Ancora una volta (ed è la terza), una grossa partita di ordinari usati, su frammento, mi ha indotto ad alcune riflessioni su rotture e difetti sempre più frequenti. Il fatto è che, nelle mie due precedenti riflessioni, avevo potuto esaminare una grossa partita di ordinari usati, lavati, e circa 700 commemorativi su frammento. Questa volta mi sono invece capitate tra le mani alcune migliaia di “donne nell’arte” su frammento ed io, invece di passare direttamente al lavaggio, per ridurre la quantità di carta a mollo, ho cominciato a rifilare i margini dei frammenti (ed eliminare il retro della busta, regolarmente presente. D’altro canto i francobolli su frammento si vendono a peso!). E’ vero che, per il fatto che sono incollati su carta bianca, individuare rotture e difetti di dentellatura è molto difficile, anche se non impossibile, ma le piegature si vedono tutte. E, infatti, man mano che spulciavo la gran massa che mi stava davanti, cominciai a rendermi conto che i francobolli, con angoli piegati in modo più o meno appariscente, erano veramente troppi. Possibile che fossero capitati tutti a me? Possibile che ci fosse stata tanta gente distratta che, nell’appiccicare il francobollo sulla busta, lo avesse fatto in modo tanto maldestro da piegare regolarmente gli angoli? Poi, insospettito, e mettendo da parte questi che sono, purtroppo, francobolli difettosi, cominciai a notare che il 99% di essi era annullato da bollatrici meccaniche, alcune dei CPO e dei CMP, altre da agenzie di base o semplicemente di grossi centri. La provenienza era concentrata tra le Venezie, la Lombardia e l’Emilia ma la percentuale più elevata di casi era data solo dalla concentrazione della posta nei megacentri, come ormai è prassi corrente negli ultimi anni. Altra cosa notata fu che una buona percentuale (quasi il 20%) degli angoli era stata piegata certamente prima della bollatura, vista che quest’ultima colpiva il retro del francobollo ed infine che quest’ultimo risultava spesso quasi strappato nel punto in cui la piega incontrava (lungo il lato verticale) la dentellatura, come se la piega stessa si fosse verificata in modo improvviso e violento. Mettendo insieme le cose non ci voleva un grosso spirito d’osservazione per identificare la comune causa di tanta difettosità. La mia memoria andò, quasi in un lampo, a certi telegiornali degli anni ’70 e ’80, quando i ministri delle poste, ancora statali, inauguravano grandiosi impianti, capaci di bollare e smistare, grazie ai lettori ottici, decine di migliaia di pezzi l’ora. E questi impianti, o alcune parti di essi, eravamo stati bravi a venderli anche all’estero, tanto che la Elsag, maggiore produttrice del settore, aveva ricevuto anche l’onore di un francobollo. Quello che in ogni modo ricordavo meglio, era lo sfrecciare velocissimo delle lettere attraverso degli istradatori a nastro, come dei treni sui binari con gli scambi. A questo punto era chiaro cosa fosse successo. Le lettere, svuotate dai sacchi e pigiate nei cesti d’ingresso, vengono rapidamente drizzate e avviate su un primo nastro verso le bollatrici. In questa fase, se gli angoli dei francobolli non sono ancorati più che saldamente alla busta, possono piegarsi per frizione e ricevere il bollo parzialmente sul retro. Dopo la bollatura, l’istradamento, velocissimo, eseguito dal lettore che codifica il numero di codice postale e l’indirizzo, provoca successivi disastri in quei francobolli che, sempre male incollati, hanno superato il primo ostacolo. La velocità e l’urto con i lati di altri oggetti postali possono provocare quei microtraumi di cui si è parlato prima. Se poi i francobolli sono appena attaccati alla busta, le pieghe possono essere plurime, cioè verificarsi più volte nell’arco della lavorazione con risultati facilmente immaginabili. La velocità deve essere tale che si piegano persino i soli dentelli d’angolo e, addirittura, i singoli dentelli laterali se per caso combaciano con l’inizio delle “onde” della rulletta bollatrice, il che fa sorgere anche il sospetto che la sporgenza del corpo bollante sia mal regolata, provocando anche altri traumi da bollatura (ad esempio, eccessiva pressione delle lettere e dei numeri dei timbri che generano segni evidenti sul rovescio e, qualche volta, tagli).
In ultima analisi, e suddividendo grossolanamente i francobolli difettati in categorie, avremo: piegature avvenute prima della bollatura, durante e dopo, con un’ulteriore suddivisione, per quest’ultima categoria, tra i piegati o i piegati con lieve strappo e gli accartocciati.
Ho costatato anche che il numero dei piegati, in questi ultimi anni, è cresciuto in modo esponenziale. Le spiegazioni possono essere almeno tre: una minore cura nelle varie fasi delle operazioni di bollatura e smistamento, dovuta all’accresciuto volume della posta da lavorare dopo la concentrazione forzata della stessa nei grandi centri di raccolta; una minore cura da parte dell’utenza nell’attaccare (con la colla in dotazione) i francobolli alla busta, quasi che questi ultimi fossero considerati sempre più dei reperti di un passato remoto che deve scomparire (comportamento favorito dalle stesse poste che hanno rarefatto l’uso del francobollo comune o commemorativo grazie a tp-label, ad autoadesivi, a posta target, etc.); un numero quindi molto più contenuto di francobolli, di qualunque tipo, che affluiscono sul mercato e che dovrebbero alimentarlo.
Paradossale (ma non tanto) appare quindi che, mentre il numero delle emissioni, il facciale delle stesse e la quantità complessiva dei francobolli tende a crescere, questi ultimi si vedono in giro sempre meno e, certamente meno, affluiscono sul mercato. Non si comprende bene a questo punto a cosa servono la “divisione filatelia”, i progetti insulsi di francobolli a tiratura limitata (tipo quello per i diciottenni o libretti Montecitorio), di tipo smaccatamente commercial-speculativo, se poi la base popolare della filatelia non si allarga in modo consistente. Sono anni ormai che il mondo del collezionismo (o almeno la sua parte più sana) chiede una riduzione delle emissioni con la soppressione dei facciali troppo alti, una capillare distribuzione negli uffici postali e tra le tabaccherie, una riduzione allo stretto indispensabile di macchinette più o meno affrancatrici, la soppressione dei francobolli ordinari autoadesivi, ma fino ad ora non si è ottenuto nulla, le poste da
quell’orecchio non ci sentono.
A questo punto se proprio volessimo tracciare la figura del buon utente postale (buono, ovviamente, per i filatelici) dovremmo immaginare una persona che affranca le lettere da sé, non usa colle strane, ma ancora bene il francobollo alla busta grazie al collante naturale, che compra i francobolli in piccoli blocchi e che li stacca tra loro piegandoli più volte lungo la dentellatura, che chiede, se possibile, francobolli commemorativi e che, in caso di servizi accessori (raccomandate, assicurate), si presenta alle poste con la corrispondenza già affrancata, in tariffa esatta, e con tutti i modellini necessari, già compilati.
Ma…. quello che ho descritto è ormai solo un filatelico.
Tripla piegatura avvenuta prima della bollatura. Sul francobollo da 0,41 e su una delle due del secondo da 0,02 il bollo è ben visibile, ma visibile è anche l’angolo piegato in basso a destra sempre del secondo valore da 0,02
Verona CMP ha bollato l’angolo, piegato due volte, di questo francobollo a doppio valore.
Una vera galleria degli orrori frutto di pieghe che si sono generate prima della bollatura. Gli uffici, tutti CMP o CPO, sono quelli di Piacenza, Ravenna, Bologna e altri due non meglio identificati. Nel caso di Piacenza non si è trattato di una piega ma di uno strappo tanto vistoso da deformare l’immagine.
Ancora sei esemplari piegati, prima della bollatura, da accidenti meccanici. Quattro gli uffici identificabili: Bologna, Imola, Brugherio e Pergine Valsugana; due non identificabili che hanno generato una doppia piega prima della bollatura. Piega normale e piega con strappo dall’ufficio di Brugherio e doppia piega (quella di sinistra verificatasi forse dopo la bollatura) da quello di Imola.
Un’ultima carrellata di pieghe, in questo caso, successive alla bollatura. Le prime tre immagini si riferiscono a pieghe singole, la quarta a una doppia, le tre successive, a differenti ingrandimenti, a tre pieghe con strappo. La nona e la decima sono due evidenti esempi di abrasione da trascinamento (si noti il ricciolo che ha asportato la parte superiore delle lettere IT, e, a fortissimo ingrandimento, lo strappo lungo la dentellatura, nell’immagine successiva). Le ultime due figure mettono bene in evidenza due esempi di accartocciamento con, nel caso dell’ultima, tre piegature sovrapposte.
|