Memorie di un anziano collezionista di storia postale (LX parte):
BUSTE CON AFFRANCATURE OCCASIONALI, CASUALI, INUSUALI O ECCEZIONALI: DOCUMENTI POSTALI DA NON CESTINARE, DA NON DISPREZZARE, DA NON SCOLLARE, DA CONSERVARE E COLLEZIONARE |
§ 1) - Ho deciso di conservare in album alcuni inviii “affrancati occasionalmente”: mi sono piaciuti perché sono belli, multivalori, multicolori, con stranezze o con alti-valori ma non solo di francobolli delle Serie ordinarie, in somma “invii quasi pregiati”; naturalmente si tratta di giudizio personale. Quando gli invii non siano di spiccata origine filatelica si presentano benissimo, alcuni sono proprio non comuni ed è bene farne collezione.
Sto per trattare di Storia Postale quasi contemporanea; quella con la “Democratica” e successive sino alla fine degli anni ‘60 per me è troppo vecchia e per collezionarla occorrerebbe spendere, anche molto.
Quasi sempre i predetti invii “pregiati” provengono da Ditte individuali o Società, sono delle di essi corrispondenze epistolari di lavoro e l’affrancatura pregiata che li ha interessati è sempre occasionale, “casuale”.
In periodi di aumenti tariffari continui quali quelli succedutisi negli anni ‘80 (una volta tra un aumento e l’altro delle tariffe postali trascorsero solo 4 mesi !) fu normale che taluna Ditta si sbarazzasse di valori postali di piccolo importo (i “Siracusana” per esempio), facendo affrancature multiple e creando, quindi, invii molto fantasiosi; su buste di grande formato (cm. 33 x 24) anche 10 valori; così mi imposi un limite, cioè di conservare quelle affrancature “multiple” composte da minimo 7 valori, sia uguali che diversi su buste “normali” (da 9 x 14, fino al formato “americano”); per le più grandi: giudizio personale volta per volta.
La stessa cosa, lo sbartazzarsi di piccoli tagli di francobolli, si verificò negli Uffici Postali, in quelli non dotati di Macchina Affrancatrice tipo Citis e nei quali, per esempio, l’accettazione di corrispondenze “a firma” (raccomandate, assicurate, contrassegno) veniva fatta con etichetta numerata del blocchettario Mod. 22 e la relativa tassa percepita veniva assolta con francobolli incollati di volta in volta sull’invio, proprio lì allo sportello: gli impiegati cercarono, come da istruzioni ministeriali, di usare i vecchi valori di piccolo taglio ormai inutilizzabili singolarmente per l’affrancatura di lettere di primo porto, quindi praticamente invendibili all’utenza ed ai tabaccai abilitati alla “vendita di valori” che periodicamente facevano la “levata” per la rivendita al pubblico.
Oggi è difficile capire, con una busta da lettera in mano, per esempio “raccomandata”, se l’affrancatura sia stata fatta dal mittente o se eseguita dall’U.P, ma non è sempre così.
La norma dell’epoca era che per un’affrancatura eseguita dal mittente l’U.P. obliterasse i valori ma apponese un B.T.C. “assoluto” al recto (lato indirizzo); ma tale norma è stata spesso disattesa, senza considerare il fatto che su alcuni invii affrancati con valori multipli il posto per il B.T.C. assoluto proprio non c’era.
Altri invii “casuali” ebbero l’impiego di valori “particolari” che in me hanno determinato la scelta di metterli in album, come il seguente:
il 3 ottobre |
Antonio Rufini
28-08-2023
|