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L'inglese William Harvey (1578-1657) è universalmente riconosciuto come colui il quale per primo enunciò la teoria della circolazione sanguigna così come ancora oggi viene studiata. Ma come spesso accade anche l'insigne scienziato non citò i precedenti studi o furono forse volutamente dimenticati.
Già Egizi, Greci e Romani consideravano la sede dell'anima lì dove pulsava quella massa rossastra, ma non investigarono oltre anche se furono consapevoli che l'interruzione dei battiti significava la fine della vita e il distacco dell'anima.
La loro ignoranza fu dovuta al fatto che non compirono mai osservazioni su esseri in vita ( antivivisezionisti antelitteram ) ma solo sui cadaveri, nei quali è noto lo svuotamento delle arterie in favore delle vene.
Anzi la presenza di sangue nelle vene, in particolar modo quelle afferenti al fegato, fecero per molti secoli credere la ghiandola il vero motore dell'intero meccanismo.
Nel II secolo entra in scena il medico greco Galeno (129-216), che pensiamo sicuramente dovette compiere le proprie osservazioni su esseri ancora in vita, forse curando gladiatori feriti in combattimento. Descrisse quindi come il sangue, entrando nella parte destra del cuore, veniva poi espulso nei polmoni attraverso l'arteria polmonare, polmoni che a loro volta lo facevano defluire nella parte sinistra del cuore, che a sua volta lo rimetteva in circolo, riconoscendo quindi nel cuore la sua vera funzione di "pompa".
Non essendo però rimasta traccia del suo modo di operare fino al secolo XVI le sue scoperte furono ritenute inapplicabili al cuore e ai vasi sanguigni dell'uomo. Fu Michele Serveto (1511-1553), medico spagnolo, a ribadire la teoria di Galeno e a rafforzarla dichiarando l'inesistenza di comunicazione tra parte destra e sinistra del cuore. Purtroppo per lui nella sua opera preferì dedicare maggior spazio alle sue idee eretiche riguardo la natura della Trinità e il significato del Battesimo a scapito delle sue scoperte scientifiche. Sicuro dei suoi scritti, ne inviò una copia a Calvino (1509-1564) che ne ostacolò la diffusione. Arrestato più volte, bollato anche dalla Chiesa Cattolica, finì sul rogo il 27 ottobre del 1553.
Prima di arrivare ad Harvey dobbiamo citare altri due scienziati : Realdo Colombo (1516-1559) e Andrea Cesalpino (1519-1603); il primo, cattedratico a Padova, fu sicuramente in grado di leggere gli scritti di Serveto, apportando alle conoscenze mediche la scoperta delle valvole cardiache senza spiegarne però la funzione, il concetto di unidirezionalità del flusso sanguigno e l'osservazione delle fasi di contrazione (sistole) e rilasciamento (diastole) dei ventricoli.
Il secondo, botanico e anatomista di Pisa, descrisse in un suo trattato la circolazione polmonare, mancando però anche lui di citare i lavori dei suoi predecessori. Nei suoi scritti ritroviamo però molti errori forse dovuti alla sua ritrosia nel cimentarsi nel campo delle pratiche vivisezionistiche, pratica invece percorsa, anche con fin troppa disinvoltura da Harvey.
William Harvey, dopo il diploma ala Caius College di Cambridge, si trasferì a Padova dove ebbe come maestro Girolamo Fabrici d'Acquapendente, successore nell'insegnamento a Realdo Colombo.
Rientrato a Londra sposò Elisabeth Browne, figlia di uno dei medici curanti della regina Elisabetta, e ciò facilitò sicuramente la sua carriera portandolo a diventare uno dei medici personali di Giacomo I e alla sua morte del successore Carlo I e membro del Royal College of Physicians.
Basso di statura, sopracciglia folte, dal carattere collerico e sempre pronto alla rissa, era dai suoi colleghi definito "un orso" e sebbene godette sempre di grande ammirazione per i suoi risultati scientifici gli fu sempre negata la presidenza del Royal College.
Fu certamente carente dal punto di vista clinico e nella sua pratica ritroviamo ancora concezioni mediche di stampo medievale; credeva nella stregoneria e fu spesso chiamato ad esaminare cadaveri di donne alla ricerca di tracce sui loro corpi che comprovassero il loro status di "streghe".
Il suo carattere lo portò a condurre una vita solitaria e a disinteressarsi della sua famiglia e di tutti i suoi amici, curandosi solo dei suoi studi; si racconta che ad Edgehill, al seguito di Carlo I, mentre infuriava la battaglia, se ne stette tranquillo sotto un albero assorto nella lettura e che solo il fuoco ravvicinato lo costrinse a spostarsi più in là.
Morì per un colpo apoplettico e fu sepolto nella cripta di famiglia a Hempstead, nell'Essex, per poi essere successivamente trasferito nell'abbazia di Westminster, dove riposa ancora oggi in un sontuoso sarcofago di marmo.
I suoi studi li ritroviamo esplicitati nel suo capolavoro scientifico "De motu cordis" primo grande trattato di medicina in lingua inglese.
Prima della pubblicazione Harvey condusse una perfetta "campagna di marketing" sponsorizzando la sua opera attraverso una serie di conferenze, durante le quali oltre ad illustrare la teoria si "dilettava" con gran disinvoltura a vivisezionare animali tra gli sguardi impauriti ma affascinati dei suoi colleghi. Fu molto attento comunque, con un atteggiamento al limite dell'ipocrisia, a non sconfessare mai gli scritti di Galeno, le cui idee erano ancora ritenute dei capisaldi in campo medico; anzi attribuì al maestro greco scoperte che sicuramente era consapevole fossero state fatte dai suoi successori, come citato precedentemente.
Con abile astuzia letteraria alla fine fece apparire gli scritti di Galeno come una conferma dei suoi risultati piuttosto che apparire precedenti di ben quattordici secoli; il suo merito fu senza dubbio quello di averli rappresentati con linguaggio lucido ed elegante.
Sempre difeso dai suoi connazionali, fu invece attaccato dalla comunità scientifica europea che non accettarono il suo concetto di "circolazione generale" restando nell'idea che fosse il fegato a produrre il sangue in circolo; ma del resto anche lo stesso Harvey non fu mai chiaro sull'argomento.
A completamento del suo studio rimaneva ancora da dimostrare ciò che lui aveva solo ipotizzato, e cioè di come il sangue che fluiva nelle arterie si svuotasse poi nelle vene. Ciò fu fatto dall'anatomista Marcello Malpighi (1628-1694) il quale, attraverso l'utilizzo del microscopio, rilevò la presenza dei sottili canali capillari, chiudendo alfine " il circolo di Harvey ".
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