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Memorie di un anziano collezionista di storia postale (XLII parte): Aziende italiane, loro affrancature e pubblicità: MOLINARI |
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Antonio Rufini | ||||||||||||||
Questo Capitolo è destinato ad una arcinota azienda laziale, la MOLINARI ed al suo prodotto più venduto, anche nel mondo: la SAMBUCA EXTRA. Dovrò fare molta attenzione, dato che trattare di “Sambuca” potrebbe significare uno sconfinamento in un’altra rubrica classica de IL POSTALISTA: “Al Dente”.
che hanno tutti, nel corso degli ultimi decenni, avuto dei piccoli restiling che però non hanno modificato la struttura dell’immagine del contenitore del prodotto. La sesta bottiglia a destra venne dedicata al 75° anniversario della Sambuca nell’anno 2020; è stata prodotta in numero limitato ma ignoro quanto “limitato” (design: OZ, Olimpia Zagnoli, un’illustratrice minimalista). La quarta bottiglia da sinistra è l’attuale, creata nel 2017 (capsula di alluminio anti effrazione, firma di Molinari in rilievo e ”SM” in colore rosso con, ancora, seconda firma di Molinari in argento) Quattro bottiglie non le mostro nemmeno (mini 3 cl., tascabile 10 c., 1,5 litri e 3 litri) dato che poco cambiano al panorama mostrato; comunque in vendita ci sono; quella da 3 litri, per esempio, mi pare di averla vista nell’ipermercato per utilizzatori professionali Metro Italia C. & C. (a Roma ce ne sono 4 di suoi punti vendita; io, figuriamoci, ho la tessera per accedere perché sono Avvocato, quindi titolare di Partita IVA!). Ce ne saranno altre bottiglie? Non lo so. Io ho conosciuto queste e, come raccoglitore/archiviatore dilettante, penso d’aver già fatto tanto; ed altre cose di Molinari e Sambuca andrò a dimostrarle più appresso. La storia della MOLINARI è la storia della SAMBUCA EXTRA. Un romano, Angelo Molinari (Roma 1893-Civitavecchia 1975), specialista di vini, liquori e forse aromi, nel 1936 si trasferì a Civitavecchia e lavorò per <i successori di> Luigi Manzi (dei quali poi dovrebbe essere stato anche socio) il quale Manzi aveva inventato il liquore Sambuca prodotto con i semi dell’anice verde(1). Il Manzi aveva anche inventato di sana pianta il nome “Sambuca”(2) e con quel nome aveva commercializzato il suo liquore (prima la Sambuca Manzi, poi, i suoi discendenti, da ultimo, 1948, fabbricato e venduto la Sambuca FAMA della “Sambuca FA.MA. S.r.l.” di Civitavecchia). Angelo Molinari reinventò la Sambuca di Civitavecchia, realizzandola con anice stellato e altri aromi (segreto di fabbrica) e in più aggiunse al nome l’aggettivo “EXTRA”(3). Il Molinari iniziò con un laboratorio artigianale da 300 bottiglie il primo anno (1945) per poi passare, 25 anni dopo, a 3.000.000 di bottiglie (1971). Concludendo vi mostro cosa ho trovato ed è tantissimo, più o meno centoventi bottiglie di Sambuca, considerando che le Sambuca addizionate di altri aromi (liquerizia, melograno, fico, caffè, etc.) quasi non le ho nemmeno considerate; in internet mi si è aperto un sito delle distillerie italiane, divise per regione; non lo avessi mai aperto ! Le ho controllate cinque al giorno: un mese di lavoro, finchè non ho smesso per stanchezza (è stato faticoso acquisire le schermate e ridimensionarle in modo da farne entrare 6 o sette a riga per 3 gruppi di 6 a foglio formato A/4); verso la fine della “spulcia” stavo quasi per mettermi a piangere. Ho tralasciato qualcosa: produce la Sambuca anche un tale del Sud Africa (con cognome italiano); qualche altra cosa di sicuro mi sarà sfuggita per stanchezza o mia incapacità; sul sito d’un produttore mi si è aperto l’avviso dell’antivirus, di sito pericoloso, infetto; alcune bottiglie mi sono riuscite talmente male da non incollarle qui appresso; per un buon numero di bottiglie di Sambuca non compariva il nome, la ditta del produttore; due centri GDO (Grande Distribuzione Organizzata) si fanno fare (cioè da altri) la Sambuca col loro nome. La Sambuca “Manzi” la produce la Molinari. Ho trovato proprio di tutto. E poi gli aggettivi qualificativi che precedono o seguono “Sambuca”: alcuni scontati e altri bizzarri, la fantasia italiana non ha veramente limiti. Eccovi il risultato della ricerca:
Sono costretto a dare un colpo di spugna alla “favola” per la quale la Sambuca si faccia coi fiori di sambuco. Quella che segue è una convinzione mia personale. Che nella Sambuca possa esserci l’aroma dei fiori di sambuco può crederlo solo chi non ha mai visto e toccato un cespuglio di sambuco. Ho fatto da ragazzino e per 11 anni le vacanze al paese (Grisciano di Accumoli, in provincia di Rieti); la stradina che portava a casa nostra (avita) e a casa di Sora Menica e del marito Antonio (Bicchinijo) Rendina era recintata verso la vigna del nostro amico Umberto (detto “Cataba”) da una siepe di sambuchi. A circa 650 metri s.l.m. la stagione era in ritardo ed i sambuchi fiorivano verso luglio: delle belle infiorescenze bianche ad ombrello larghe un palmo con le quali mia nonna, prima che i fiori fossero impollinati e comparissero i semi neri, più volte realizzo delle speciali frittelle fritte, pastellando proprio i soli fiori (non rammento se prima sbollentati); ma la cosa non si ripeteva spesso, perché comparsi i semi, pare che i fiori diventassero immangiabili. I fiori bianchi del sambuco avevano un profumo talmente delicato da essere quasi impercettibile; l’alcool di certo non ne poteva mantenere l’aroma, il ferormone vegetale. Di più: qualcuno al paese affermava che il sambuco fosse parzialmente velenoso e che coi semi maturi, neri, si facesse solamente un inchiostro autarchico; a conferma, quando casualmente passavano vicino alla siepe di sambuchi degli animali “domestici”, asine, mucche o capre, quelle bestie nemmeno per l’anticamera del cervello tentavano di arraffare qualche foglia di sambuco, snobbavano quella siepe mentre addentavano i “Dente di Leone” che è amarissimo; segno incontestabile che il sambuco non dovesse essere gradevole, per non dire immangiabile. Del sambuco non se ne facevano altri usi: i rami deboli e leggeri, con una specie di spugna bianca all’interno, non venivano bruciati. Io e mio fratello ne abbiamo fatto solo degli usi impropri, da ragazzini teppisti: una volta io tenni fermo un coetaneo, tal Fidanza e mio fratello lo frustò in faccia con un ramo e foglie di sambuco; la sorella del frustato, molto più grande di noi, ci inseguì per pareggiare il conto a mani nude……Termino: se ci fosse stato un qualcosa di tossico nei fiori, oggi non posso affermarlo; di certo con la frittura quel qualcosa che proprio di velenoso potesse esserci, col calore dell’olio anche oltre i 150 gradi andava via, veniva annullato; io ed i miei non ne siamo morti e tanto basti. Sui fiori del sambuco non voglio soffermarmi oltre; dubito che s’usino per la SAMBUCA EXTRA di Molinari. Nel loro sito ufficiale (della Molinari) si afferma che il nome derivi dall’arabo “zammut”, una bevanda a base di anice; potrebbe essere vero. Però il termine “Sambuco” identificava in lingua latina una pianta ed in arabo anche un tipo di imbarcazione a vela. Dopo tanti anni chi può venirne a capo di codesto guazzabuglio? Un dato storico è certo: usò il termine “SAMBUCA” a metà del XIX secolo il Manzi, tutto il resto è quasi favola. Non possono aiutarci i vocabolari della lingua italiana; chi vorrà potrà consultare tutti i dizionari da metà dell’’800 ad oggi e troverà di tutto, cioè nulla di certo. Certamente la Ditta Molinari a Civitavecchia ha potuto avvantaggiarsi di tre geni: il fondatore Angelo, il figlio Antonio (194o-2022) e la figlia Mafalda (1923-2015), che è stata anche Senatore della Repubblica; da quando le redini dell’Azienda vennero prese dal figlio Antonio e dalla (poi) Senatrice Mafalda, gli affari andarono alla grande, tanto da costruire uno stabilimento nuovo in Colfelice (FR) e dal quale possono uscire, pare, 60.000 bottiglie di Sambuca al giorno. Riferiscono, oggi, che l’Azienda fosse gestita dai due fratelli, in particolare da Mafalda Molinari, con pugno di ferro; pare pure che i fratelli e fors’anche i nipoti la chiamassero “il Colonnello”, ma sul punto potrei aver raccolto delle semplici dicerie, dei pettegolezzi. E’ però un fatto incontestabile che con Antonio e Mafalda Molinari l’Azienda tipicamente “locale” di Civitavecchia e del Lazio, nei quasi 40 anni che da essi fu gestita, divenne un vero colosso, un gigante nazionale e con vendite in ogni parte del mondo. La prima, del 5/3/1979 è una busta da lettera Raccomandata intestata della Molinari Commerciale S.r.l., affrancata in tariffa e accettata con A.M. Citis dall’Ufficio di Civitavecchia; forse all’epoca chi gestiva l’Azienda (Mafalda Molinari e il fratello Antonio? quasi sicuramente si!) aveva diviso il lavoro in due entità, la fabbrica e la commercializzazione. Ma la cosa è da accertare mediante visura presso la C.C.I.A.A. di Roma che ha in deposito tutti gli atti cartacei delle Cancellerie Commerciali del Tribunale di Roma e di quello di Civitavecchia (istituito nel 1974). Gli atti sono conservati anche in microfilm ma visionarli, oggi, non è uno scherzo: siamo in piena pandemia da COVID19 (questo scritto l’ho principiato prima di Natale 2021) e l’archivio dei microfilm della C.C.I.A.A. di Roma, all’E.U.R., è al piano interrato e andarci e stazionarci per varie ore, indossando la mascherina FFP2 non è proprio una “boccata di salute”. Sulla busta mostrata ci sono da fare vari ragionamenti:
La seconda busta (sotto) del 18/1/1980, Raccomandata senza A.R., è simile alla precedente quindi stesse considerazioni. Venne stampata dalla medesima tipografia su buste della medesima cartiera, ma con “finestra” trasparente spostata da sinistra a destra (nuove prescrizioni delle Poste). La terza busta del 2/5/1980 (sotto), affrancata per Raccomandata semplice ed accettata con A.M. Citis dall’U.P. di Civitavecchia venne spedita con busta bianca anonima, intestata con semplice timbretto in gomma ad inchiostro a spirito. La Molinari aveva terminato le buste intestate a stampa? Oppure qualcuno dimenticò di farle stampare, in anticipo, dalla tipografia? Mah, chi lo può dire! E se invece anche il settore commerciale della Molinari fosse all’epoca in corso di riaccorpamento con la produzione? Non sono riuscito ad accertarlo nemmeno con varie telefonate ed e-mail a Civitavecchia, proprio alla Molinari, perché è ormai passato troppo tempo e, se anche qualcuno poteva sapere qualcosa o ricordarsene anche in parte, è ormai in pensione da anni; l’ultimo in grado di dare spiegazioni, Antonio Molinari, Presidente del Consiglio di Amministrazione della attuale S.p.A., è mancato ai vivi a fine aprile 2022! Però la stessa cosa s’era verificata il 2/5/1979, come da busta Raccomandata (semplice) che segue (quarta immagine). Il timbretto a spirito del 1979 era diverso da quello del 1980, aveva le virgolette nella denominazione sociale. Continuo ad essere perplesso, ma poteva perfino trattarsi di idea “sparagnina” da civitavecchiese, busta bianca con timbretto e niente spesa di tipografia……...E poi gli ultimi invii: tutti senza A.R., bastava la ricevuta 22-R e niente spesa aggiuntiva (£. 120, il Mod. 23-I era parificato alla Cartolina Postale di Stato) !
Poi dal mio archivio sono saltate fuori delle buste di corrispondenza molto intriganti; la prima del 12/6/1980 è una busta formato americano intestata a stampa della “L.R.C. LIQUORIFICI RIUNITI DI CIVITAVECCHIA S.R.L.”, affrancata ed accettata dall’U.P. di Civitavecchia con M.A. Citis. Ha lo stesso indirizzo della Molinari Commerciale (Via Aurelia Nord Km. 75,300) ma il numero di telefono diverso dalla Molinari Commerciale. Di certo doveva trattarsi di Società della Molinari, oggi però è impossibile conoscere di cosa si occupasse, cosa fabbricasse o di che cosa commerciasse; si tratta di oggetto di oltre 40 anni fa; con la scomparsa del Dr. Antonio Molinari (+ 23/4/2022), ultimo figlio di Angelo Molinari ad occuparsi dell’Azienda di famiglia, viene a mancare l’ultima persona in grado di dare una risposta, una spiegazione alla corrispondenza de qua; spero di riuscire a trovare una qualche soluzione alla domanda quando potrò accedere alla C.C.I.A.A. di Roma e visionare i microfilm degli atti e verbali depositati all’epoca. Comunque eccovela: Le prossime quattro buste mi hanno incuriosito e dovrebbero dare da pensare anche ai lettori de IL POSTALISTA (ed una soltanto ha il BTC assoluto per invio affrancato dal mittente):
Chi era la “mittente” Ermelinda Cori che aveva buste intestate a stampa e due anche con l’aggiunta di “Prodotti MOLINARI”? Era un’Agente di vendita? Era una familiare del fondatore Angelo Molinari (morto nel 1975), forse la coniuge, e che effettuava rivendite in proprio di prodotti concessile dalla Molinari? Era una commerciante di vini ed alcoolici? Senza poter fare ricerche in Anagrafe di Civitavecchia non potrò affermare nulla. C’è però un fatto curioso; “sbisigando” in internet m’è uscita fuori una cosa stranissima: quella tale “Cori” aveva depositato presso il Ministero dell’Industria il 26/8/1963 un Brevetto per marchio d’impresa e con durata anni 20! Vi sarà venuta, cari lettori arrivati fino a questo punto della “storia”, la curiosità di sapere di che marchio si trattasse? Ecco il brevetto più sotto riprodotto. E’ il brevetto della SAMBUCA EXTRA! ma per confezione da cl. 33 (i collezionisti direbbero una “mignon”); così è scritto a macchina e chissà se sotto il disegno vi fossero altri tipi di bottiglie. E anche le annotazioni in calce al documento ministeriale sono assai curiose:
Anche in questo caso dovrò fare ricerche nell’archivio dell’Ufficio del Registro delle Imprese, cosa che qui prometto ai lettori de IL POSTALISTA; lo farò, solo coi miei tempi, generalmente lunghi; comunque, le corrispondenze uscite dal mio archivio non solo sono interessanti ma danno da riflettere e comunque non sono così comuni come potrebbe pensarsi. Il fatto è che indagando sulla Molinari vengono fuori tantissime notizie, una più curiosa dell’altra: per esempio che Mafalda Molinari, citata, (una dei 6 figli di Angelo Molinari) era titolare di impresa individuale (Viale Baccelli Guido 126 00053 Civitavecchia, <sottocategoria liquori> partita IVA 00438491003) e non può trattarsi di un caso di omonimia. Insomma, più si cerca e più notizie si trovano; è articolato incollarle al loro giusto posto: in pratica trattasi di un puzzle difficilissimo, da montare in verticale(7). Questa è una puntata sulla SAMBUCA EXTRA della Molinari e non voglio addentrarmi nella “storia” della Sambuca inventata da Manzi a metà del 1800; è un’altra bella storia che sicuramente contiene i prodromi della SAMBUCA EXTRA, ma per quanto interessantissima (e trattata degnamente in internet) è un'altra storia e non voglio andare fuori tema. I veramente interessati della storia della Sambuca Extra di Molinari potranno dare un’occhiata all’agiografia “Storia della Sambuca Molinari” di Carlo Canna, oppure a “Liquore Sambuca una storia romana” di Daniele di Geronimo, ma è interessante anche ”Sambuca, storia, caratteristiche del liquore” con foto di Andrea Pixabay, tutte opere che contengono anche foto storiche che qui non voglio riprodurre perché forse andrei ad urtare con problemi di copyright. Unisco solo foto di Angelo Molinari, il fondatore dell’Azienda, estratta dal sito ufficiale della Società, una della Senatrice Mafalda (tratta dall’archivio storico del Senato della Repubblica) ed una di Antonio Molinari, l’ultimo figlio del fondatore dell’Azienda, scomparso da poco: tre geni imprenditoriali e si noti pure: non del Nord Italia, ma del Lazio. Chiudo questo capitolo sulla Molinari di Civitavecchia allegando vecchie pubblicità (sia a stampa che TV), o recentissime oppure dei tempi che furono; quelle vecchie erano creazioni d’artista molto personalizzate che sono restate indelebili nella memoria storica degli acquirenti:
Sopra: una bottiglia di Sambuca Extra Molinari; notare che a fianco c’è una ciotolina con chicchi di caffè tostato (tre sono già nel bicchiere: le “mosche” che galleggiano pigramente “a pancia all’insù” nella Sambuca), una vera delizia per il palato, da sgranocchiarsi una per una sorseggiando la Sambuca che ne esalta l’aroma o che si esaltano le une con l’altra. E’ un modo di sorbire il liquore tutto romano e nato a Roma ai tempi della “Dolce Vita” di Via Veneto (anni ’50 del XX Secolo); l’ho fatto “scoprire” a Riccione lo scorso agosto 2021 alle bariste del Milano-Helvetia che lo ignoravano e che ne sono rimaste affascinate dalla bontà. Anche sul numero di “mosche” nella Sambuca Extra ci sono varie leggende metropolitane, simpatiche ma senza fondamento storico (se cioè le mosche debbano essere una o tre o sette). NOTE: 1) – la Sambuca Molinari, invece, è prodotta con Anice Stellato, che, come detto; è un frutto tropicale di un albero del Sud-Est asiatico e della Cina. L’aroma dell’anice stellato è uguale a quello dell’anice verde (che è un seme) perché entrambi contengono olio essenziale “anetolo” (etere insaturo aromatico). I popoli del Mediterraneo hanno sempre usato l’anice verde per insaporire cibi e bevande; l’anice stellato, portato in Europa già dal tardo medioevo, è stato come una “chiave falsa”, casualmente riuscita perfetta all’originale (l’anice verde) impiegata proprio al posto dell’anice verde del quale il prodotto annuo è talmente misero da considerarsi insignificante. Oggi, quindi, usare l’anice stellato è più conveniente che usare l’anice verde che, di fatto, è relegato alla pasticceria ed a pochi altri usi. I francesi che hanno sempre usato l’anice verde per il loro “pastis” e per il “Pernod Ricard” mi pare che abbiano sempre affermato che il migliore anice verde del Mediterraneo fosse quello dei Monti Sibillini, nelle Marche e chissà se lo usano veramente per i loro prodotti oppure impieghino anice verde della Provenza, della Linguadoca e delle Alpi Marittime oppure, anch’essi, l’anice stellato orientale? solo che la distilleria era sempre in provincia di Chieti ma a Borrello (montagna vera, 800 metri s.l.m.); ho quindi telefonato direttamente a loro in S. Giovanni Teatino e la telefonista, meravigliata dalla mia insolita domanda, mi ha confermato il trasferimento di sede dell’Azienda avvenuto circa 40 anni prima; il tempo vola; il Comune di Borrello ha oggi poco più di 300 abitanti; la distilleria si trasferì in un centro molto più grande; nelle loro buste intestate c’è la data di fondazione dell’Azienda “1907”, saranno ora alla quarta o quinta generazione della famiglia Evangelista a mandare avanti la distilleria; data la crisi economica generale che ha colpito tutta l’Italia e in ogni settore merceologico, auguro loro le migliori cose in un territorio in cui anche sette o otto posti di lavoro in più o in meno contano tantissimo. Dal mio archivio ho tirato fuori altre corrispondenze di distillatori o produttori di alcoolici italiani ed ho messo da parte i più noti, con le cui corrispondenze farò altre “memoriette” riguardanti la Storia Postale; di una sola distilleria, sempre abruzzese, anch’essa del teatino, mostro la busta, cioè della Di Cicco, più giovane della Evangelista e la allego proprio perché anch’essa produce Sambuca e chiedo scusa agli altri produttori abruzzesi che non cito espressamente, ma ho la attenuante, l’esimente di non possedere loro corrispondenze da mostrare (aggiungo: nello stesso paese della Di Cicco, Villa Santa Maria, operano, cosa che ha dell’inverosimile per un Comune di meno di 1.500 abitanti, altre due distillerie). Qui, anche ai Di Cicco, produttori di Centerbe, auguro loro buon lavoro e le migliori cose, di cuore: 5) La Molinari Italia entrò nel 1999 nell’azionariato del “Limoncello di Capri S.r.l.” il limoncello più bevuto nei Bar e Ristoranti d’Italia; dal 2004 distribuisce il GIN MG ottenuto col sistema London Dry; dal 2005 distribuisce la miglior vodka russa, la TOVARITCH; nel 2012 acquisì il marchio VOV (storico, datato 1845); distribuisce l’Elisir Gambrinus (storico, nato nel 1847). Antonio Rufini | ||||||||||||||
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