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Nati nel carcere di Opera i francobolli "Natale 2018" del Vaticano, il 9 novembre saranno tenuti a battesimo dall'Arcivescovo Delpini |
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di Danilo Bogoni |
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Sono nati tra gli ultimi, i dimenticati – i prediletti da papa Francesco - della casa di reclusione di Milano Opera, carcere di massima sicurezza, i due francobolli ai quali il Vaticano ha deciso di affidare il compito di far giungere in ogni dove gli auguri di un Natale di pace e di fraternità. Opera di Marcello D’agata, settant’anni, chiamato a scontare l’ergastolo ostativo, fine pena mai, quindi. “Affidare la realizzazione dei francobolli di Natale a Marcello D’Agata – assicura Mauro Olivieri, direttore dell’Ufficio filatelico del Governatorato della Città del Vaticano - è stato un segno di speranza, fiducia e fede nel prossimo e nella sua possibilità di comprendere il male fatto e di recuperare. Sono proprio gli ultimi degli ultimi quelli che, secondo l’insegnamento di Gesù, meritano maggiormente la nostra attenzione.” Ed è nella minuscola cella di 4,5 x 3 metri, al piano terra della sezione Alta sicurezza trasformata, per decisione del direttore Giacinto Siciliano e confermata dall’attuale responsabile Silvio Di Gregorio, in “atelier” d’arte, che le immagini proposte attraverso i due francobolli, con valori rispettivamente da 1.10 (lettere e cartoline a destinazione interna) e 1.15 euro (per plichi diretti in Europa e nel Bacino del Mediterraneo), hanno preso forma. Non solo. E’ nella Casa di reclusione di Opera – e non poteva che essere così - che verranno tenuti a battesimo, venerdì 9 novembre. Officiante d’eccezione, l’arcivescovo Mario Delpini. Oltre che nel tradizionale foglio da 10 esemplari, due francobolli sono distribuiti anche attraverso libretto venduto a 4.50 euro, in quanto contiene, posti alternativamente due esemplari di ciascun dentello. In copertina, e anche nell’annullo Giorno di emissione del 6 novembre, due candele prese dal dipinto con la Madonna e il Bambino. “Una accesa, l’altra spenta. Rosso è il colore, perché indice di festività. Gesù Luce – sottolinea Marcello D’Agata -, illumina i cuori di crede in Lui. La candela spenta, segnala invece il buio di chi vive nel peccato. I colori tutt’intorno vivacizzano e si intonano alle singole figure. A suggerirmi questa rappresentazione è stato il cuore”. Dopo le tele dalle grandi dimensioni donate a papa Francesco, i dipinti per i due francobolli vaticani. Realizzati in dimensioni più contenute, ma ancora una volta valorizzando i messaggi rappresentati.
A cominciare dalla “Annunciazione” con l’Arcangelo San Gabriele raffigurato in alto a destra, “inviato dall’Eterno Padre. Di poco sotto, la figura della Vergine pensosa e meravigliata, si concede all’enormità dell’Annuncio: ‘Avvenga di me quello che hai detto’. Nella rappresentazione c’è anche il giglio, simbolo della verginità di Maria e, ancora in alto a sinistra, la colomba, segno dello Spirito Santo che porta la pace di Dio all’umanità, operando in Maria il dono della maternità”.
Nella Natività, tema dell’altro francobollo, “Dio si fa bambino per salvarci. In un gesto di materna dolcezza, Maria stringe al petto Gesù bambino. La sua guancia preme sul capo del bambino, come a voler trasmettere calore e un amore infinito. Entrambi, Madre e Figlio, hanno gli occhi chiusi, come se si fossero appena assopiti. In alto, una cometa illumina e segnala col la sua scia luminosa la nascita di Gesù Bambino; che:’per noi uomini discese dal cielo’. Cielo su cui si adagia e scalda Gesù Bambino”. Non manca l’annullo postale destinato a registrare nell’anagrafe filatelica della Città del Vaticano i due Buon Natale a firma di Marcello D’Agata. In uso il 9 novembre nella Casa di reclusione di Opera propone l’immagine di San Giuseppe Cafasso, come San Giovanni Bosco nato a Castelnuovo d’Asti (ora Castelnuovo Don Bosco), che condivise le ore estreme con i condannati a morte e operò tra i carcerati I quali, come ricordò Benedetto XVI, “nella Torino ottocentesca vivevano in luoghi disumani e disumanizzanti. Anche in questo delicato servizio, svolto per più di vent’anni, egli fu sempre il buon pastore, comprensivo e compassionevole: qualità percepita dai detenuti, che finivano per essere conquistati da quell’amore sincero, la cui origine era Dio stesso”. Dal 9 aprile 1948 è, per decisione di Pio XII, patrono delle carceri italiane.
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