Il bastone di Asclepio
a cura di Sergio De Benedictis [sergio.debene(at)gmail(dot)com]
Malattie sul pentagramma

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Miti e leggende circondano i grandi compositori del Settecento e dell'Ottocento e il racconto delle malattie che hanno accompagnato la loro esistenza ne fanno pienamente parte.
Ma le testimonianze sono spesso imprecise ed inaffidabili, come quelle riportate sul grande compositore e violinista Niccolò Paganini (1782-1840) del quale circolò postuma una foto, chiaramente contraffatta, delle sue mani. Si ritenne che questa deformazione avesse giovato al suo virtuosismo ma studi recenti suggeriscono fosse affetto da "lieve sindrome di Marfan".
Il suo pubblico lo considerava una creatura non di questo mondo e i suoi colleghi ritenevano avesse fatto un patto con il diavolo. A sei anni fu considerato morto dopo un attacco di morbillo e solo la fortuna lo salvò da una sepoltura prematura. In tarda età gli fu diagnosticata un’infezione sifilitica a quel tempo curata con somministrazione per via orale di forti dosi di mercurio; gli effetti collaterali furono la caduta quasi totale dei denti e forti dolori addominali, che insieme ad un restringimento dell’esofago lo accompagnarono negli ultimi penosi anni della sua esistenza.

Il grande Johann Sebastian Bach (1685-1750), vero monumento della musica classica, godette di buona salute per la maggior parte dei suoi anni. Di certo era un gran fumatore con la sua pipa sempre a portata; ciò comportò aterosclerosi, cioè indurimento delle arterie, e ipertensione. Sappiamo che era miope e un anno prima di morire divenne completamente cieco.


Il vizio del fumo lo accomuna al suo collega George Friedrich Handel (1685-1759) che morì improvvisamente al rientro da una sua esibizione probabilmente per infarto del miocardio. In vita fu tormentato dai reumatismi e sappiamo che divenne un gran frequentatore di centri termali.

 

Prematura fu la morte del geniale Wolfgang Amadeus Mozart (1756-1791), certamente dovuta ad un mix di stress, superlavoro e scarsa cura di sé. Come in Paganini, anche nel suo caso una deformazione, questa volta dell’orecchio che presentava uno scarso sviluppo della curva antielicale, lo favorì nel suo lavoro consentendogli di individuare i minimi errori di intonazione. Tra le possibili cause della sua morte si parla di una insufficienza renale, forse cronica, o di una febbre reumatica infiammatoria. Possiamo escludere che sia stato avvelenato, come lo stesso musicista immaginava durante la sua agonia finale.

Nelle opere di Ludwig van Beethoven (1770-1827) troviamo spesso la lotta dell’uomo contro le avversità e l’oppressione, un tema sentito nell’Europa di Napoleone ma che per il nostro musicista aveva un significato personale, dato che la sordità lo aveva reso invalido fin da giovane.
Soffriva di asma, causata da una infezione respiratoria che lo afflisse per tutta la vita, e da disturbi intestinali chiamati volgarmente “coliche”, che gli causavano forti dolori all’addome. Questi ultimi sicuramente indotti dal forte abuso di alcool col quale il maestro pensava proprio di lenire gli stessi dolori. Ma nota a tutti è la sua sordità, malattia che dal punto di vista psicologico fu devastante per il compositore.
Iniziata dall’orecchio sinistro colpì successivamente anche il destro; ma ciò che maggiormente tormentava Beethoven era il tinnito, cioè la sensazione di qualcosa che squillasse all’interno della sua testa e che lo portò alla soglia del suicidio. Morì comunque per insufficienza epatica causata da cirrosi del fegato causata dal forte consumo di alcool.

Non ci sono invece dubbi sulle cause di morte del compositore tedesco Carl Maria von Weber (1786-1826) : tubercolosi. I primi sintomi li ebbe a 25 anni e gradualmente peggiorarono sino alla sua morte all'età di 39 anni. Iniziò con un problema all'anca destra che lo faceva vistosamente zoppicare, sicuramente dovuto ad una lesione turbecolare ossea. Molti della sua famiglia furono colpiti da questa malattia, compresa la sua povera mamma che morì quando lui aveva solo 12 anni.

A vedere i suoi ritratti si stenta a credere che anche per Gioachino Rossini (1792-1868) la vita non risparmiò malattie e sofferenze. Eppure dietro la facciata di una vita lussuosa e brillanti soirée musicali, il compositore pesarese soffriva le pene per una gonorrea cronica contratta da una prostituta. Negli ultimi anni poi, la sua condizione di obesità, lo portò ad avere fiato corto, tosse cronica, dovuta anche all'eccessivo consumo di sigari, e in seguito segni di bronchite e di enfisema. Il colpo finale fu un carcinoma al retto; fu operato ma l'uso di una strumentazione non sterile, cosa comune a quel tempo, comportò un'infezione che si diffuse rapidamente e lo portò alla morte.

Al contrario di Fryderyk Chopin (1810-1849), la cui ritrattistica lo riporta magro, pallido e di salute malferma. Come già trattato nell'articolo “La malattia del genio”, i malati di tubercolosi erano circondati da un'aurea di romanticismo che faceva della loro malattia una sorta di “status symbol”.
Certamente sofferente di una malattia polmonare, Chopin non fece nulla per opporsi al male anzi con una dieta alquanto povera composta di pane, dolci, pesce e pollo magro, ebbe sicuramente anche gravi problemi gastrointestinali. Alla sua morte fu imbalsamato e il suo cuore inviato a Varsavia dove è conservato nella chiesa di santa Croce.

Nel caso di Robert Schumann(1810-1856) dobbiamo tirare in ballo la psichiatria anche se la sua malattia mentale potrebbe essere attribuita ad una lesione organica del cervello.
In gioventù tentò il suicidio ma per tutta la vita fu soggetto a frequenti sbalzi d'umore e cicliche crisi depressive.
Diceva di sentire “voci interne” che lo spingevano a comporre e allora la depressione si trasformava in euforia e riusciva, come nel caso della fantasia in do minore, a terminare l'opera in soli cinque giorni. In un momento di confusione mentale una sera uscì di casa in pigiama e pantofole e raggiunto il fiume Reno, viveva a quel tempo a Dusseldorf, si gettò nelle acque gelide. Salvato da alcuni pescatori e riportato a casa, si decise di ricoverarlo in una clinica di malattie mentali dove, in perfetta solitudine, senza più parlare con nessuno e rifiutando spesso il cibo, si spense.

Quale dramma per un compositore sentire la musica nella propria testa ma non essere in grado di trascriverla sul pentagramma.
E' questo il caso di Maurice Ravel (1875-1937) e della malattia neurologica che lo colpì e che progressivamente interruppe le sue funzioni di linguaggio e la sua capacità di comunicare, lasciando per sempre imprigionate nella sua mente le sublimi note che ancora ci potevano regalare splendidi capolavori. Ipotizzando un tumore al cervello quale causa del suo stato, fu programmato, purtroppo in maniera maldestra, un intervento chirurgico al termine del quale Ravel sprofondò in un profondo stato comatoso e dopo pochi giorni morì.