Ducato di Modena

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UN EVENTO STORICO PER MODENA
di Gianluca Palano

Collezionando storia postale talvolta può accadere che una comune lettera acquistata per semplice gusto estetico ci riservi piacevoli sorprese e che, trasportandoci improvvisamente indietro nel tempo, ci trasformi in degli imprevisti spettatori di episodi storici importanti e molto significativi.

Attraverso tutta la genuinità della narrazione di chi, a quel tempo, quegli stessi episodi li ha vissuti in prima persona, riusciamo persino a percepire ed a gustarci tutte le sfumature che i suoi occhi son riusciti a cogliere e tutte le emozioni che le sue mani son riuscite a trasferire su carta.
È il caso di questa missiva parmense. (fig. 1,2)

(fig. 1, 2 – Collezione Personale)


La lettera, affrancata con un semplice esemplare di 15 centesimi della prima emissione di Parma, nero su carta colorata rosa (in tariffa ducale per località distanti entro le 10 leghe), fu scritta il 9 Luglio del 1857 a Fontanellato da un prete domenicano, “al secolo” Don Domenico Preo.

Fu poi postalizzata nel vicino ufficio postale di Parma indirizzata ad un suo caro amico, un religioso che viveva a Lonato (comune bresciano che all’epoca era sotto il dominio austriaco del Lombardo Veneto). Giunse a destino tre giorni dopo, come da bollo di arrivo al verso.

La prima cosa che salta all’occhio di questa lettera parmense è la scrittura elegante e minuta presente sul fronte. Una calligrafia tipica di persone culturalmente elevate quali, appunto, potevano essere quelle educate secondo una rigida istruzione ecclesiastica. Ma è solo aprendo le pagine del piego e leggendo lo scritto interno che veniamo catapultati, direttamente, su un evento storico-politico-religioso di elevata importanza, non per Parma ma, inaspettatamente, per il piccolo ducato di Modena.

E già…proprio così, una lettera Parmense ci descrive un episodio importante del vicino ducato di Modena. Incredibile!
Per poterne apprezzare appieno la bellezza storica, occorre però fare un piccolo excursus sul clima e la situazione geopolitica del tempo, anche per dar modo a chi non mastica molto la nostra storia risorgimentale, di inquadrarne il corretto contesto.

Si trattava di un periodo storico in cui i venti risorgimentali spiravano con forza nei vari regni in cui era suddivisa la nostra penisola e si susseguivano, nelle popolazioni, moti e movimenti liberali volti alla scacciata dei vari sovrani dai ducati.

Erano gli anni antecedenti quella che sarà, da lì a poco, la seconda guerra d’indipendenza italiana.

A capo della chiesa vi era Papa PIO IX, al secolo Giovanni Maria Mastai-Ferretti, pontefice e ultimo sovrano dello Stato Pontificio che, se all’inizio del suo pontificato, grazie ad alcune riforme aveva dato l’illusione di essere un <<papa Liberale>>, si era velocemente ravveduto, dimostrandosi del tutto intransigente a qualsiasi apertura averso quel tipo di politica. (fig.3)

(Fig 3. Papa Pio IX)

I vari sovrani, indaffarati a smorzare con mezzi più o meno leciti e violenti questi movimenti che nel sottobosco urbano si andavano diffondendo, cercavano un modo sacro per sugellare il loro diritto al trono e alla sovranità. La consacrazione papale e l’alleanza con la potente Santa Chiesa erano di sicuro una evidente conferma di tale diritto divino che avrebbe, oltretutto, scoraggiato eventuali focolai di insurrezione.

Grazie ad un estenuante lavoro politico il Duca di Modena Francesco V d’Austria-d’Este, insieme al vescovo Cugini, era riuscito nel 1855 a far eleggere la provincia ecclesiastica di Modena ad Arcidiocesi metropolitana, comprendente le circoscrizioni vescovili di Reggio Emilia, Guastalla, Carpi e Massa Carrara. Già questo importante riconoscimento religioso aveva fortificato, almeno dal profilo puramente formale, l’alleanza Estense-Pontificia ed aveva sancito la tanto agognata unificazione tra giurisdizione ecclesiastica e confini ducali.

Approfittando dell’occasione fornitagli dal viaggio di Pio IX presso tutte le Delegazioni del suo Stato, Francesco V sollecitò più volte il pontefice per una visita presso il proprio ducato, da poco neopromosso a provincia ecclesiastica.

Questo perché era ben consapevole e fiducioso che un tale avvenimento, in un periodo di forti turbolenze liberali, se si fosse realizzato, avrebbe senz’altro avuto un fortissimo impatto figurativo ed avrebbe esaltato il prestigio della sua città.

Inoltre la visita del Pontefice avrebbe accresciuto nel popolo l’attaccamento alla religione e, conseguentemente, alle monarchie che la Chiesa stessa sosteneva esplicitamente. Non da ultimo, sarebbe stato motivo di deterrenza verso i moti liberali.

Quasi inaspettatamente, questa agognata visita avvenne davvero, senza nemmeno troppo preavviso.

E qui torniamo alla nostra lettera. (fig. 4 e 5)

(fig. 4 e 5)


Il prete (dopo un breve saluto di circostanza al suo amico) ci apre, attraverso il suo racconto, una finestra sul passato dalla quale possiamo metaforicamente affacciarci ed apprezzare tutta la forza simbolica delle azioni compiute da un sovrano prostratosi, per interessi politici, alla sudditanza papale.

Ma lasciamo la parola, come è giusto che sia, a Don Domenico, mittente della lettera protagonista di questa storia ed apprezziamone la trascrizione che segue, volutamente lasciata integrale, con tutti i suoi errori e con una grammatica propria di un italiano ancora abbastanza arcaico:

<< Mio Carissimo Don Vincenzo,
Le Galette
(sono i bozzoli dei bachi da seta usati per la filatura, n.d.r.) ch’io credevo poter avere dal Bardini non le ho prese, perché riuscite brutte, secondo il mio modo di vedere, brutte per ogni maniera: a, nemmeno da altri le ho prese, perché provenienti da insetti malaticci. Suor Anna si occupa di trarne un poco dalla sementa da due a tre a quattro libre dalle galette offerte alla B.V. (Beata Vergine, n.d.r.) >>

Dopo i convenevoli introduttivi, Don Domenico inizia la sua personale descrizione degli eventi e ci accompagna, mano nella mano, nell’episodio storico:

<<L’inaspettata notizia che Sua Santità per aderire all’invito del Duca Estense, sarebbe venuto in Modena, fu causa che queste monache mi spinsero di andare a chiedere per esse loro l’apostolica benedizione.
La sera del 30 Giugno smontai al convento di S. Domenico accoltovi assai bene dal Provinciale Cella e da tutti quei religiosi, e così potei vedere i preparativi della festa, l’arrivo e la partenza del Santo Padre, e la festa tutta che gli fecero pel medesimo dalla sera del suo arrivo (2 corrente) alla sera della partenza che avvene alle cinque pomeridiane del 4.
Il brevissimo intervallo, tra l’accettazione dell’invito e la venuta del sommo Pontefice, non permise ai modanesi di fare di più di quello che fecero, sebbene nulla o poco più avrebbero potuto fare. Gli archi trionfali posti sulla via di S. Ambrogio sino a Modena, e i molti archi illuminati a rappresentazioni simboliche, e la strepitosa illuminazione variamente disposta e figurata in tutta la città, furon cose sorprendenti.
Il Duca, lo Stato Maggiore, le guardie nobili, la magistratura, l’arcivescovo e quantità di carrozze ad incontrarlo sino al confine. Per un miglio fuori di porta eranvì ad ambi i lati della via palchi stipatissimi di gente.
Dalla porta della città sino al Duomo la via era gremita pure da gente riparata da due gran file di soldati, e davanti ai soldati due file di confratelli vestiti dà loro abiti con stendardi e croci.
Il Duca si annientò sino al punto di fargli da battistrada mentre a cavallo procedeva non solo il Pontefice, ma anche tutte le carrozze, e dragoni che precedevano il Santo Padre.
Fu scena commoventissima e d’altra parte esemplarissima vedere fuori la soglia del tempio, prostrati a terra il Duca colla Duchessa e sorella del Duca, che vollero baciare il piede al Sommo Pontefice appena smontato dalla carrozza, e il Santo Padre che cercava di impedire quell’atto di grande umiliazione di sovrani nel proprio Stato.
Ricevuta dal Padre la Santa Benedizione, col venerabile Mos. Rattaelli, appiedi dalla cattedrale si recò al palazzo del Duca, seguito dalla corte ecc.
Entrato in palazzo si mostrò dalla gran ringhiera ridotta a magnificatissimo trono, e dette all’immensa popolazione gremita in sul piazzale l’apostolica benedizione, preceduta e seguita dai più entusiastici Viva il Santo Padre: viva Pio IX. Tutta la notte (come pure la notte precedente) fu un giorno continuato per la calla e molte anzi universali illuminazioni, per le tredici bande musicali distribuite in vari punti della città, per la calca immensa degli indigeni e forestieri che non trovaron l’ora, e molti nemmen luogo d’andare a riposo.
La mattina del 3 celebrò nella cattedrale e dopo dalla loggia del vescovo ridette la Benedizione al popolo e quindi dalla loggia o ringhiera del Duca benedì a tutte le truppe e al popolo.
A li evviva spontanei non mercati si ripeterono caldissimi e dalle truppe e dal popolo: Evviva che si ripeterono assai volte e di giorno e di notte nei due giorni che si trattenne in Modena.
Il Duca chiese l’udienza specialissima per i religiosi Domenicani, ed il Santo Padre ci accolse ben volentieri, e ci trattenne a lungo dopo avergli baciato il piede e la mano.
Nel godermi quelle feste non avevo altra pena che quella di non avervi meco, e se non fosse stato così improvviso tale avvenimento, a qualunque costo vi avrei fatto venire.
>>

Finita la descrizione degli eventi che aveva vissuto con tripudio emotivo, Don Domenico chiude la lettera con i saluti:

<<La cavalla sta bene abbastanza, ed anche della sua zoppicatura, temuta dai veterinari irrimediabile, pare stia assai meglio.
Ditemi quando avete fissato di venire.
La festa di S. Domenico la celebriamo il 9 d’Agosto.
Ricevete i saluti di tutte le monache, del Conf.e, delle donne e di tutti.
Voi salutate a tutti
Fontanellato, 9 Luglio 1857
Il Vostrissimo P. Domenico de Preo
>>

Ciò che immediatamente traspare attraverso una veloce lettura di questa bella lettera è sicuramente l’aria di festa dell’intera popolazione ed il giubilo dello scrivente, giustamente emozionato dall’incontro vis a vis con il vicario di Cristo. Viceversa quello che più emerge da un’attenta analisi storica è la percezione di costante sottomissione che diede il Duca Francesco V.

Fu talmente esplicita, da essere notata persino dal nostro casuale spettatore, autore della lettera.

Il Duca, con i suoi comportamenti caratterizzati da una totale ostentazione di asservimento, per di più posti in essere nel suo territorio ed al cospetto dei suoi sudditi, riuscì a creare imbarazzo persino al Papa stesso. Difatti, come abbiamo letto nel dettagliato racconto, Francesco V prostrato a terra dinanzi la cattedrale insieme ai suoi congiunti più stretti, baciò i piedi al Pontefice, nonostante questi cercasse pudicamente di impedire un tale umiliante gesto. (fig.6)

Fig. 6 – particolare della lettera

Come sappiamo in seguito la storia diede comunque torto alla politica del Duca, ed a nulla servì la sua alleanza con la Santa Chiesa, anch’essa travolta dagli eventi che portarono ineluttabilmente all’unificazione nazionale sotto la guida Savoia. Difatti, quasi due anni dopo tale evento, sull’onda della seconda guerra d’indipendenza, il ducato di Modena insorse (come altri territori tra cui anche legazioni sotto il dominio papale) ed il Duca fu costretto fuggire ed a rifugiarsi in Austria insieme alla corte ed al suo piccolo esercito.

In particolare gli eventi storici avvenuti nel biennio tra il 1859 ed il 1861, (con la seconda Guerra d’indipendenza e l’impresa dei mille), ci restituirono una penisola totalmente modificata nei confini. Lo stesso Stato Pontificio, usurpato della maggior parte dei suoi territori, fu’ circoscritto e relegato ad un misero territorio laziale, rinominato Patrimonio di San Pietro.

Il processo di unificazione nazionale, sospinto da venti liberali fu, a tutti gli effetti, inarrestabile ed a poco servì anche la consacrazione del diritto divino al trono e l’agognata alleanza con la Santa Chiesa.

A noi resta comunque il grande piacere di poter rivivere avvenimenti passati attraverso gli occhi di terze persone che hanno lasciato testimonianze reali e genuine di episodi importanti del nostro passato.

La bellezza della storia postale.

fig. 7 – il duca Francesco V d’Este, papa Pio IX, Arcivescovo Mons. Cugini, in una incisione dell’epoca relativa alla visita del papa a Modena, (fonte: web)

Gianluca Palano
14-06-2024

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