Il bastone di Asclepio
a cura di Sergio De Benedictis [sergio.debene(at)gmail(dot)com]
Galileo Galilei e il metodo sperimentale

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Se la natura è scritta in lettere matematiche, i suoi fenomeni, in qualsiasi campo si esplichino, sono risultati di leggi matematiche, onde scoperta la legge che regola il fenomeno stesso, questo può essere riprodotto seguendo la legge.

Questa è la base su cui si poggia il metodo sperimentale che possiamo così riassumere:

“osservare attentamente ciascun fenomeno naturale, risalire dall’osservazione di più fenomeni alla ricerca della legge naturale che li governa; riprodurre il fenomeno, seguendo la legge che l’ha prodotto”.

Le moderne scienze come la fisica, la chimica, la biologia e la medicina nascono e si sviluppano nel ‘600, proprio nel periodo in cui viene elaborato il metodo sperimentale, e quindi nel momento in cui queste discipline si muniscono di un potente ed efficace metodo di indagine.

E ci fu uno scienziato che visse quei tempi, uno dei grandi italiani, che nel 1626 ebbe a dire:

"... la filosofia è scritta in questo grandissimo libro che continuamente ci sta aperto innanzi a gli occhi ma non si può intendere se prima non si impara a intender la lingua, e conoscer i caratteri, né quali è scritto. Egli è scritto in lingua matematica, e i caratteri son triangoli, cerchi, ed altre figure geometriche, senza i quali mezi è impossibile a intenderne umanamente parola; senza questi è un aggirarsi vanamente per un oscuro laberinto".

Nato a Pisa nel 1564, nel 1581 si iscrisse alla facoltà degli artisti (medicina e filosofia naturale) ove si attirò l’animosità degli insegnanti per il suo atteggiamento polemico ed insofferente alle imposizioni dogmatiche. Nel 1583 fece la celebre osservazione dell’oscillazione della lampada nel duomo di Pisa. Nel 1589 occupò la cattedra di matematica a Padova e fu il periodo più proficuo. Nel 1606 riprodusse il cannocchiale scoperto da un olandese, Hans Lippershey (1570-1619) ed eseguì le più importanti scoperte che pubblicò nel 1610 nel “Nuncius Sidereus”.

L’opera suscitò le ire dei peripatetici, cioè coloro che si rifacevano alla scuola di Aristotele, ma di contro ebbe il plauso di Keplero, che propugnava il modello eliocentrico. Il Granduca Cosimo di Toscana lo nominò primario matematico a Pisa.


Nel 1615 fu denunciato al S. Uffizio; al termine del processo durato un anno le sue teorie sulla stabilità del sole e del movimento della terra furono condannate e gli fu tolto l’insegnamento.

Nel 1632 subì un secondo processo; sospettato di eresia questa volta il S. Uffizio pretese l’abiura delle sue dottrine. Fu condannato al carcere formale prima a Siena, poi nella sua villa di Arcetri, dove però continuò i suoi studi. Morì cieco l’8 gennaio 1642.

La villa di Arcetri dove Galileo trascorse gli ultimi anni della sua vita


Durante i suoi studi si propose sempre di riprodurre artificialmente il fenomeno naturale, ricercandone in tal modo la spiegazione, per poterne stabilire, di conseguenza, la legge di attuazione. Non più quindi ricerca metafisica dei fatti e origine prima delle cose, che aveva caratterizzato la figura dello studioso medioevale, ma uno sforzo dell’esame del fenomeno in sé, studio della materia con ragionamento di calcolo.

L’apporto che Galileo dette alla scienza rispecchia quella sua mentalità polemica che gli aveva fruttato l’animosità dei suoi insegnanti. Il suo grande merito fu quello di ridurre la ricerca, in qualunque campo essa venga condotta, al metodo matematico, alla scoperta della formula del fenomeno, inquadrando il fenomeno in una zona di stretto ragionamento, nella quale il lato soggettivo scompare del tutto per lasciar spazio ad un senso di obbiettività che dovrebbe sempre animare la ricerca scientifica.

Il nostro scienziato frequentando le lezioni del matematico Ostilio Ricci (1540-1603) assertore di una matematica come scienza pratica e non meramente astratta, indispensabile alla risoluzione dei problemi, si convinse a lasciare gli studi di medicina del Collegio Pisano.

Pertanto poco si è scritto su ciò che Galileo avrebbe elaborato in materia medica nel proseguo dei suoi studi ma sicuramente non possiamo trascurare le sue interessanti osservazioni in campo acustico e fonetico: rilevando i segni lasciati su di una lastra di ottone da uno scalpello strisciato su di essa, si accorse che quando lo strumento, in questo sfregamento, produceva un suono, lasciava sulla superficie del metallo una serie di segni regolarissimi e perfettamente paralleli e che questi segni erano tanto più fitti quanto più acuto era il suono.

Poco ci è rimasto sugli studi che fece sul moto degli animali, mentre geniali rimangano le sue osservazioni sui rapporti tra dimensione e morfologia delle ossa e della loro funzione statica; da questi studi scaturiscono importanti postulati sulla forma, resistenza e dimensioni delle ossa stesse.

Le grandi scoperte che Galileo fece nel campo dell’astronomia ebbero necessariamente una certa influenza sulle leggi che governavano a quel tempo l’astrologia e dell’influsso degli astri sulle cose umane in genere e, nel nostro caso, sulle malattie. Fu però sempre molto cauto nell’evitare di dar noia alle leggi astrologiche, dimostrando quanto potente fosse la fede nell’astrologia al suo tempo; è del resto noto che elaborasse oroscopi su commissione.

In ultimo volendo entrare nel campo della biologia, resta una sua dissertazione fatta per negare l’esistenza di abitanti sulla Luna, negazione poggiata appunto su ragioni di indole biologica.
Dobbiamo quindi considerare Galileo non soltanto un grande fisico, ma addirittura il primo fisico della storia e più in generale il padre della scienza come la concepiamo modernamente.