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L’amor patrio di Roberto Monticini, ci permette di ingrandire il piccolo epistolario finora conosciuto riferito alla famiglia aretina De Bacci Venuti. Una ulteriore dozzina di corrispondenze, per la maggior parte scritte da Giovanni De Bacci e in minima parte dal fratello più piccolo Carlo.
Giovanni De Bacci Venuti l’abbiamo visto passare tutta la Grande Guerra, partendo da sottotenente del 70° Reggimento di Fanteria, per poi passare infine al grado di Capitano ed avere diversi incarichi, quando verso la fine della guerra diventa addetto ai servizi di informazione di Armata (I.T.O.).
Durante tutta la guerra il partner privilegiato della corrispondenza indirizzata ai familiari a casa, è stata la madre; di solito in questo tipo di corrispondenze il tono è rassicurante, omissivo delle parti cruente, ma talvolta nelle lettere degli ufficiali, anche se sottoposte alla censura ma con più spazio per scrivere, si hanno maggiori notizie rispetto alle cartoline di franchigia, dello stato d’animo vero dello scrivente e delle azioni belliche sostenute, anche se sottoposte a segreto militare.
Gli storici che si sono dedicati allo studio delle corrispondenze quali fonti primarie per lo studio della Grande Guerra hanno di solito classificato la scrittura in due registri e modi diversi, se trattasi di corrispondenze provenienti da soldati o da ufficiali. Solitamente questi ultimi, soprattutto se ufficiali di complemento per lo più provenienti da Licei o studi universitari mantennero alto il registro di scrittura legato al patriottismo, cresciuti nel mito risorgimentale di una unità nazionale ancora da compiere. Tommaso De Bacci, abbiamo visto fervente irredentista, cadrà in azione e verrà ricordato per gli scritti pro Dalmazia italiana.
Il fratello Giovanni avrà toni di scrittura pur sempre legati a questo retroterra culturale; nello stesso tempo manterrà una dimensione umana nel rapporto con la famiglia e con gli stessi soldati, e pur preservando i toni patriottici, li vestirà di un rassegnato senso del dovere e dell’onore comune a tanti altri coetanei, come lui nelle stesse situazioni di comando ed azione e di cui ritroviamo testimonianza in tanta letteratura del periodo e dell’immediato primo dopoguerra.
Questa esperienza vissuta sarà per molti che hanno provato la trincea un ritorno alla “vita mediocre” (come dirà nel suo più famoso scritto il tenente pistoiese Arturo Stanghellini) e presupposto per una scontentezza nel quieto vivere e della pochezza della normalità civile post bellica, che porterà al turbolento dopoguerra ed alla fine della Italia liberale.
L’epistolario in possesso di Roberto Monticini, vede appunto in una cartolina scritta da Giovanni al fratello Tommaso, in quel momento nella residenza familiare aretina di S. Fabiano, un primo accenno a quello che è effettivamente la quotidianità della guerra: nonostante si parli dei protagonisti con le sole iniziali, si parla però di una cattura di un amico, un ufficiale preso prigioniero dagli Austriaci; difficile trovare traccia di questi episodi nelle corrispondenze di guerra per non incorrere in problemi con la censura militare e soprattutto difficile trovare giudizi, non positivi, di ufficiali contro altri comandanti. All’epoca Giovanni era sottotenente nel 70° Rgt. Fanteria:
“Caro Tommaso
Grazie delle tue buone parole e grazie tanto di quello che fai per me. Io ho ricevuto il Nestlè in un bel pacchettino. Mi fa sommo piacere la notizia di G. Internato in Bosnia. La famiglia mi ha scritto varie volte mostrandosi grata a te, che sapevi portare loro le prime parole di conforto, e a me. Meno male che tutto è andato per il meglio. Certo G. Deve molto alla sua impressione. Il suo Cap. Se fosse stato più di spirito e animoso forse avrebbe scampato. Ma fu la sua fortuna. Chi vi è ora dei suoi colleghi nella sua compagnia? Qua comincia la vera stagione invernale colle pioggie che precedono le grandi nevicate. Ma la neve c’è di già, ma poca. Io passo il mio tempo al lavoro e a scrivere. Leggere vorrei ma non ho nè il Nuovo Giornale nè libri. Tolta l’Iliade che posso leggere. Ti prego vedere alla Redazione del Nuovo perché non mi mandano il giornale. Hai ricevuto la lettera coi saluti dei soldati? Tanti cari saluti dal tuo Giovanni.”
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Cartolina in franchigia di stampa privata viaggiata tramite Posta militare della 10ª Divisione in data 29/9/15; arrivo ad Arezzo 1/10/15. Timbro di reparto 10° Reggimento 2° battaglione (8ª compagnia). (collezione R. Monticini). |
Giovanni però scrive alla madre una lunga lettera; sulla busta è riportato ad inchiostro rosso “2ª lettera dal fronte” ed ulteriormente manoscritto “L’affrancatura è pagata dal ricevente” per cui viene tassata con tassa semplice di 15 centesimi al suo arrivo ad Arezzo il 29/8/1915.
La lettera è un vero racconto di vita quotidiana al fronte:
“24 Agosto 915 ore21
Mia adorata mammina stasera ho avuto la tua cartolina che mi ha reso proprio contento. Alla distribuzione della posta ufficiali mancavano lettere per me ed ero rimasto proprio male. In tutto il giorno non ho pensato altro che alla posta di stasera e all’unico conforto, le notizie della famiglia! Ma quando mi hanno portato la cartolina tutto il mio sconforto è sparito. Era entrata fra la posta della truppa. Occorre che tu metta bene in vista il mio grado...io sto benone e non corro seri rischi. Sapevo purtroppo che Carlino doveva partire ma bisogna confidare pienamente anche per lui. Anzi io credo che starà lui benissimo perché l’artiglieria è più riparata. Lo vedo… domani vado in ricognizione importante.
25 Agosto 915 Ho risolto il mio compito bene. E son tornato con i dieci soldati in trincea. E’ già la mia seconda esplorazione. Ho due snrapel austriaci presi loro in trincea. Sono arrivato loro addosso. A suo tempo poi ti dirò tutto. Per ora contentati di sapere ch’io sto benone e che sono contento….Io sono tanto tanto grato pel pensiero che hai avuto pieno di opportunità e di gentilezza di pensare ai miei soldati. Appena l’ho letto loro, di quello che farai tu e quanti volenterosi e buoni ti aiuteranno, tutti i miei soldati hanno gridato di gioia, che credo gli Austriaci abbiano sentito. A loro (soldati) farà più piacere calze e pettorali, fors’anche mutande di lana. Ma specialmente cose da mangiare come salame o formaggio. Il comando ha dispensato camice di lana e buone coperte. Ne ho avute anch’io. Ne ho tre e con quelle mi copro la notte per non sentire troppo freddo. Perchè specialmente di notte abbiamo una temperatura bassissima. Perchè a 800 m. Circa c’è la neve. Nè più distante, ma più a destra sono i nemici nostri. In taluni punti si arriva ai loro reticolati in pochi minuti. Ma noi siamo al sicuro perché siamo fortificati nelle nuove posizioni in modo che potrei dire imprendibile. Noi facciamo certo una vita faticosa perché si deve lavorare molto, ma stiamo allegri, a meno che non ci manchi la nostra posta o che le artiglierie si facciano sentire troppo. Quando passano le granate del nemico i soldati motteggiano. E si ride sempre. Noi ufficiali, siamo quattro compreso il Comandante la Compagnia, abbiamo fatto la nostra mensa e si mangia in gran parte la razione che spetta ai soldati aumentata di qualche cosa che compriamo, ma con difficoltà perché si deve mandar lontano...abbiamo frutta in scatola ogni tanto e biscotti, marsala. Non ci si crederebbe nemmeno. Ma stiamo come principi. Ci siamo scavati in terra una buca che si è foderata e coperta di travi e lì dormiamo abbastanza bene….L’altro giorno son riuscito ad avere della cioccolata e me la mangio con grande ghiottoneria. Tutti i colleghi mi sono affezionati e mi vogliono bene. Sono simpatici. I soldati pure sono pieni di buona volontà, nonostante sono quattro mesi che stanno in questi luoghi. Il mio attendente è un bravissimo giovanotto e si farebbe ammazzare per me. Oltre tutto è un robusto giovane. Avrei da dirti tante e tante cose, che per ora non è possibile che tu sappia. Ma segui i comunicati e qualche cosa saprai. Dopo tutto però, sii certa ch’ io all’aspettativa del paese si compia. Così si contraccambia il bene che fanno a noi adesso coloro che sono rimasti in Paese e che non dimenticano i loro soldatini. Dico anch’io Viva l’Italia, come quando si è conquistato una trincea, con quello stesso grido di trionfo, di soddisfazione e di desiderio e che dopo quella vengano occupate tutte le rimanenti trincee del nemico perché non ci molesti più. Noi siamo in terreno austriaco da molto tempo.
Penso sempre alla nostra villetta di S. Fabiano ove passavamo giorni di calma completa. E mi immagino con che gioia torneremo tutti lì a goderci la vera pace e la tranquillità nostra.
Io cara mamma cercherò di scriverti spesso, ma non ti impensierire se non avrai mie lettere. A volte sono state ferme per 15 o 20 giorni. Ed io ho avuto la tua cart. In data 18 agosto il 23 sera. Stai bene, mamma mia, e pensa a me. Io sarò contento e starò bene sapendoti tranquilla. Bacio tanto il Babbo e Francesco e Riccardo e Carlino che divide con me la sorte della guerra….A te, mamma mia, un milione di baci e tutto il mio affetto Tuo Giovanni.
Non ho francobolli, mi spiace. Non devi pagare che 15 cent. “
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Lettera scritta da Giovanni De Bacci alla madre postalizzata tramite Posta Militare 10ª Divisione in data 27/8/15 e tassata all’arrivo ad Arezzo il 29/8/15 per 15 centesimi (collezione R. Monticini). |
Oltre alle annotazioni di carattere postale (la mancanza dei francobolli e i ritardi nella distribuzione della posta), la lettera ci introduce a tematiche quale il sostegno del Paese tramite i comitati civili volontari sorti in ogni parte, così anche ad Arezzo; offre inoltre uno spaccato della vita quotidiana della truppa al fronte e di come tutto può diventare normale anche quando non lo è.
Enrico Bettazzi
02/02/2021
BIBLIOGRAFIA
M. ISNENGHI, Le guerre degli italiani. Parole, immagini, ricordi 1848-1945, Milano, 1990.
A.GIBELLI, La guerra grande. Storie di gente comune 1914-1919, Bari, 2014.
A.GIBELLI, La grande guerra degli italiani 1915-1918, Milano, 1998.
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