla Regia Nave: nell’affondare porterà con sé i membri dell’equipaggio e pochi militari di ritorno. Raffaello conclude la guerra: riprende la propria attività di medico presso l’Ospedale di Arezzo. È nominato assessore nelle giunte cittadine nel 1919 e nel 1920. Nel 1928 vince il concorso per Direttore e Primario dell’Ospedale di Sansepolcro, dove si trasferisce con la propria famiglia. La seconda guerra mondiale lo trova responsabile di quell’ospedale, ma anche tra i dottori che prestano la propria opera presso il campo di concentramento di Renicci. L’ospedale di Sansepolcro diventa un luogo di rifugio e salvezza durante la guerra: vi ospita un internato slavo di Renicci, unitosi dopo la fuga dal campo ai partigiani, giuntovi ferito ed ivi morto, un paracadutista inglese curato e nascosto nella struttura, diversi ebrei. Tra questi il prof. Attilio Momigliano e sua moglie, tenuti nel reparto di malattie infettive, aldilà di una porta con un cartello indicante “tifo”, per ben otto mesi. Per questo Raffaello Alessandri è stato indicato per la qualifica di “Giusto tra le Nazioni”.
Rimane direttore dell’Ospedale fino al 1947; deceduto nel 1964, ne è così viva la memoria in paese per l’attività medica svolta, che Sansepolcro ha voluto onorarne la memoria con una apposita targa nel 2016. Bibliografia e sitografia A.BERTOCCI, I sacerdoti “eroi” che misero in salvo gli ebrei, in https://www.toscanaoggi.it/Edizioni-locali/Arezzo/I-sacerdoti-eroi-che-misero-in-salvo-gli-ebrei Enrico Bettazzi |