Il bastone di Asclepio
a cura di Sergio De Benedictis [sergio.debene(at)gmail(dot)com]
DAI PISELLI ALLA DOPPIA ELICA

torna all'indice

Scienza e fede hanno poco da spartire ?

Ebbe a dire il grande Pasteur:
"Poca scienza allontana da Dio, ma molta riconduce a Lui"

E se oggigiorno i concetti della genetica sono diventati di uso comune lo dobbiamo proprio ad un ecclesiasta che a metà del XIX secolo, tra le mura del suo monastero, incominciò i suoi esperimenti sui piselli, legume tra i più saporiti sulle nostre tavole.

Gregorio Mendel (1822-1884) era curatore del giardino del convento di Altbrunn in Moravia ed il suo obiettivo era selezionare le specie più adatte alla coltivazione.
Ad un certo punto si accorse che incrociando due varietà ne derivava sempre un ibrido e decise quindi di seguire come, quelli che chiamò “fattori ereditari”, si trasmettevano nelle progenie.


Ma i risultati che ne scaturirono furono, come al solito, presi in scarsa considerazione e il nostro Mendel non seppe mai di aver fatto una delle più grandi scoperte della medicina e di aver posto le basi di una nuova disciplina: la genetica.

Infatti il termine “gene” fu coniato solo nel 1909 dal genetista danese W.L. Johannsen (1857-1927), mentre la sua localizzazione è dovuta al docente di anatomia tedesco Heinrich von Waldeyer (1836-1921) e alla scoperta nel nucleo delle cellule di “strutture che si colorano” da cui il nome cromosomi.

Fu poi il biologo statunitense T. H. Morgan (1866-1945) che con i suoi esperimenti condotti sui moscerini da frutta, in quella che tutti chiamavano “la stanza delle mosche”, stabilì che ogni gene occupa una posizione ben precisa in un dato cromosoma; lo studio gli valse il Nobel nel 1933.

Noi esseri umani possediamo 23 coppie di cromosomi: l’ultima come è noto determina il sesso.

 

Nel 1953 la grande svolta: J.D. Watson (n. 1928) e E.H. Crick (1916-2004) svelano il modello della struttura a doppia elica del DNA. Come se fossero su di una scala le molecole si arrampicano utilizzando pioli che si chiamano adenina, guanina, citosina e timina in una sequenza ormai scolpita nella storia:


AGCT

Anche loro si meritarono il Nobel nel 1962 insieme a Maurice H. F. Wilkins (1916-2004) ma il fatto di aver disconosciuto, da parte di Watson, l’apporto alla ricerca della collega Rosalind Franklin getterà per sempre un’ombra sulla sua figura.

La strada era aperta e si incominciò “a sognare” che si potesse passare ad una terapia genica delle malattie: riconoscere e correggere le alterazioni dei geni, eliminare il gene difettoso ed introdurre quello sano.

Nel 1986 il nostro Renato Dulbecco (1914-2012), dopo aver ricevuto il Nobel nel 1975 per la scoperta del meccanismo d’azione dei virus tumorali nelle cellule animali, dà vita insieme a D. Baltimore e H.M. Temin all’ormai famoso “Progetto Genoma” per arrivare ad avere la mappatura completa del nostro patrimonio genetico, il “nostro album di famiglia” come era solito chiamarlo l’insigne scienziato.

Iniziato nel 1990 sotto la direzione di Jamelia D. Wilkinson, il progetto ha prodotto una prima mappatura di circa 25.000/200.000 geni; lungi da concludersi, pur nella sua spettacolarità mediatica, il progetto ha disatteso un po' le aspettative e gli scienziati sono ora in una fase di revisione degli obiettivi originari.