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il musicalista
il personaggio del mese: LUGLIO 2017
francesco cilea

IL PERSONAGGIO

Ad attrarre e affascinare Francesco Cilea fu, quando aveva appena quattro anni, il passaggio di una banda musicale per le strade del suo paese natale, in Calabria. E' lui stesso a raccontare, infatti, che la decisione di dedicarsi alla musica la prese, ancora fanciullo, ascoltando le note del finale della Norma di Bellini nell'esecuzione della banda cittadina di Palmi, dove era nato il 23 luglio del 1866.

Il padre Giuseppe, di professione avvocato ma musicista per diletto, non appoggiò inizialmente la decisione del piccolo Francesco, e lo inviò a Napoli, ospite di un convitto, perché vi svolgesse studi finalizzati a seguire le orme paterne. Cilea aveva all'epoca sette anni e tra le materie di studio prediligeva ovviamente la musica, dimostrando buone doti di esecuzione e improvvisazione, tanto che i suoi insegnanti lo esortarono a dedicarsi interamente alla musica.

Superata l'iniziale opposizione dei genitori, nel novembre 1878 entrò come convittore nel conservatorio di San Pietro a Maiella, a Napoli, dove si mise subito in luce per le sue capacità. Già al secondo anno infatti vinse un concorso interno che gli consentì di vivere nel convitto a titolo gratuito.

Nel giro di pochi anni, grazie ai progressi compiuti, si guadagnò la nomina a "primo alunno maestrino", incarico che gli consentì di mettere in evidenza quelle qualità organizzative e didattiche che lo avrebbero in seguito condotto alla direzione del conservatorio napoletano. In particolare, a lui era affidata la preparazione dei saggi annuali del conservatorio, cosa che gli consentì di inserire diverse sue composizioni vocali e strumentali: una di queste composizioni gli valse nel 1887 una medaglia d'oro del ministero della Pubblica Istruzione.

Due anni dopo si diplomò, presentando per il saggio finale un'opera in tre atti intitolata Gina. L'opera, per certi versi ovviamente immatura e ingenua, fu però molto apprezzata dall'editore Sonzogno, che commissionò a Cilea un'opera verista in tre atti, sulla falsariga della Cavalleria rusticana.

La Tilda, benché non molto amata dal suo stesso autore, ottenne un discreto successo, e fece da preludio alla terza opera di Cilea: L'Arlesiana, dal dramma di Alphonse Daudet. L'opera debuttò al Lirico di Milano nel novembre del 1897, e nonostante la presenza in cartellone di un giovanissimo Enrico Caruso, non incontrò i favori del pubblico e della critica.

Nonostante numerosi rimaneggiamenti, L'Arlesiana non raggiunse mai quel successo che invece arrise, nel 1902 all'Adriana Lecouvreur, la quale rimane ancor oggi l'opera di Cilea più nota al pubblico mondiale.

L'ultima opera di Cilea, la tragedia in tre atti Gloria, fu rappresentata al Teatro alla Scala di Milano il 15 aprile 1907 sotto la direzione di Arturo Toscanini. Nonostante il suo grande valore innovativo (o forse proprio per questo, secondo molti), la Gloria non ebbe sostanzialmente successo, e fu proprio questo, oltre al boicottaggio teatrale dell'editore Ricordi all'Adriana Lecouvreur, a spingere Francesco Cilea ad abbandonare definitivamente il teatro d'opera.

Continuò a comporre musica da camera, vocale e strumentale, e musica sinfonica, come il poema sinfonico in onore di Giuseppe Verdi su versi di Sem Benelli, eseguito al Carlo Felice di Genova nel 1913.

Si dedicò anche, memore dei suoi trascorsi di "maestrino", alla didattica, dirigendo prima il conservatorio Vincenzo Bellini di Palermo e poi il "suo" San Pietro a Majella di Napoli, dove concluse la sua carriera di insegnante.

Cilea trascorse gli ultimi anni della sua vita in Liguria dove il comune di Varazze gli aveva offerto la cittadinanza onoraria: qui morì il 20 novembre del 1950, lasciando tutti i diritti musicali alla casa di riposo per musicisti "Giuseppe Verdi" di Milano "...in riverente omaggio pel Grande che volle creare un'istituzione benefica per musicisti poveri, e in riconoscenza alla Città che accolse per prima e battezzò le mie opere…".

LA MELODIA

L'Arlesiana fu rappresentata per la prima volta il 27 novembre 1897 al Teatro Lirico di Milano, e nonostante la presenza di Enrico Caruso, all'epoca appena ventiquattrenne e praticamente all'esordio, non ebbe successo.
Riproponiamo quello che fu allora il cavallo di battaglia del grande tenore napoletano, il Lamento di Federico (E' sempre la solita storia del pastore) nell'esecuzione di José Carreras.

IL FRANCOBOLLO

Emesso dall'Italia
il 14 novembre 1975
nella serie "Uomini illustri"

Yvert 1242
Dentellato 14×13¼