L’ITALIA AL LAVORO. LA PITTORICA D’ITALIA
di Danilo Bogoni e Andrea Malvestio
Poste Italiane, Roma 2000
pagine 88 con illustrazioni in bianco e nero ed a colori.
Prefazione a cura di Franco Filanci
L’idea era perfetta. Concettualmente, graficamente, postalmente. E anche da un punto di vista pratico: procurarsi in modo lecito quasi 400.000 lire in quel primo scorcio del 1945 non era impresa da tutti. Basta guardare quell’unico bozzetto di cui è rimasta traccia, con la vendemmiatrice sullo sfondo di Castel del Monte, per capire che dietro c’è non solo l’artista,
ma anche il professionista e un esperto della comunicazione. E comprendere l’intelligente strategia creativa che è alla base della proposta che Corrado Mezzana inviò sotto il motto “L’Italia al Lavoro”. Primo, dopo tanti anni di re, di imperatori, di simboli e allegorie, far emergere finalmente la gente, la gente comune, la gente onesta che lavora. Ecco la vera libertà e democrazia, tema del concorso: la realtà d’ogni giorno, di un paese non più in guerra. Dopotutto il neorealismo era nell’aria, e dal cinema poteva entrare anche nei francobolli. Secondo, avere come sfondo alla gente un’immagine altrettanto vera dell’Italia, quella più bella, da far conoscere al mondo. Come avevano fatto i francesi, e gli americani e tanti altri, ma in modo meno sfacciatamente promozionale. Quel patrimonio paesaggistico, artistico, storico così abbondate in ogni regione d’Italia, che fino ad allora era stato sepolto da tonnellate di retorica, facendo capolino solo sulle cartoline postali del ventennio, ma in coda alle opere del regime! Terzo, dargli il formato giusto: un po' più grande del solito ma non troppo, perché fossero maneggevoli. Quello della serie Impero, per intenderci, che proprio il Mezzana aveva disegnato. Quarto, usare diciture finalmente grandi, ben visibili, molto leggibili. Ai lati, per consentire alla vignetta di sfruttare tutta l’altezza disponibile. L’idea era perfetta. E piacque subito: al pubblico. Giuria e burocrazia preferirono i simboli, le allegorie, il déjà-vu, come al solito, più rassicuranti. O forse avevano capito che era una serie “chiusa”, inadattissima in un momento d’inflazione galoppante che avrebbe reso subito obsoleti alcuni valori e ne avrebbe richiesti di nuovi a non finire! Cinque anni più tardi, a lira più stabile, ci ripensarono. E la vollero migliorare, offrendole le spazio maggiorato dei francobolli speciali: aerei, espressi, commemorativi. Così la rovinarono un po', rendendola più pittorica, più hollywoodiana (anche nel senso di divulgare la stessa Italia falsamente rural-folkloristica dei film americani), più scomoda da usare. Infatti durò ben poco da sola, e in tutto neppure otto anni. Ma furono otto anni in cui la posta fu non solo affrancata, ma anche rallegrata dai francobolli. Otto anni che ritroviamo nelle nostre collezioni con pezzi che sanno di buono, di spazi aperti, di genuinità, della bonaria semplicità di Don Camillo e di Pane, amore e fantasia! Anzi, quella ragazza fra le arance di Sicilia non sembra proprio la bersagliera Gina Lollobrigida?
Indice degli argomenti
Premessa; l’idea; l’autore; la serie; gli inediti; i valori facciali; gli incisori; la stampa; il retino; i colori; la filigrana; la dentellatura; i decreti; le tariffe; gli usi postali; i perfin; l’Italia al lavoro usata come segnatasse; l’Italia al lavoro con scadenziario; l’Italia al lavoro AMG-FTT; i definitivi commemorativi di Trieste; le buste primo giorno; l’Italia al lavoro in mostra.
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