la carta e l'inchiostro non sempre vanno
d'accordo (settima parte)
Usciamo per un attimo dai francobolli e parliamo due
secondi della carta e dell’inchiostro. Non da quando esistono o chi li
inventò… ma per sapere cosa c’è e cosa c’era nell’inchiostro, perché
alcune scritte su lettera sono “forate”? Cosa c’è e cosa c’era
nell’impasto della carta? Quella di oggi contiene una parte riciclata, un
po’ di cellulosa “transgenica”, sfridi (ritagli) di carte e giornali,
coloranti, sbiancanti, addensanti ecc. che non sarà in grado di
conservarsi a lungo come hanno fatto le lettere del settecento e
dell’ottocento, che invece erano fatte di una bella carta, anche se non
bianca, ma resistente, come se fosse pergamena, una carta che
“scrocchiava” tra le dita, formata da una parte di
foto 1
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stracci, da pura cellulosa ecologica estratta da
vari legnami ( foto 1), da parti di nobili fibre di
foto 2
foto 3
cotone (foto 2) e parti di fibre di canapa coltivata (foto 3). Questa era
la vera carta, con le sue impurità nell’impasto ma che si è poi rivelata
durevole nel tempo.
L’inchiostro di oggi che tutti conoscete è formato da molti prodotti
chimici di varia natura, olii ed addensanti, anche vegetali, che non stò
ad elencarvi. Invece parlerò di quello più antico, e perchè talvolta è più
nero e talvolta più bruno. Già nel XII secolo il monaco Teofilo , fa
riferimento ad un inchiostro a base di ferro. Encaustum in latino, che
significa bruciato, cotto come il nerofumo, principale fonte antica di
pigmento nero. Il monaco prescriveva per la preparazione dell’inchiostro
un tannino ottenuto con la polverizzazione di alcune piante in decotti di
noci di galla in acqua, o di aceto e una miscela di ferro e gomma arabica.
Per il rosso si ricorreva al minio (ossido di piombo) o al carminio
(cinabro, solfuro di mercurio), per il bianco alla biacca (carbonato di
piombo) ecc. Tali formule cambiarono un po’ durante il passare degli anni,
ma il composto “ferrogallico” resse per molto tempo fino quasi ai giorni
nostri. All’inizio del XX secolo con l’introduzione dei pennini metallici
si preferì gli inchiostri di china al posto del complesso ferrogallico,
(in quanto composto acido), perché gli stessi pennini venivano corrosi. E
perché molte lettere antiche in circolazione, una buona percentuale, sono
forate nel punto di scrittura, come fustellate? Il composto acido ha
corroso il supporto di carta o pergamena. Per ottenere la completa
ossidazione del ferro nel liquido ed il relativo annerimento, occorreva
qualche tempo di esposizione all’aria; pertanto per abbreviare i tempi di
utilizzo si tendeva ad aumentare l’apporto del solfato di ferro nella
soluzione. Questo però, se da una parte rendeva immediato l’annerimento
dell’inchiostro, dall’altra rendeva instabile il composto che, a causa
delle aumentate proprietà ossidanti, virava molte volte al marrone più o
meno rossiccio per effetto della “ruggine” che si formava appunto con
l’ossidazione dell’eccesso di sale di ferro.
foto 4 |
Nel lungo periodo l’aumentata acidità
dell’inchiostro innescava un processo di deterioramento del supporto
fino alla rottura, (foto 4). Non sempre l’inchiostro va d’accordo con
la carta… Anche in questo caso la chimica ci ha messo lo zampino.
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(continua)
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