Come è ben noto, esisteva in Europa una rete di collegamenti e percorsi predisposta per i “corrieri di Francia” al servizio della politica e degli affari del Re di Francia, nonché della famiglia e della relativa corte. Per raggiungere Roma, sede del Papato col quale si intratteneva una non indifferente corrispondenza, ed il resto dell’Italia, Torino era un punto di passaggio obbligato per i corrieri che provenivano da Parigi e Lione. La cosa valeva, ovviamente, anche per il percorso inverso.
Già alla fine del secolo XVI sarebbe stato predisposto nella città di Torino un vero e proprio ‘incaricato postale’ francese. Non si sa dove risiedeva ma è certo che aveva il compito di assistere i corrieri di Francia diretti a Roma all’andata e diretti al di là delle Alpi al ritorno (mentre a Roma era stato da tempo attivato un vero e proprio ufficio francese).
I frequenti periodi di guerra tra Piemonte e Francia sicuramente rendevano difficile, quando non veniva addirittura soppressa, l’attività di questo ‘incaricato postale’ a Torino e i corrieri francesi erano obbligati a servirsi di altri percorsi più lunghi e antieconomici.
In conseguenza della nuova situazione di non belligeranza determinatasi col Trattato di Torino, il 16 dicembre 1696 si giunse ad una Convenzione tra il Controllore Generale delle Poste di Francia e il Generale delle Poste di S.A.R.
Si riportano dalla suddetta Convenzione solo gli articoli più significativi.
3. Sarà ristabilito in Torino, dal Direttore delle Poste di Lione, un commesso francese per ricevere e verificare lo stato delle malle e dei pacchetti portati dai corrieri, il quale lascerà e consegnerà tutte le lettere e pacchetti destinati agli stati di S.A.R ai commessi del signor di Cavaglià con il porto a lui dovuto per intero per quelle (malle) per Roma e rotte, mentre per quelle di Francia il porto gli sarà dovuto fino a Lione: così come il commesso francese sarà obbligato a consegnare ai detti uffici tutti i pacchetti di merce, gruppi tanto per detti Stati che per Milano, Venezia e rotte, per essere recapitati o consegnati dal commesso del signor di Cavaglià sia alla dogana di Torino, o ai loro indirizzi per cui il porto delle merci e gruppi sarà esatto all’ufficio di Torino e rimborsato dal commesso del signor di Cavaglià, e i direttori delle poste di Lione rispettando le condizioni che saranno loro inviate dai detti direttori ai commessi dell’ufficio di Torino al ricevimento dei pacchetti per i mercanti di Torino che saranno affrancati a Lione dei quali i suddetti direttori avranno già ricevuto la loro parte.
4. I commessi e corrieri francesi non potranno prendere in carico né in Torino, né in alcuna città degli stati di S.A.R. alcuna lettera, pacchetti di lettere, groppi o pacchetti di merce tanto per Roma e rotte che per la Francia o dei commessi del signor Marchese di Cavaglià e saranno obbligati a consegnare ai detti commessi tutte le lettere, pacchetti di lettere, brevi, bolle, groppi e pacchetti di merce per Torino, senza poterne distribuire alcuno a chicchessia ma solamente consegnarli ai commessi affinché il signor marchese di Cavaglià abbia i suoi diritti, il commesso francese tratterrà solamente le lettere, pacchetti di lettere di merci e gruppi che saranno destinati dal suddetto per Roma e rotta, e da Roma e rotta per la Francia, per poter rifare le malle e farle partire.
7. A riguardo degli altri uffici del signor marchese di Cavaglià sulla rotta dei detti corrieri, le lettere tanto di Francia quanto di Roma e della rotta che si trova negli stati di S.A.R. saranno rese senza pretendere nulla al ricevimento, mentre delle bolle e brevi ne sarà tenuto conto dai Direttori dell’ufficio di Lione nello stesso modo di quelle per Torino, così come e stato esplicitato nell’articolo precedente, saranno inoltre pagate dai Direttori delle poste di Lione cinque lire di Francia per settimana per tutte le attività del commesso di Chambery, e le lettere che saranno indirizzate al commesso francese di stanza a Torino e che riguarderanno solamente lui, gli saranno rese franche di porto.
Al momento della ratifica della Convenzione del 1696, avvenuta il 20 febbraio 1697, Filippo Giacinto Gonteri, marchese di Cavaglià, Direttore generale delle poste, volle però precisare:
“Ho sottoscritto, ratificato il suddetto trattato alle condizioni seguenti e non altrimenti.
Che per il detto trattato nulla si possa pretendere con pregiudizio delle dogane di S.A.R.
Che non ci sarà alcun effetto in merito allo stabilirsi di un commesso francese in Torino riportato nel terzo articolo, che mi incarico di far seguire gli affari del signor Direttore delle poste di Lione da uno dei miei commessi che renderà loro conto e rimborserà puntualmente tutto ciò che spetterà loro secondo il trattato e al quale essi daranno quanto giudicheranno ragionevole per le sue cure.
Di fatto il Gonteri non accettò la clausola del commesso francese a Torino,
“ma si convenne soltanto verbalmente che un agente dell’ambasciatore di Francia a Torino assisterebbe all’arrivo e partenza di detti corrieri”.
Questo particolare dell’accordo diede luogo a infinite discussioni finché “più non parlossi da ambe le parti di questo affare e le cose rimasero nello stato di prima”. [Duboin] (1)
Il marchese di Cavaglià scrisse successivamente anche al responsabile delle Poste di Francia signor Pajot a Parigi.
“Signore,
Ho ratificato il trattato con modifiche dalle quali non potevo esimermi per quello che è la sua esecuzione in tutto ciò che è essenziale, l’invio al signor Rouille affinché mi mandi il nostro, e siate persuaso della mia attenzione per la continuazione della buona relazione con tutta la fedeltà, e puntualità che ci si può augurare, ecc..
Dopo un periodo di nuova belligeranza si giunse alla Pace di Utrecht e nel 1713 tra la Francia e il Piemonte si provvide a una nuova regolarizzazione circa il passaggio a Torino del Gran corriere di Francia e del corriere che trasportava il secondo ordinario, anche se tutto poi non filava affatto liscio. Nei decenni successivi fu un continuo accusarsi a vicenda del mancato rispetto delle norme (che si rifacevano poi alla convenzione del 1696) sottoscritte da ambedue le parti.
Il Piemonte veniva accusato di non attenersi alla convenzione secondo la quale tutte le lettere e i pacchetti diretti da Torino a Roma dovevano essere affidati al Corriere di Francia nella sua sosta a Torino mentre l’ufficio di Torino preferiva farli giungere a Genova incassando così “l’affranchimento” fino al confine (Alessandria) che nell’altro modo non avrebbe incassato.
D’altro canto il Piemonte accusava i corrieri francesi di accettare direttamente a Torino, o durante il percorso nel territorio dello stato savoiardo, lettere e pacchi da recapitare altrove ed il commesso francese a Torino di accettare lettere per Lione e la Francia ed anche per Roma. Comportamenti che andavano contro le norme stabilite in quanto essi dovevano solamente farsi carico di quanto loro consegnato dall’ufficio di Torino.
A proposito del commesso francese a Torino, la studiosa di posta e tariffe francesi Michèle Chauvet (2), dà come inizio di apertura di un fantomatico ‘ufficio francese’ a Torino l’anno 1715.
In verità, e va ribadito con fermezza, non esisteva alcun locale, ancorché ridotto, che svolgesse questa funzione, ma esisteva solamente un commesso francese (o un incaricato dell’ambasciatore francese a Torino) che assisteva i corrieri di Francia nella loro sosta presso l’ufficio di Torino durante il controllo delle malle ed a questo commesso era proibito di accettare lettere in partenza da questa città, come era proibito che il corriere di Francia gli passasse delle lettere da distribuire in Torino (da un particolare episodio accaduto presso l’ufficio di Torino si è evinto che il commesso si chiamava Ollivier, quasi omonimo del Responsabile postale di Torino Olivier).
Tutta la documentazione in merito dimostra che non fu mai aperto in Torino alcun “ufficio francese” e tutti gli autori che l’hanno sostenuto sono incorsi, a parer nostro, in un abbaglio.
Per comprender meglio questo particolare momento va precisato che con l’introduzione delle tariffe delle lettere del 1698 si stabilì per la prima volta che il mittente di una lettera era obbligato, limitatamente alle lettere che erano dirette oltre Milano, oltre Genova, a Roma, a Susa ecc., a pagare il “dritto” al momento in cui consegnava la lettera all’ufficio generale di Torino.
Questa fu considerata una cosa inaudita, abituati come si era che il porto della lettera fosse sempre pagato dal destinatario (in porto assegnato). Fatta la legge si trovò subito l’inganno. Intanto si poteva, se se ne aveva l’occasione, affidare la lettera a qualche altro latore che non fosse il canale postale ufficiale (non facile trovare un latore per le grandi distanze) ovvero ancora approfittare di sfroso, proprio a Torino dove passava il Corriere di Francia, del commesso francese, operante per il controllo delle malle, per consegnargli lettere dirette al nord (Lione, Parigi) e al sud (Roma, Napoli) che egli, sempre di sfroso consegnava poi al corriere e collega per l’inoltro.
Il mittente risparmiava così 1 o 2 soldi che l’ufficio di Torino avrebbe preteso per l’inoltro (tariffa che corrispondeva d’altro canto al trasporto da parte del corriere o staffetta piemontese sino al luogo dello scambio delle malle: verso nord a Pont Beauvoisin e verso sud ad Alessandria) ed il destinatario si sarebbe fatto carico dell’intero costo del recapito.
Secondo il Vollmeier le prime tracce marcofile di questa ‘assistenza postale’ del commesso francese a Torino si presentarono nel 1717, allorquando sarebbe stato usato a Torino il lineare nero, in transito o in partenza:
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Riproduzione dal Vollmeier |
Originale (ingrandito) |
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il cui periodo d’uso è stato correttamente stabilito dallo stesso autore dal giugno 1717 al novembre 1737.
Nelle pagine dei collezionisti visibili alle mostre ed in ogni altro elaborato possibile, e quindi per tutti, questo è il bollo usato nell’ufficio francese di Torino. E in filatelia far mutare parere su una affermazione che si trascina da decenni come valida è veramente un impresa ardua. Noi ci proviamo ugualmente.
Assodato che tale bollo non poteva essere usato in un ufficio inesistente si potrebbe pensare che se lo fosse costruito il commesso francese. Questa ipotesi contrasta inesorabilmente con due considerazioni. La prima è che in tal modo si sarebbe resa palese, alla luce del sole, che il commesso commetteva continuamente delle illegalità. La seconda è che non esiste (almeno noi non ne abbiamo trovato) alcuna lettera che partendo da Torino verso il sud (Roma o altri luoghi) portando traccia di questo bollo ed il commesso non si limitava certo ad accettare solo le lettere dirette al nord.
Alla luce di queste considerazioni è facile concludere che il commesso non possedeva alcun bollo lineare da apporre sulle lettere che, a suo solo rischio, accettava di inoltrare.
Noi riteniamo pertanto che questo bollo fosse stato in dotazione all’importantissimo ufficio di Lione dove il corriere di Francia, provenendo da Torino, scaricava la malla e gli eventuali plichi che il commesso francese di Torino gli passava sotto banco.
E perché, ad un certo punto, si sentì la necessità di un simile tipario nell’ufficio di Lione? Per motivi di tassazione nei confronti del destinatario e non certo per informarlo del luogo da cui era partita la lettera.
Il tassatore lionese avrebbe potuto apporre il timbro in dotazione LYON, ma così facendo non avrebbe giustificato la tariffa di 11 sols in quanto da Lione a Parigi la tariffa (1704) era di soli 6 sols. Con l’apposizione del lineare che dimostrava la provenienza “da Torino” la tariffa di 11 sols era giustificata e il destinatario non aveva alcuna perplessità sulla somma da pagare alla consegna.
Come non avevano dubbi le Poste Piemontesi sul danno che loro arrecava simile fraudolenta abitudine. Era uno dei tanti motivi che rendevano alquanto tribolati i rapporti con i corrieri di Francia.
L’immagine seguente ne è uno, se non il primo, degli esempi.
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Lettera del 1 giugno 1717 (3) .
Scritta a Casale e indirizzata: “a Monsieur Monsieur Le Marquis de Campistron
Dans la rue des Tournelly chez Messieur Thomas Tapissier a Paris”.
Il marchese Jean Galbert de Campistron era un noto scrittore drammatico francese.
La lettera in qualche modo fu consegnata al Corriere francese che faceva il percorso Roma-Lione.
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(1) - Felice Amato Duboin. Raccolta per ordine di materie delle Leggi, Provvidenze, Editti, Manifesti, ecc. pubblicati dal principio dell'anno 1561 agli 8 dicembre 1798, sotto il felicissimo dominio della Real Casa di Savoia in continuazione a quella del Senatore Borelli. Torino. 1818.
(2) - Michèle Chauvet. Introduction a l’histoire postale, des origines a 1849. Deuxieme volume: Le tarifs posteaux. Brun & fils. Parigi 2002.
(3) - La lettera è apparsa in una vendita su e-bay con esaustiva descrizione da noi fotografata ma non ci è stato possibile esaminare l’originale e/o risalire al compratore.
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