Dopo la battaglia di Marengo ed il Trattato di Luneville la presenza francese in Italia divenne stabile.
Ripresero pertanto anche le attività inerenti gli uffici postali di Francia in Italia ed in particolare, per decreto del Consolato, fu ratificata la riapertura delle Poste Francesi a Roma a partire dal 29 maggio 1801.
Questo importante ufficio, dotato di specifiche bollature, reintrodusse il vecchio bollo lineare ROME in uso dal 1793, ma ormai visibilmente usurato dall’intensivo utilizzo.
Dal 1802 entrò in servizio una nuova tipologia di bollo per contraddistinguere le lettere inoltrate in porto dovuto, recante la dicitura “BUREAU FRANCAIS ROME” disposte circolarmente. Un simile timbro, recante la dicitura “PP” era invece destinato alle rare lettere inoltrate in porto pagato.
Moltissima corrispondenza venne bollata con il porto dovuto circolare, prima di essere affidata al servizio dei corrieri francesi per essere recapitata in Francia o in località disposte sulla rotta postale. Il bollo fu utilizzato sino al 1809, coprendo un arco temporale di grandi mutazioni politiche, caratterizzato dal passaggio dalle repubbliche democratiche alla costituzione dei dipartimenti francesi d’Italia: quelli umbro-laziali furono gli ultimi ad essere decretati. Seguono alcuni esempi di utilizzo del bollo di porto dovuto dell’ufficio francese di Roma su corrispondenza indirizzata in Liguria.
|
Fig. 1 |
In fig.1 viene riportata una lettera datata Napoli 17 agosto 1805, indirizzata a Genova e transitata presso l’ufficio francese di Roma. Reca la bollatura nera “BUREAU FRANCAIS ROME” e non compaiono grafici di tassazione. Fu presa in carico dal corriere di Francia a Roma e consegnata all’agente della posta francese di Genova. Questi passò per competenza la lettera all’ufficio ligure per la distribuzione in città (a breve gli uffici francese e ligure saranno accorpati nella Posta dipartimentale di Genova, attivata il 23 settembre 1805). Il bollo “R*F” (dal significato “Redevance Francaise”) dimostra il rimborso che la posta ligure attuò nei confronti del servizio postale francese che effettuò il trasporto.
|
Fig. 2 |
In fig.2 viene riportata una lettera datata Roma 5 ottobre 1805 indirizzata a Genova ed impostata direttamente presso l’ufficio francese di Roma. Reca la consueta bollatura nera “BUREAU FRANCAIS ROME” e la tassa di 4 décimés prevista a tariffario come lettera di I porto. Tuttavia, ad un controllo, il peso risultò di 8 g, per cui la tassa iniziale venne annullata e sostituita con 6 décimés, corrispondente allo scaglione di peso tra 8 e 10 g. Giunta a Genova la tassazione francese fu riconvertita in soldi liguri, valuta monetaria ancora circolante nel primo periodo dipartimentale ed accettata (per decreto) ad un tasso di cambio assai sfavorevole per il destinatario, che versò 13 soldi, come deducibile dall’annotazione manoscritta.
|
Fig. 3 |
La fig. 3, relativa ad una lettera datata Roma 21 febbraio 1807 indirizzata a Savona, risulta esemplificativa dell’integrazione del servizio dei corrieri francesi con le poste dipartimentali. Il bollo della Poste Francesi di Roma fu apposto su una lettera tassata 6 décimés secondo il tariffario del 24 aprile 1806, che presenta il bollo di entrata “ROME PAR GENES”. L’ufficio di Genova provvide ad inoltrare la lettera con il servizio ordinario da Genova a Savona, dove pervenne il 28 febbraio (dal datario di arrivo savonese al verso).
|
Fig. 4 |
Infine si presenta la fig. 4, spedita da Frascati il 6 maggio 1809 ed indirizzata al Golfo della Spezia con instradamento del mittente a Genova. La lettera presenta l’impronta “FRASCATI” caratterizzata da una forte diluizione dell’inchiostro. Il Gallenga lo classifica come bollo di distribuzione postale, noto nel 1813/1814, dichiarando di trattarsi del “solo bollo napoleonico di una distribuzione postale”.
L’anticipazione della data di uso del lineare di Frascati fa ricondurre l’introduzione del bollo al periodo immediatamente precedente la costituzione del Dipartimento del Tevere (decreto del 17 maggio 1809) e l’effettiva annessione dello Stato Pontificio (17 febbraio 1810). Pertanto ritengo trattarsi di un bollo pre-dipartimentale, spiegando così la bollatura d’inoltro. Successivamente la missiva fu lavorata dall’ufficio francese di Roma, che impresse il bollo di porto dovuto in transito e contabilizzò la tassazione, pari a 7 décimés per 6 g di peso. Dal bollo di entrata “ROME PAR SARZANE” si desume che la lettera non fu appoggiata a Genova, come indicato dal mittente, bensì fu consegnata all’ufficio di Sarzana, competente per La Spezia, che provvide al recapito al destinatario nell’ambito del Dipartimento degli Appennini.
Il 1809 rappresenta l’ultimo anno di utilizzo del bollo di porto dovuto “BUREAU FRANCAIS ROME”, ormai leggermente usurato dall’intensivo utilizzo, come peraltro deducibile dall’impronta di fig. 4. Fu pertanto sostituito con un nuovo lineare “ROME” utilizzato sino al giorno dell’introduzione del dipartimentale “116 ROME”, avvenuto, secondo l’Ohnmeiss, nel pomeriggio del 10 marzo 1810.
Non si hanno più notizie del timbro ritirato, salvo il fatto che la letteratura (Chase e Lenain) cita un suo riutilizzo, probabilmente casuale, nel periodo provvisorio di Murat nel 1814.
Come consuetudine, con la Restaurazione, i timbri furono ritirati e le matrici disperse o distrutte. Viene infatti difficile ipotizzare una loro restituzione alla Direzione Generale delle Poste di Parigi, sia per il tramonto dell’astro napoleonico, sia per le vessazioni e la prigionia subita da Pio VII, che determinò una particolare avversione dello Stato Pontificio nei confronti di ogni richiamo all’antico regime.
Personalmente ritenevo completa la conoscenza relativa a questo bollo prefilatelico, peraltro di agevole rintracciabilità sul mercato antiquariale, il cui utilizzo postale è simile alla maggioranza dei timbri del periodo napoleonico.
Invece è accaduto un fatto sorprendente, che ha motivato il presente articolo.
Recentemente in Lussemburgo (ritengo di iniziale provenienza francese) è stato esitato sul mercato numismatico un significativo numero di matrici di sigilli e/o bolli di identificazione di ottima manifattura, attribuibile, a mio parere, all’Officina Generale delle Poste di epoca napoleonica o di poco antecedente.
Con stupore ho notato che fra la moltitudine di matrici ve ne era una di accertato uso postale, proprio il bollo “BUREAU FRANCAIS ROME”, illustrato in fig. 5.
|
La piastrina metallica incisa con accuratezza è fissata con due rivetti e due forellini in predisposizione ad un blocchetto circa cubico di lato 23 mm di legno massello. Pertanto non montata sul supporto d’uso, ma predisposta per essere smontata e successivamente collocata nella corretta sede nella testa dell’impugnatura.
L’esame del reperto non lascia dubbi circa la genuinità di datazione, tuttavia all’occhio di uno storico-postale non sfuggono alcuni particolari:
- Il primo è relativo alla complanarità dei margini delle lettere incise, che non fanno palesare un’usura compatibile con le impronte generate nel 1809, ossia dopo sette anni di utilizzo intensivo
- Il secondo è la presenza di un punto dopo la “S” di “FRANCAIS”, mai osservato nelle impronte esaminate, la cui scomparsa, a maggior ragione, poteva essere conseguenza dell’usura.
La conclusione è che la matrice rappresenta un duplicato, molto simile all’originale, ma non identico, stante le piccole immancabili differenze di un prodotto manufatto.
Come ben noto ai collezionisti di bolli napoleonici, soprattutto per i grandi uffici postali, sono noti sottotipi di timbri. La catalogazione dei diversi sottotipi è evidente per i porti dovuti, le cui impronte in alcuni casi risultano tra loro assai simili, in altri casi differiscono dimensionalmente.
Nel caso specifico le dimensioni tra le impronte riscontrate su lettere e quelle ricavate dalla matrice sono coincidenti, salvo le osservazioni sopra riportate.
In conclusione le ipotesi di Ohnmeiss potrebbero trovare un riscontro: infatti Egli asseriva che i timbri provenivano dall’Officina Generale delle Poste (salvo alcuni sporadici casi di manifattura locale), dove venivano realizzate matrici e conservate copie. Queste, a cura della Direzione Generale delle Poste di Parigi, erano pronte a sostituire le matrici in uso negli uffici dell’Impero nei casi di rottura, smarrimento o eccessiva usura.
BIBLIOGRAFIA
E. P. Ohnmeiss, Metodi e bolli postali napoleonici dei dipartimenti francesi d’Italia – storia e catalogazione, P. Vaccari Editore, 1989.
M. Gallenga, I bolli di Roma dalle origini al XX settembre 1870, Edizioni Studi Filatelici Italphil, 1980.
M. Gallenga, I bolli del Lazio dalle origini alla fine del XIX secolo, Edizioni Studi Filatelici Italphil, 1976.
C. Chase, L. Lenain, Les Bureaux Francais à l’étranger du XVI siécle à 1817, Edizione degli autori, Valence 1961.
Pietro Giribone
19-07-2021
|