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Il “déboursé” fiorentino della restaurazione

di Luigi Impallomeni

Oramai è a tutti ben noto che furono i funzionari postali francesi di Monsieur Dauchy a introdurre nel 1808 a Firenze il concetto del “déboursé”, ovvero dello scarico contabile di una tassa. L’operazione veniva curata da un “controllore” poiché al direttore dell’ufficio, responsabile degli importi da introitare, non era consentito di ridurre a se stesso del denaro segnato sulla “recette”, ossia del conteggio Dare-Avere del proprio ufficio postale.
Il “déboursé” doveva essere attuato in casi ben specificati dal Regolamento delle Poste francesi, studiati e già pubblicati dall’amico Edoardo P. Ohnmeiss. Esso richiedeva la seguente procedura:

- sul fronte della lettera. Al recto, doveva essere scritto: “Vois au dos” (vedi al verso);
- al verso, invece, scritta la motivazione: “Pour son addresse” (se l’indirizzo era errato), oppure “Refusée pour la taxe” (rifiutata perché tassata);

Sotto queste scritte veniva impresso il timbro dell’operazione del “déboursé”, il quale durante il periodo Dauchy presentava la dizione “DEBOURCES” con l’accento circonflesso sulla prima E ed accento acuto sulla seconda. Poi, durante il periodo dipartimentale francese fu utilizzato un timbro, fornito dall’Atélier des Postes di Parigi, il noto “DEB 112 FLORENCE”.
Dopo la caduta di Napoleone e quindi dopo la cessazione dell’occupazione francese della Toscana, i funzionari postali della Restaurazione Granducale si comportarono in maniera del tutto personale e disorganica. Nel caso di una lettera non recapitabile per uno dei due motivi sopra enunciati, troviamo sul frontespizio le indicazioni “Ridato”, “Respinto”, “Rimandato” però al verso nessuna specifica bollatura, al massimo il motivo della restituzione.
Recentemente sono entrato in possesso di un interessante “déboursé” granducale del 1825. Si tratta di una lettera del Magistrato Supremo di Firenze, scritta il 28 novembre su carta da bollo di soldi 6.8 e spedita, insieme ad uno stampato, al Podestà di Radicondoli. Dato il sovrappeso la tassa fu di 10 crazie, importo che vediamo segnato al centro della lettera. Però il Podestà si rifiuta di pagare la tassa, non dissigilla la lettera bensì al suo verso scrive “Si ritorna al Controsegno per essere affrancata”.

E qui abbiamo una prima dimostrazione che discende da questo istruttivo documento: la qualifica dei mittenti, riportata in basso a sinistra delle lettere, veniva proprio definita “Controsegno” (o anche “Contrassegno”) una definizione spesso contestata da impreparati collezionisti, i quali erroneamente la riferiscono al significato dei nostri giorni. Una seconda dimostrazione, che all’epoca la tassa veniva espressa in Crazie, ci è data dalla scritta “Crazie Dieci” che vediamo inframmezzata dal simbolo grafico della Crazia. Al recto questa lettera ci offre altri utili testimonianze. Poiché al verso non fu impresso alcun bollo per l’operazione (granducale) del “déboursé”, in alto e proprio al recto troviamo il motivo della rispedizione riportato dal funzionario postale di Radicondoli: Rigettata (un ulteriore, nuova definizione!) per mancanza di affrancatura Dal Mittente di Radicondoli li 14 Xbre 1825 (breve osservazione: qualcuno confonde il segno X associandolo al mese di ottobre –10° mese dell’anno- invece X sta per DEC(embre)).

La lettera ritorna pertanto a Firenze, allo scopo di essere affrancata. Come risulta dal datario fiorentino, impresso al verso, il rientro avviene il 13 DICEMBRE. Dopo aver versato il corrispettivo all’ufficio postale, questi provvede ad annullare con un tratto di penna il segno di tassa, ad imprimere il timbro di P(orto) P(agato) e a segnare, in alto a sinistra, la piccola cifra 10. E questa è un ulteriore prova che le piccole cifre segnate in quella posizione non indicavano più, come al tempo dei napoleonici, il peso della lettera bensì il porto che era stato preventivamente assolto dal mittente.
La lettera rientra quindi a Radicondoli, come è dimostrato dal bollo datario di Siena, in colore rosso e impresso in transito 14 DICEMBRE. Se ne deduce che la reazione dell’autorità fiorentina fu rapidissima e velocissima la riconsegna della missiva. Nel complesso ci troviamo di fronte ad un istruttivo esempio di un servizio postale molto efficiente e di un metodo postale che aveva lasciato una positiva traccia della sua validità, a quasi due decenni dalla sua introduzione.

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