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Anche la veterinaria, al pari della medicina che si rivolge all’uomo, ha origini antiche ma la sua affermazione come Scienza e il relativo riconoscimento di Scuola è molto più recente.
Al pari della sua sorella maggiore, gli inizi sono avvolti tra le nebbie della mitologia e le cure per l’uomo e per l’animale erano sovrapponibili.
Creature o dei in parte uomini ed in parte animale abbondano nella mitologia classica; basti pensare a Chirone, il centauro, a cui il dio Apollo affida il figliolo Asclepio, affinchè sia istruito nella pratica medica.
Il passaggio da una vita nomade ad una sedentaria dell’uomo primitivo portò ad una addomesticazione della fauna selvatica e di conseguenza la cura per l’animale, che rappresentava una risorsa, divenne ineluttabile. I nostri antenati passarono conseguentemente da una dieta prevalentemente vegetale ad una animale, trasformandosi in carnivori.
Il primo veterinario di cui si hanno notizie attendibili è un tal Uuzugaledinna che esercitò al tempo dei Sumeri e di cui si conserva un sigillo presso il Museo del Louvre; mentre la prima traccia scritta la ritroviamo nel papiro di Kahun, ove si parla di opportune tecniche di macellazione e ispezione degli organi al fine di accertare la commestibilità dell’animale.
E nel famoso codice di Hammurabi del 1700 a.C. si parla di veterinaria, medicina del bovino e dell’agnello e tariffe chirurgiche.
In India, assecondando i dettami della religione buddista, il re Asoka nel 720 a.C. crea due tipi di ospedali: uno per l’uomo e l’altro per gli animali.
Agli inizi del Cristianesimo si riteneva un oltraggio mettere sullo stesso piano l’animale, corpo senz’anima, con l’uomo, creato ad immagine di Dio, anche se nella Bibbia ritroviamo diversi riferimenti alle malattie degli animali e al loro trattamento.
Portare un animale in ospedale è un onore per un indiano e la macellazione di vacche e vitelli è vietata dalla stessa Costituzione dell’India; la mucca fornisce il suo latte e quando non può più farlo viene accolta in opportuni “ospizi”.
In età medievale la Scienza si sposta in Oriente e sono gli Arabi a far sopravvivere la medicina veterinaria, interessandosi particolarmente alla medicina del cavallo, animale domestico ormai insostituibile per diversi lavori.
In Occidente la figura del veterinario si sovrappone e si confonde con quella del maniscalco ed in assenza di un insegnamento scientifico, l’esercizio della disciplina è lasciato all’empirismo più assoluto; solo nei monasteri troviamo un certo interesse ad approfondire gli studi.
Anche il grande Leonardo si interesso alla materia lasciandoci stupendi disegni sull’anatomia del cavallo e studiando il funzionamento del cuore del suino.
I secoli successivi, in cui il nostro continente sarà caratterizzato da diversi periodi di pestilenze ed epidemie, vedono la creazione di organismi preposti al controllo ed eventuale eliminazioni di animali ritenuti infetti; opportunamente le autorità promulgano editti che vietano l’importazione o la vendita di carne macellata.
Così come avvenne per la Medicina, anche per la Veterinaria fu determinante in era moderna la nascita di opportune Scuole: nel 1762 a Lione Claude Bourgelat fondò la prima vera scuola di Medicina Veterinaria ed è quindi ritenuto il fondatore della materia.
A oner del vero la diffusione di queste scuole fu dovuto più ad un interesse utilitaristico che scientifico; le epidemie che ancora affliggevano il nostro continente e la relativa falcidia del bestiame comportava sicuramente un danno economico per gli Stati.In Italia il primo insegnamento fu istituito nel 1769 presso l’Università di Torino, a cui seguirono in breve tempo Padova, Bologna e Napoli.
A fini preventivi e diagnostici lungo la nostra penisola determinante è stata l’istituzione degli Istituti Zooprofilattici che, oltre a fare ricerca, sono preposti alla preparazione di sieri e vaccini, al controllo degli alimenti di origine animale e al censimento dei capi di bestiame.
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