Il bastone di Asclepio
a cura di Sergio De Benedictis [sergio.debene(at)gmail(dot)com]
Lo sviluppo del moderno microscopio

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L’olandese Anthonie van Leewenhoek (1632-1723) nacque e visse gran parte della sua esistenza nella cittadina di Delft, nota oggi per essere la sede principale del colosso industriale IKEA.

Il nostro personaggio di professione faceva il tappezziere nella sua piccola bottega ma nel tempo libero coltivava il suo hobby : costruire lenti e montarle su rudimentali microscopi.

Già verso la fine del XVI secolo se ne conoscono i primi esemplari, costruiti proprio in territorio olandese ed è nota anche la costruzione ed utilizzo da parte di Galileo Galilei.

Ma è con van Leewenhoek che lo strumento viene utilizzato applicando per la prima volta una metodologia sperimentale. Non avendo avuto accesso agli studi universitari, fu per questo all’inizio osteggiato dalla comunità scientifica finchè non entrò in contatto con il fisico Reinier de Graaf (1643-1673) che lo introdusse negli ambienti della Royal Society di Londra. Iniziò in tal modo un flusso epistolare che continuò ininterrottamente fino alla sua morte; le sue lettere, più di 250, riportavano la descrizione delle sue osservazioni e, tradotte, entrarono di diritto negli Atti della Società.

Tra le più importanti ricordiamo quella della conferma sperimentale della nuova teoria circolatoria del sangue ipotizzata da William Harvey (1578-1657); potè infatti osservare il passaggio senza soluzione di continuità dalle ultime ramificazioni delle arterie alle prime delle vene, dovuta alla presenza dei vasi capillari annunciata precedentemente da Marcello Malpighi (1628-1694).

Ma la sua scoperta più importante, da cui è nata la branca della biologia nota come protozoologia, è quella dell’osservazione di quelli che chiamò “animalcules” e che descrisse come “piccoli vermi di forma piatta e dotati di innumerevoli zampette”. In particolare scoprì ciò che oggi è nota come “Giardia lamblia”, organismo unicellulare, parassita dell’intestino.

Tra gli scritti però non c’è traccia dei metodi costruttivi dei suoi microscopi e il segreto se lo portò con sé nella tomba, lasciando per i successivi decenni gli scienziati alle prese con la problematica dell’aberrazione, che non permetteva di ottenere immagini nitide e non deformate.

Dobbiamo attendere il 1866 e gli studi del fisico matematico Ernst Abbe (1840-1905) per ottenere il primo microscopio a lenti composte, prodotto nel 1873 dalle industrie Carl Zeiss di Jena.

Il sistema a lenti apocromatiche ideato dallo scienziato tedesco non eliminava il fenomeno dell’aberrazione ma lo portava a valori molto bassi attraverso l’utilizzo di lenti che portavano a far convergere il raggio luminoso sull’oggetto da osservare. Il concetto è tutt’ora alla base della costruzione dei moderni microscopi.

La fabbrica della Zeiss, ubicata nella città di Jena, si trovò al termine della II Guerra Mondiale nel territorio della Germania Est e fu nazionalizzata, prendendo il nome di VEB ( fabbrica di proprietà del popolo) Carl Zeiss Jena, così come vediamo riportato sul francobollo.

Parallelamente nacque in Germania Ovest una analoga Zeiss nella città di Oberkochen, nel land del Baden-Wurttemberg. Tra le due aziende ci furono nel tempo tensioni ed innumerevoli battaglie legali e solo la riunificazione delle due Germanie portò anche alla riunificazione in un unico stabilimento della stessa Zeiss.

 

Il microscopio tradizionale si è evoluto nel tempo al fine di migliorare sempre più le osservazioni scientifiche; tra le tante tipologie la più nota è quella del microscopio elettronico che al posto di un fascio di luce visibile, utilizza un fascio di elettroni, che avendo una lunghezza d’onda più corta, per il principio di Abbe, permette di avere una risoluzione maggiore.