Il bastone di Asclepio | ||||||
a cura di Sergio De Benedictis [sergio.debene(at)gmail(dot)com] |
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Una creatura mitologica: l'unicorno | ||||||
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Così appare nell’immaginario collettivo questa creatura mitologica, della quale nei secoli si è sempre cercato di provarne l’esistenza e di attribuire al suo magico corno proprietà terapeutiche. La sua immagine è nota in quanto utilizzata negli stemmi delle più note dinastie monarchiche europee, ricordiamo tra tutte quella Britannica, e riprodotta in moltissime opere pittoriche tra cui la nota “Dama con liocorno”, quadro controverso sia per la sua tarda attribuzione a Raffaello, sia per la scoperta durante il suo ultimo restauro della presenza iniziale di un cane, simbolo di fedeltà coniugale, al posto del piccolo liocorno, simbolo di purezza verginale. Dal punto di vista medico le prime notizie vengono attribuite al greco Ctesia di Cnido (400 B.C.), che prigioniero presso il re persiano Artaserse II Mnemone, ne divenne medico personale. Ctesia riporta come in India dal corno, una volta ridotto in polvere, si ricavasse un potente farmaco utilizzato per curare stati convulsivi, epilessia e come antidoto contro casi di avvelenamento. Per Plinio il Vecchio l’accostamento era invece da farsi con il bue indiano, mentre il naturalista e scrittore romano Claudio Eliano (175-235) nel suo autorevole studio “De Natura Animalium”, rimasto un punto di riferimento per gli studiosi a venire, ne loda le proprietà. Non spiegabile invece a riguardo il silenzio da parte di illustri personaggi quali Ippocrate, Galeno e Dioscoride Pedanio. Nonostante tutte le perplessità del caso, nel corso dei secoli si continuò a far gara nel possedere il “magico” corno; Elisabetta I ne conservava uno nel castello di Windsor e uno nella Torre di Londra con il resto del tesoro reale. Tre corni possono ancora esser visti all’interno della cattedrale di san Marco a Venezia, che tra l’altro ha nel suo stemma un leone alato, ben più famosa figura chimerica. Nel XVII secolo c’era largo commercio dell’articolo, ricavato in quel periodo dal “povero” narvalo, mammifero marino che abita le gelide acque intorno alla Groenlandia. Nel suo caso però erroneamente possiamo parlare di corno visto che trattasi invece della deformazione di uno dei due denti, caratteristica presente però solo nell’esemplare maschio.
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