Bizzarrìe dello Stivale

Bizzarrie di Sardegna

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Quei gran pasticcioni degli ufficiali postali sardi
Lorenzo Oliveri

Il Geom. Carlo Lajolo, in assoluto uno dei principali studiosi dei francobolli di Sardegna, a pag. 21 del suo monumentale volume "STATI SARDI", edito nel 1941, scriveva: "Poiché l'affrancatura d'ogni lettera non è solo in relazione alla bizzarria di chi l'ha formata o alla momentanea disponibilità dei francobolli, ma in rapporto diretto alle svariatissime tariffe in vigore in ogni singolo Stato e nelle varie epoche postali...". Durante tutto il periodo filatelico del Regno di Sardegna l'affrancatura delle lettere ordinarie, oltre ad essere facoltativa (cioè era ammesso il pagamento del trasporto, senza alcuna maggiorazione, sia da parte del mittente che del destinatario), poteva essere assolta anche versando direttamente in denaro all'ufficio postale l'equivalente della tassa o, in alternativa, applicare sulla missiva un "bollo-franco". Se la lettera veniva affrancata col francobollo (e poteva essere semplicemente "gettata in buca"), l'impiegato provvedeva alla timbratura del valore postale e tutto finiva qui. Se invece l'importo veniva versato in contante dal mittente (e pare fosse, almeno nei primi anni, il sistema preferito dalle Regie Poste, perché si "risparmiava" il francobollo), l'ufficiale postale ne annotava al retro l'importo con un simbolo numerico convenzionale equivalente ai decimi di lira pagati, e sul fronte veniva apposto il bollo P.P. (Porto Pagato). Nel terzo caso, lettera con pagamento del porto a carico del destinatario (che comunque poteva tranquillamente rifiutarsi di ritirarla), era previsto che sul frontespizio venisse indicata la tassa da pagare al ricevimento della missiva. Ecco i segni convenzionali che dovevano essere tracciati sulle lettere con porto a destino (normalmente venivano scritti a penna, ma gli uffici con maggior traffico si dotarono di identici timbri per accelerare i tempi).



Dal 1° gennaio 1858 l'affrancatura preventiva divenne obbligatoria, ma le lettere gettate in buca non affrancate non subivano alcuna maggiorazione di tassa all'arrivo, mentre dal 1° gennaio 1863 all'obbligatorietà si aggiunse la pena del raddoppio della tassazione per il destinatario.

Lettera da Genova a Rossiglione dei primi giorni del 1863, nuova tassa di 15 centesimi. Il mittente, probabilmente ignaro delle recenti disposizioni, non affrancò la missiva e il destinatario dovette pagare il doppio della tassa, 30 centesimi, 3 decimi di lira, chiaramente indicato dal "3" a tampone apposto sul frontespizio dall'ufficio postale di Genova.

Quanto sopra descritto avrebbe dovuto essere la regola di comportamento degli ufficiali postali, ma, secondo i casi di seguito illustrati (tutti ricavati da vendite on-line o da cataloghi d'asta), sembra che questi funzionari non fossero davvero così ligi ai regolamenti, come sino ad oggi sostenuto dalla letteratura filatelica.

Segno di tassazione a carico del destinatario corretto, 2 decimi di lira, per il percorso da Agliè a Torino, ma con francobollo apposto in partenza...

Segno di tassazione a carico del destinatario corretto, 2 decimi di lira, per il percorso da Chiavari a Genova, ma affrancata per 10 centesimi...

Segno di tassazione a carico del destinatario corretto, 2 decimi di lira, per il percorso da Alba a Cortemiglia, affrancata per 25 centesimi, in eccesso di 5 centesimi, e, forse per questo, l'impiegato passò sopra il fatto che i francobolli erano fuori corso da 4 anni...

Segno di tassazione a carico del destinatario corretto, 2 decimi di lira, per il percorso da Torino a Dogliani, affrancata per 25 centesimi: i francobolli erano fuori corso da 7 mesi, ma siccome l'affrancatura era in eccesso di 5 centesimi, l'impiegato chiuse un occhio o, forse, tutti e due...

Segno di tassazione a carico del destinatario corretto, 2 decimi di lira, per il percorso da Torino a Chiavari, affrancata per 25 centesimi: probabilmente il mittente non sapeva che Chiavari si trovava nei Regi Stati Sardi ed affrancò come se la località si trovasse in Francia al di là del confine. Questo costrinse l'impiegato ad aggiungere il bollo P.D. (Pagato fino a Destino) e a tentare di correggere la data nel datario in "51", visto che l'ufficio TORINO SUCCURSALE 3 aprirà i battenti solo nel 1861, e che i francobolli erano fuori corso dal 1° ottobre 1853...

Il segno di tassazione a carico del destinatario sembrerebbe "1", ma forse è un "2" mal riuscito: anche se La Rochette e Chambery sono due località abbastanza vicine non facevano parte dello stesso distretto postale (e, nel caso, la tariffa non sarebbe stata 10 centesimi, ma 5, a meno che la lettera non superasse il peso del primo porto). Comunque l'indecisione venne brillantemente risolta affrancando con un 20 centesimi, ma l'impiegato, nel dubbio, non si assunse responsabilità e preferì non annullare il francobollo; così, in arrivo, a Chambery, recuperarono dal cassetto il bollo "nodo di Savoia", ormai in disuso da 4 mesi e crearono, inconsapevolmente, una vera rarità filatelica...

Segno di tassazione a carico del destinatario corretto, 2 decimi di lira, per il percorso da Sassari a Genova, la lettera è però affrancata per 60 centesimi. Provo ad avanzare un'ipotesi, per non dare sempre la colpa agli ufficiali postali: dopo che il mittente aveva imbucato la lettera priva di francobolli si accorse di aver dimenticato di inserire diversi fogli e allora la richiese indietro e ve li aggiunse, poi, pensando che dato il peso molto cresciuto (3 porti, 60 centesimi!) il negoziante Geronimo Mongardino, genovese(!), probabilmente avrebbe respinto una missiva così cara, vi applicò lui l'affrancatura necessaria...

Di questa busta non sappiamo nulla, né la data, né la località di partenza , presumiamo sia partita dal continente, data la scritta "Sardegna", e da un ufficio di grande traffico, visto che il "2" è a tampone e non a penna. Poi una mano "pietosa", fra tanta incertezza, decise di aggiungere almeno il francobollo...

Segno di tassazione a carico del destinatario corretto, 2 decimi di lira, per il percorso da Cossato a Vinzaglio, ma, per maggior "sicurezza", qualcuno aggiunse un francobollo nell'angolo, proprio sul bordo della busta, per non sprecare l'inchiostro dell'annullo... Identica situazione per la lettera da Sommariva a Cavallermaggiore e per quella da Vercelli ad Alessandria: nel Regno di Sardegna si risparmiva anche sull'inchiostro...

Lettera da Pegli a S.Remo, tassata per "2" decimi di lira a carico del destinatario, chissà perché tassata, se già il mittente aveva applicato un francobollo di valore addirittura doppio rispetto al necessario? Una vera vessazione! Il destinatario avrà pagato gli ulteriori 20 centesimi?

Lettera da Chiavari a Genova, inizialmente tassata per 20 centesimi a carico del destinatario. Probabilmente dopo averla imbucata il mittente pensò che all'Avvocato (genovese!) era meglio spedirgliela franca e raccomandata: l'impiegato fu immediatamente d'accordo e siccome gli era rimasto sul groppone un francobollo della prima emissione da 40 centesimi, fuori corso da oltre 4 anni, e del quale non era più riuscito a disfarsene, lo schiaffò sulla busta, tirò fuori dal cassetto il vecchio bollo a rombi, che a causa dei tanti anni di inattività si era anche un po' "allungato", aggiunse il timbro con la scritta RACCOMANDATO e incrociò le dita, confidando nella ormai nota poca attenzione degli ispettori postali sardi...

Mi fermo qui, ai francobolli della prima emissione sarda: in archivio avrei altre decine di casi simili, sempre relativi a questa emissione di Sardegna, e altrettanti per le successive, ma gli esempi presentati penso costituiscano un bel campionario del pressapochismo con cui già lavoravano le Regie Poste Sarde, progenitrici delle attuali Poste Italiane...

Lorenzo Oliveri
30-11-2020