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Il “morbo colera” e la Lombardia orientale nel secolo decimo nono in un documento
Eugenio Priola

Il colera è endemico nel subcontinente indiano, ma genera “ondate” di pandemia anche in occidente.

Verso gli anni Trenta di due secoli fa arriva in Italia, dopo essere passata dalla Francia (già infetta nel 1832), malgrado un cordone sanitario steso dal Piemonte.

Nel luglio 1835 il cordone sanitario è violato da un probabile contrabbandiere ed arriva nel cuneese e torinese. Torino crea 4 lazzaretti mentre il morbo arriva anche a Genova, sempre in tale anno.

Dopo un qualche allarme a Brescia nel 1831, con le autorità che emanarono misure profilattiche molto severe, il morbo arrivò nel bresciano nell’aprile del 1836, usando come via di diffusione la valle dell’Oglio.

Verso sud si spinse a Livorno e Firenze, mentre un commerciante genovese, in barca sul Po, lo portò sul delta, per cui contagiati anche Venezia, Trieste e la Dalmazia.

Tutta l’Italia, da nord a sud, ne fu coinvolta, arrivando in Puglia, nel Pontifico, in Sicilia, persino a Malta. Solo le Isole Elba e Sardegna furono risparmiate, almeno in questa ondata.

Dai documenti disponibili in tutto il Bresciano furono colpite circa 21.000 persone di queste, guarite 11.000 e morte 10.000.
Ovvio che anche la Bergamasca, la Valtellina e la provincia di Sondrio subirono la stessa sorte.
In tale provincia, nell’estate del 1837, ne morirono più di 300. In Brescia città si ebbero più di 1600 morti.

Ma il morbo non si esaurì in tali anni: si presentò successivamente nel 1865, nel 1873, nel 1884, e continuò ad ondate sino al 1917, momento della “famigerata” spagnola – che però era “solo” una pandemia influenzale - che provocò milioni di vittime nel mondo.

Per illustrare l’atmosfera che si respirava allora nella bassa bresciana si presenta un documento reperito e la sua trascrizione.
Si tratta di una lettera partita da Chiari il 3 marzo 1834 scritta da Vittoria Goffi al fratello Giovanni Battista che era una persona importante in quel di Sondrio, visto che era “Consigliere all’I. R. Tribunale”.


Si tratta di un foglio ripiegato in quattro, chiuso da una “ostia” o “obbiadino” di farina di grano colorato in rosso.
Per l’apertura del documento è stata usata una forbice che ha danneggiato il testo del timbro di arrivo: località e data danneggiati… ma facilmente intuibili.
Più sotto il timbro della località di partenza: Chiari
l documento con ogni probabilità è stato portato a destino tramite pedone

Trascrizione

(SO)NDRIO
?? MARZO

CHIARI

Col. Pregiatiso. Signore
Il Sig. Gio. Batta Goffi
Consigliere all’I. R. Tribunale
in Sondrio

Il nome del destinatario lo si è trovato nell’elenco dei “Signori associati” (ossia coloro che hanno sottoscritto l’associazione a un’opera in corso di stampa e che esce a fascicoli da rilegare) per il libro “STORIA DELLA VALTELLINA E DELLE GIÀ CONTEE DI BORMIO E CHIAVENNA“ DELL'AVVOCATO GIUSEPPE ROMEGIALLI - VOLUME I - SONDRIO - COI TIPI DI GIOVANNI BATTISTA DELLA CAGNOLETTA -1834:

Tale Goffi Giovanni Battista è indicato nell’elenco come “I.R. Consigliere, Pretore in Sondrio“ quindi persona “importante”.
Forse per questo la sorella è molto formale nel testo - forse era lo stile epistolare dell’epoca - ma non per questo molto affettuosa. “….commossi sulla malattia dell’anno scorso, e fata nascere qualche tristezza in famiglia sull’avvenire”, ”…prego continuamente Dio acciò vi preservi da qualunque malattia”, e che le Sorelle “sono arrivate il giorno 9 a Edolo (quindi poco lontano da dove si trova Gio Batta), e che la notte dal 10 al 11 (ragionevolmente febbraio) è stata la più trista”.

Queste le immagini del documento e la sua trascrizione.

Amatisso. Fratello

Chiari 3 Marzo 1834

Spiacemi che vi sia mancata nello scorso ordinario la mia scrittavi secondo il solito martedi, ed impostata il giorno istesso. La vostra di quest’oggi ci ha novamente commossi sulla malattia dell’anno scorso, e fata nascere qualche tristezza in famiglia sull’avvenire pensando alla distanza vostra. Speriamo però nel Cielo, e vi assicuro che prego continuamente Dio acciò vi preservi da qualunque malattia, e voi procurate di starvi di buon umore, e di schivare ciò che vi può essere di pregiudizio alla vostra salute.
Non vi scrivono questa volta le Sorelle perché sono andate assieme alla Mamma a Brescia per qualche bisogno famigliare muliebre. Mi dicono dirvi però la Sorella stessa che esse sono arrivate il giorno 9 a Edolo, e che la notte dal 10 al 11 è stata la più trista. Rendiamo di nuovo la grazia all’Altissimo, e consolatevi che siete stato preservato che assieme con me lo fa pure la di frequente tutta la Famiglia amorosissima.
Concambiate al Sig. Arciprete tanti doveri a nome anche de Genitori, ed abbiate cura della vostra salute se mi volete contenta. Addio

L’Aff.a vostra Solla
Vittoria

La seconda pagina è scritta di pugno dal padre che è decisamente meno “tenero” e con i piedi ben saldi a terra, visto che si interessa solo di cose economiche del famigliare.


Nella passata mia vi ho reso conto di alcune operazioni economiche della Famiglia e credo di avervi mostrato desiderio che mi diceste come vi trovate in codesto Paese, e in Valtellina vi trattano in maniera da poter economizzare per l’avvenire come io desidero, e voi pure bramavate . Ditemi dunque come la passate in questo proposito e più se vi trovate contento della Compagnia con cui vi state, quale vi desidero più che buona, potendo da questa dipendere anche il ben essere vostro, ch’io vi desidero con quel cuore che sento avere.
Addio

Vstro affno Padre