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Le bollatrici del dopoguerra
(seconda parte)

di Alcide SORTINO
(Sintesi di articoli n° 126, 134, 150, 165, 167, 193 de L’Annullo)


La precedente puntata è stata dedicata quasi esclusivamente alle bollatrici Flier e OMT caratterizzate dalla medesima impronta e che quindi in gergo marcofilo vengono definite “tipo OMT/Flier”, macchine che hanno in pratica caratterizzato la bollatura meccanica italiana per oltre sessanta anni. Però, già nella seconda parte degli anni cinquanta l’amministrazione postale, forse anche per sottrarsi al monopolio di fatto della OMT, esplorava altre frontiere, specialmente per sostituire le “M” a funzionamento manuale, che anche se di recente adozione, avevano mostrato i loro limiti, proprio in quegli uffici di località turistiche a cui erano state in gran parte destinate, per la sempre più crescente quantità di cartoline illustrate da obliterare.
Da questa azione derivò l’adozione delle SECAP e delle Pitney Bowes.

Le SECAP




SECAP HE

 

Negli uffici di una dozzina di località turistiche (Stresa, San Vito di Cadore, Soverato, Taormina, ecc.) furono sperimentati vari modelli della francese SECAP (Société d’Etudes et de Construction d’Appareils de Précision) e si presume che l’esito sia stato positivo, perché nel 1963 ne entrarono in servizio 4 diversi tipi. Il grosso della fornitura (circa 115 unità) fu costituito dalla HE, una bollatrice elettrica da tavolo con una potenzialità di 12.000 Lc/h (lettere cartolina/ora), distribuita soprattutto a uffici di località turistiche (che in buona parte avevano in dotazione la citata OMT/M). Di tipo analogo la HM, ma di potenzialità maggiore (18.000 Lc/h): fornita in pochi esemplari (meno di 10) e destinata in genere a uffici ferrovia (Venezia, Bari) e distinguibile dalla HE per la maggior distanza tra corona e blocchetto (12 mm invece di 7).



HE

HM

Caratteristiche di queste bollatrici erano la corona a cerchio semplice da 24 mm con stelle a 8 punte, più simili ad un asterisco, la “H” (heure) nell’indicazione dell’ora ed il blocchetto a 5 linee ondulate, con andamento sinusoidale più accentuato rispetto alle OMT/Flier. L’impronta poteva essere con güller sia a sinistra che a destra, ma la gran parte lo mantenne a destra. Anche le SECAP furono interessate al cambio della corona per l’adozione del cap, intervenuto a partire dal 1° agosto 1968.

Furono bollatrici che davano sempre impronte di ottima qualità e l’unica pecca era che, mancando di un eccentrico, dopo le periodiche pulizie, la corona veniva a volte rimontata rovesciata.

La fornitura comprese anche i modelli: BB e GL. La BB era una piccola bollatrice elettrica da tavolo in cui le buste andavano inserite una per volta: adatta quindi per usi particolari, ove la potenzialità non interessava, come il registrare in arrivo le raccomandate (ne funzionò una a Firenze, ove le timbrava al retro, ma senza le linee ondulate, non essendoci francobolli da obliterare) o per usi filatelici, come le tre in dotazione a Roma Centro, dirottate a turno a Milano per l’Ufficio speciale Italia 76 e poi nel 1977 spostate al nuovo ufficio Roma Filatelico. Le BB furono in dotazione anche agli uffici di Camera, Senato e Quirinale. Allo stato iniziale avevano una corona di 22,5 mm diametro, ma con i trasferimenti successivi, adottarono quella da 24 mm.

Infine la GL (ovvero Grandes Lettres): era una particolare bollatrice per corrispondenze voluminose fino a 3 cm di spessore, in cui le buste andavano avviate manualmente verso la parte bollante che imprimeva un’impronta continua senza fine, con una distanza di 92 mm nella ripetizione dell’impronta del datario. Era una macchina eccezionale, destinata ai principali uffici ferrovia, sembra acquistata in 15 unità, ma che ebbe alterna fortuna: a Torino, Bologna, Firenze e Roma fu poi trasferita ai CMP ed usata fin quasi al 2000, mentre le tre di Milano rimasero inutilizzate per anni negli imballi originali, finché un solerte impiegato dell’Economato PT le smistò in altre città. Probabilmente il loro uso avrebbe fatto saltare cottimi e indennità varie, onde l’ostracismo degli addetti alla bollatura (Milano ferrovia era a quei tempi una poco governabile bolgia con circa 1000 dipendenti).

Infine una nota sulle targhette pubblicitarie: causa anche il “veto Spallino” che ne impediva l’uso, la prima di carattere locale apparve solo nel 1968 a Lido di Jesolo.

Invece, per quelle di carattere generale, bisognò attendere ancora. Infatti, come spesso accade, la mano destra non sa quello che fa la sinistra, e l’ufficio che provvedeva a queste emissioni solo nel 1970 si accorse che esistevano altri tipi di bollatrici, diversi dalle solite OMT/Flier e per la campagna di propaganda del risparmio postale dell’anno seguente debuttarono finalmente targhette di questo genere anche per le SECAP (vedi sopra l’impronta di Roma Quirinale).

Infine delle SECAP “non adottate”: all’inizio del 1969 fu usata a Roma ferrovia una bollatrice dalla corona di 28 mm e dal blocco datario “tipo Güller”, cioè disposto su una unica riga e componibile mediante ruotismi e non con inserimento dei singoli caratteri mediante pinzette. Probabilmente era un modello di maggior potenzialità, ovvero il KE o da esso derivato. Medesima bollatrice (ma forse era la stessa trasferita) all’inizio del 1970 a Roma Casalpalocco.

Un tipo analogo, ma con distanza blocchetto-corona minore fu in uso nello stesso periodo a Lido di Ostia. Probabilmente si trattava di una versione aggiornata della HE. Ma poi non ci fu più traccia delle tre macchine, da cui si dedurrebbe che si trattava di una sperimentazione, senza esito positivo.


Le Pitney Bowes




Pitney Bowes DD

 

Al contrario delle SECAP, che ebbero una lunga e diffusa sperimentazione, le bollatrici dell’americana Pitney Bowes subirono un esame alquanto ridotto, probabilmente perché la ditta era nota, operando da tempo in Italia e aveva già fornito l’amministrazione postale di affrancatrici. E’ infatti noto l’uso nel 1956-58 di una macchina a Roma ferrovia e sembra di una a Piombino.
La bollatrice scelta fu la DD, una macchina elettrica a piantana, della potenzialità di 12-15.000 Lc/h, alquanto spartana nell’insieme, ma indubbiamente molto robusta ed indistruttibile, come dimostra il fatto che abbia sempre funzionato regolarmente fino alla sua radiazione (dovuta anche alle nuove norme di sicurezza, date le numerose parti rotanti non protette), nonché il ripescaggio di alcune di esse per utilizzarle in grandi uffici (Como C.P. e ferrovia, La Spezia) fino all’inizio del 2000. Anche in questa bollatrice va lamentata la mancanza di un eccentrico, per cui la corona risultava molto spesso montata al contrario e un difetto ricorrente era che la parte estrema di desta dell’impronta cadeva fuori dall’oggetto per 4-5 mm e di conseguenza le targhette risultavano incomplete. Tipica caratteristica dell’impronte della DD era la corona di piccolo diametro (22 mm) e il blocchetto a 7 linee diviso in tre parti, secondo l’uso americano, in modo che la parte centrale poteva essere sostituita da inserti con scritte relative al tipo di corrispondenza timbrata (tipo postage paid e simili). La macchina era normalmente disposta con il güller a sinistra, ma la posizione poteva essere invertita. Le DD entrarono in servizio nel 1965 in circa 50 unità, non solo in uffici “turistici”, ma anche –evidentemente per sanare alcune deficienze– ad importanti uffici movimento (Vicenza, Padova, Ravenna, Salerno).
Anche le DD ebbero due corone, dato che quella d’origine fu sostituita nel 1968 da quella con corno e cap.

L’uso di targhette pubblicitarie locali fu limitatissimo (appena 4, ma in pratica 3, perché una prevista a Malcesine, non fu usata per le pessime impronte che ne venivano), sia perché, con la corona a sinistra, l’impronta cadeva sul francobollo, sia perché il tratto grafico era sempre un po’ sbavato.

Quelle di carattere generale esordirono nel 1970, con la “113” a Ravenna, ma nel complesso furono in numero ridotto, dato che solo due erano gli uffici (Vicenza ferrovia e Ravenna C.P.) che non avevano in dotazione altre bollatrici.


continua >>>


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