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IL CASO BARBIÈ…
Un mistero risolto?

Laurent Veglio

I cultori ed i collezionisti di storia postale piemontese del periodo napoleonico conoscono il carteggio Barbiè per una ragione ben particolare che presenteremo in questa cronaca, provando poi a proporre una spiegazione razionale al quasi mistero che finora l’avvolge.

Carte générale du département du Pô (1808, Bibliothèque Nationale de France), particolare

Pietro Barbiè era un famoso stampatore il cui padre, anch’esso stampatore, si era stabilito nella città piemontese di Carmagnola, antico centro di stamperia almeno dal '400. Al giorno d’oggi, il museo tipografico “Rondani” ricorda questa tradizione e, visitandolo, si può trovare una vetrina dedicata all’opera editoriale della famiglia Barbiè:


Editore di libri di letteratura, di religione, di scienza, nonché di manifesti vari, Barbiè tratteneva una corrispondenza non trascurabile con i suoi clienti e fornitori. Sappiamo che, in questa epoca, la maggioranza delle lettere erano spedite in porto assegnato, cioè col pagamento del porto effettuato dal destinatario. Gran parte delle lettere indirizzate a Barbiè seguono dunque questa regola:


Per la prima lettera da Cuneo pubblicata sopra, Barbiè pagò 3 décimes e per la seconda, impostata a Fossano, due décimes.

Però, il carteggio Barbiè si caratterizza dal fatto che una proporzione non trascurabile di queste lettere erano visibilmente consegnate allo stampatore franche di porto: non troviamo la cifra della tassa postale, ma un tratto obliquo o una croce che ne sbarra la soprascritta…

La legislazione postale francese relativa al diritto di franchigia e di contrassegno era stata stabilita dai decreti 27 pratile anno 8 [16 giugno 1800] e 15 brumaio anno 9 [6 novembre 1800], vigenti nei nuovi dipartimenti “francesi” del Piemonte dal 29 termidoro anno 9 [17 agosto 1801]. Il nostro lettore potrà verificarlo con i testi originali in francese ed in italiano:
https://lveglio.monsite-orange.fr/page-6175999f0894f.html, due privati che si scrivono devono pagare il porto della loro corrispondenza, in partenza, raramente, o in arrivo, il caso il più frequente come abbiamo detto.

Una piccola ricerca sul web ci da conferma della peculiarità del carteggio Barbiè. Su 16 lettere censite (con un po’ di pazienza si potrebbe sicuramente trovarne di più, e certi lettori ne avranno nella loro collezione), abbiamo 6 lettere (38%) consegnate allo stampatore si presentano senza segno visibile di tassazione:


Luogo d’impostazione / porto assegnato / porto pagato / franche


La cosa più difficile è ora di trovare una spiegazione razionale a queste franchigie indebite… Lla scoperta di due documenti ci ha permesso di proporre un’interpretazione plausibile, senza però la sicurezza della sua assoluta veridicità.

Il primo documento è l’involucro di una lettera indirizzata al figlio del nostro stampatore, con la precisazione della sua funzione: impiegato alla posta-lettera di Carmagnola!

La regolamentazione francese prevede che le lettere di servizio indirizzate agli impiegati della posta-lettera siano consegnate in franchigia. Le varie Instructions pour le Service des Postes del 1792 e del 1808 lo precisano, e ne abbiamo trovato un ricordo del 4 ventoso anno 10 [23 febbraio 1802] in uno dei registri delle Délibérations du Conseil des postes [Archives nationales, AN/F90/20032]:

E’ però precisato che la non tassazione, o la detassazione per una lettera tassata nel suo percorso, avviene dopo esame dal capo di servizio…

Ora abbiamo una prima certezza: Barbiè figlio faceva godere a suo padre della franchigia, a lui riservata, per le sue lettere di servizio. Già una doppia colpa infatti!

Rimane una seconda domanda: perché il direttore dell’ufficio di Carmagnola permetteva a uno dei suoi impiegati di ricevere, franche di porto, le lettere indirizzate al padre?

Più di due secoli sono passati e il nostro scopo non è di portare accuse al direttore dell'ufficio postale, ma un secondo documento: il testo di una lettera, può farci dubitare del suo grande rigore professionale…

L’Almanach du département du Pô ci permette d’identificare la persona, il signor M. Clerici:

La lettera a lui indirizzata è impostata da un amico a Cherasco nel mese di maggio 1808, e consegnatogli franca di porto. Abusivamente, in quanto il testo tratta di affari personali e commerciali…

Leggiamone il testo:

il corrispondente di Clerici, cioè di un direttore d’ufficio postale garante dell’applicazione delle regolamentazione nel suo circondario, l’informa che consegna regolarmente vari documenti direttamente al corriere delle poste per evitare di pagarne il porto!

Questo è formalmente vietato da tutti i regolamenti: i corrieri delle poste non possono trasportare lettere, valori e oggetti per conto loro. Ecco gli articoli delle “Istruzioni” del 1792 e del 1808:


 

Sono le confidenze, naturali e spontanee, contenute da questa lettera che ci hanno fatto dubitare dell’onestà professionale del Clerici… atteggiamento che, allora, lo avrebbe spinto ad accettare l’espediente del Barbiè… Ecco la nostra ipotesi.

Come concludere quest’indagine?

Con umiltà!

Due secoli sono passati, e ben temerario sarebbe chi pretenderebbe aver risolto con certezza questo mistero.

Il meglio sarà di richiudere il file dell’Affaire Barbiè.

 

 

 

Laurent Veglio
23-11-2022 

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