Il bastone di Asclepio
a cura di Sergio De Benedictis [sergio.debene(at)gmail(dot)com]
Una creatura mitologica: l'unicorno

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Corpo di cavallo,
coda di leone,
zampe provviste di zoccoli
e
sulla fronte,
tra le orecchie:
un lungo corno appuntito

Così appare nell’immaginario collettivo questa creatura mitologica, della quale nei secoli si è sempre cercato di provarne l’esistenza e di attribuire al suo magico corno proprietà terapeutiche.

raffaelloLa sua immagine è nota in quanto utilizzata negli stemmi delle più note dinastie monarchiche europee, ricordiamo tra tutte quella Britannica, e riprodotta in moltissime opere pittoriche tra cui la nota “Dama con liocorno”, quadro controverso sia per la sua tarda attribuzione a Raffaello, sia per la scoperta durante il suo ultimo restauro della presenza iniziale di un cane, simbolo di fedeltà coniugale, al posto del piccolo liocorno, simbolo di purezza verginale.

Dal punto di vista medico le prime notizie vengono attribuite al greco Ctesia di Cnido (400 B.C.), che prigioniero presso il re persiano Artaserse II Mnemone, ne divenne medico personale. Ctesia riporta come in India dal corno, una volta ridotto in polvere, si ricavasse un potente farmaco utilizzato per curare stati convulsivi, epilessia e come antidoto contro casi di avvelenamento.

AristoteleAristotele, pur accettando la descrizione dell’animale ma identificandolo nella antilope africana del genere oryx, espresse forti perplessità sull’efficacia del preparato.

Per Plinio il Vecchio l’accostamento era invece da farsi con il bue indiano, mentre il naturalista e scrittore romano Claudio Eliano (175-235) nel suo autorevole studio “De Natura Animalium”, rimasto un punto di riferimento per gli studiosi a venire, ne loda le proprietà. Non spiegabile invece a riguardo il silenzio da parte di illustri personaggi quali Ippocrate, Galeno e Dioscoride Pedanio.

elicorno Durante il Medioevo diventò il simbolo del Cristo e persino il grande Leonardo ne accettò l’esistenza mentre nella Bibbia di Re Giacomo, versione autorizzata per la chiesa Anglicana, l’animale viene ricordato ben sei volte, ma ciò dovuto solo ad una errata traduzione dall’ebraico del termine riferito al bue selvatico.
Nel XII secolo fu un “dottore della chiesa”, Santa Ildegarda di Bingen (1098-1179), a parlar bene del corno polverizzato accreditando in tal modo il prodotto nella farmacopea ufficiale mentre chi ne dubitò fortemente fu il padre della chirurgia moderna Ambroise Paré (1510-1590).

elisabettaNonostante tutte le perplessità del caso, nel corso dei secoli si continuò a far gara nel possedere il “magico” corno; Elisabetta I ne conservava uno nel castello di Windsor e uno nella Torre di Londra con il resto del tesoro reale. Tre corni possono ancora esser visti all’interno della cattedrale di san Marco a Venezia, che tra l’altro ha nel suo stemma un leone alato, ben più famosa figura chimerica.

Nel XVII secolo c’era largo commercio dell’articolo, ricavato in quel periodo dal “povero” narvalo, mammifero marino che abita le gelide acque intorno alla Groenlandia. Nel suo caso però erroneamente possiamo parlare di corno visto che trattasi invece della deformazione di uno dei due denti, caratteristica presente però solo nell’esemplare maschio.
Fu rimpiazzato successivamente dal cervo, preda sicuramente più abbordabile, ma la prescrizione della polvere diventò sempre meno frequente, per essere poi definitivamente abbondonata, lasciando finalmente posto solo a leggende e racconti mitologici.