PREFAZIONE AL LIBRO |
di Vinicio Serino |
LA RIVOLUZIONE PASSA ANCHE DAGLI UFFICI POSTALI
E’ di uso comune, nei modi di dire di ogni giorno, affermare
che il lavoro alla Posta, come per altro quello al Catasto, sia…
di tutto riposo. Nel senso cioè che gli addetti a questi servizi
svolgerebbero mansioni tranquille, in ambienti calmi ed ovattati,
con poche o punte responsabilità personali. Si tratta naturalmente
di un vieto luogo comune, tra l’altro contraddetto dalla realtà
delle cose: almeno oggi il lavoro alle Poste non è più
tanto sicuro, sia per la ventata di privatizzazione che negli ultimi
anni ne ha letteralmente rivoluzionato l’organizzazione e la
“filosofia”, sia per i rischi ai quali sono soggette quotidianamente
alcune categorie di lavoratori. Quanto avviene oggi, comunque -ed
appunto prescindendo dalla vox populi della tranquillità dell’impiego
postale- è nulla al confronto di quello che ci propongono Giuseppe
Pallini e Paolo Saletti con questo raro ed estremamente utile saggio,
dedicato alla storia della Posta a Siena e nel senese. Un libro che,
in molte parti, si legge quasi come un romanzo di avventure. Avventure
vere e rigorosamente documentate, che hanno come protagonisti intrepidi
corrieri, rozzi e forti postiglioni, briganti, avventurieri, poveri
e poveracci. Ma anche nobili, ricchi e potenti signori, banchieri,
commercianti, funzionari pubblici di ogni ordine e grado. Insomma
uno spaccato sociale straordinariamente interessante che descrive,
proprio attraverso le lenti della storia postale fedelmente ricostruita
- grazie ad una certosina, assidua frequentazione di vari e ben forniti
archivi - gli eventi succedutisi in un arco temporale molto lungo,
aperto da Cosimo III dei Medici (e quindi intorno alla seconda metà
del Seicento) e chiuso ai primi del trascorso secolo (ossia del Novecento)
quando ormai, con l’avvento ed il consolidamento dello Stato
unitario, il Servizio Postale assume definitivamente una veste ed
un rilievo nazionale.
MOVIMENTO, MOVIMENTO
Pallini e Saletti si segnalano, tra l’altro, proprio per questa
loro capacità di coniugare le vicende delle locali Poste con
quelle, ben più vaste, che riguardano la società, l’economia,
le istituzioni, la cultura del nostro territorio. Da questo punto
di vista appare particolarmente significativo - ed anche per questo
il volume si fa apprezzare come una fonte di tante appassionanti notizie,
proprio quando sono descritte le “avventure” di corrieri,
postiglioni, ecc. - il senso del cambiamento generale colto dagli
autori. La Posta toscana, che apprendiamo disporre di una sua rudimentale
- ma fino ad un certo punto, poi - organizzazione già dalla
fine del XVI secolo è l’espressione istituzionale di
un mondo estremamente dinamico, dove viene esaltato il senso del movimento,
dello scambio, della - parola magica, rispetto ai nostri tempi - comunicazione.
Il servizio postale, a cominciare appunto da quello toscano - di cui
saggiamente Pallini e Saletti fanno rilevare l’impulso conosciuto
sotto i Lorena, in perfetta coerenza con il loro illuminato spirito
riformistico - rappresenta la risposta dell’Ordinamento Pubblico
ad un mondo che abbisogna di contatti, di relazioni, di collegamenti
non solo di affari ma anche, appunto, istituzionali. Tanto più
intensi da quando il Governo del Granducato è saldamente nelle
mani di quella famiglia di moderni sovrani risolutamente orientata
a “giocare”, anche in termini di prestigio personale,
sul cambiamento dei territori amministrati - a cominciare dalla Maremma,
secondo la nota ricetta dell’abate Sallustio Bandini - come
pure sulla cultura, ossia sulla mentalità del proprio popolo.
Un Servizio Postale efficiente rappresentava - come ancora oggi dovrebbe
rappresentare - un complemento indispensabile per una azione politica
chiamata a fondarsi proprio sulla diffusione, continua e capillare,
di dispacci, di ordini, di disposizioni di ogni tipo, tanto più
necessari in quanto, appunto, c’è da innovare e da modernizzare.
Pallini e Saletti afferrano in pieno il senso di tale operazione,
evidenziando lo sforzo straordinario compiuto per realizzare nel nostro
territorio questo servizio, a monte del quale c’era una contestuale,
forte azione di recupero e di razionalizzazione della antica rete
viaria toscana.
TRE GRANDI RIVOLUZIONI (CULTURALI E NON SOLO)
Con i Lorena dunque si assiste - e questa constatazione rappresenta
una sorta di leit motiv del libro - ad una trasformazione della società
civile toscana - e quindi anche di quella senese - che, per quanto
riguarda il mondo della Posta, opera tre rivoluzioni fondamentali.
Anzitutto una rivoluzione organizzativa, con il riordino del servizio
delle Poste a cavallo, al quale si accompagnano importanti lavori
di riassetto delle strade, con rinforzo e ammodernamento di ponti
già esistenti o la costruzione di nuovi. La rete di Stazioni
di Posta, autentiche basi sapientemente dislocate sul territorio e
dove si trovava di tutto - cavalli per il cambio, carrozze, carri,
ristoro, alloggio e quant’altro necessario al viaggio - rappresentava,
di fatto, un vero e proprio salto di qualità rispetto al passato,
quando il servizio era molto più episodico e sicuramente assai
meno razionale. Il libro, analizzando la situazione della Toscana
meridionale, offre una accurata descrizione della articolata organizzazione
presente sul territorio senese, sottolineando continuamente l’antica
vocazione ad una burocrazia efficiente e funzionale tipica dei Lorena.
Pallini e Saletti, anche con un pizzico di ironia, si peritano così
di sottolineare allora come, ai tempi (felici) del Granduca, si era
sicuri che una lettera in tre giorni avrebbe raggiunto, partendo dalla
montagna amiatina, la sua brava destinazione in quel di Siena. Quasi
lasciando ad intendere che questa sicurezza oggi non appare altrettanto
salda…Tra l’altro, questa vocazione modernizzatrice dei
Lorena viene continuamente accostata alla politica prevaricatrice
ed ottusamente accentratrice manifestata dai dominatori francesi -
veri e propri usurpatori per gli autori - nel cosiddetto periodo napoleonico
che, a dispetto della dichiarata volontà di cambiare il mondo
asfittico e codino dei governi assoluti - espressa con quell’irrinunciabile
incipit posto in testa ai loro proclami, ”nous voulons”,
da cui il termine popolare di Nuvoloni - sul servizio postale si limitarono
essenzialmente ad inserire delle - poco amate, in verità -
figure di controllori. Che, nella sostanza, non dovevano poi essere
eccessivamente dissimili rispetto ai commissari del popolo di staliniana
- e per nulla amata - memoria.Con questa operazione riformatrice,
che sostanzialmente si snoda per tutto il Settecento, cambia radicalmente
il meccanismo della comunicazione a Siena ed ovviamente nell’antico
stato toscano. Nel medioevo la comunicazione era stata, in linea di
larga massima, un fatto riservato alla istituzione ecclesiale, che
la praticava con lo strumento della predica - molto più che
azione devozionale, vera e propria forma di trasmissione di messaggi
dalla forte valenza culturale, nel senso di modelli di comportamento
“indotti” da porre in essere quotidianamente nei rapporti
con gli altri - mentre altre modalità di ricezione, come quelle
ricavate dai racconti di mercanti di ritorno dai propri avventurosi
viaggi o dai resoconti più o meno attendibili di pellegrini
di passaggio, erano assolutamente casuali e sporadiche. Ora, invece,
tutto cambia. Un universo intero comunica, e non solo attraverso la
diffusione (relativamente) sempre più intensa di periodici,
gazzette, semplici fogli. Ma, tra l’altro, proprio grazie anche
alla istituzione della Posta come pubblico servizio - nel senso precipuo
che il termine possiede, ossia quale prestazione eseguita a vantaggio
di precise categorie di fruitori - questa comunicazione non è
più, come in precedenza, verticale, ovvero occasionale, quanto
appunto, orizzontale e continuata. Una ventata di modernità
che non sarà priva di conseguenze anche per la (solo all’apparenza)
sonnacchiosa Toscana.E ancora: dal volume di Pallini e Saletti si
ricava che, sotto i Lorena - e segnatamente sotto il familiare e bonario
Leopoldo II, il popolare “Canapone” - si consuma un’altra
importante rivoluzione - in uno con l’avvento delle “Strade
ferrate” - quella della velocizzazione per di più accompagnata
alla maggiore sicurezza del servizio. Che in questo modo perde quell’alone
eroicamente romantico che aveva caratterizzato la prima fase della
sua istituzionalizzazione, quando, appunto, i corrieri postali dovevano
affrontare ostacoli, naturali ed umani, di ogni tipo, comprese le
crassazioni, chissà perché talora definite “assassinii”
- anche se, fortunatamente, almeno nel Senese, non sembra si siano
mai registrati casi di morti ammazzati - ad opera di briganti e, spesso,
soprattutto durante il periodo napoleonico, di disertori e renitenti
alla leva che, specie nella zona sud del territorio, in prossimità
ai confini dello Stato Pontificio, erano soliti dare l’assalto
a quelli che oggi si chiamano “Portavalori”. Allora, esattamente
come ai nostri tempi, debitamente affiancati da scorte agguerrite
- nella specie di Dragoni a cavallo - pronte a reprimere o anche solo
a scoraggiare ogni tentativo di aggressione.E’ evidente che
lo sviluppo, davvero formidabile, accordato al recupero ed alla razionalizzazione
della viabilità, come pure la creazione delle strade ferrate
ed il conseguente impulso al trasporto per rotaia, era destinato a
determinare nell’ambito del servizio postale, e più in
generale nella intera società toscana, un autentico salto di
qualità. Efficienza e rapidità erano le parole d’ordine
di quel periodo. Efficienza e rapidità ulteriormente stimolate
dalla introduzione di un singolare e fortunato accorgimento, provvidenzialmente
acquisito su imitazione della moderna Inghilterra, il Francobollo.
Ossia la tassa prepagata secondo una tariffa convenzionalmente fissata
dalla autorità e che, appunto, dava titolo ad un servizio di
recapito che, in quanto di marca asburgica, era di tutto rispetto.
Fin dal 1° Aprile del 1851 - e quindi solo undici anni dopo dalla
sua comparsa nel Regno Unito - la piccola Toscana si dotava di questo
semplice ma importantissimo accorgimento sul quale, ricordano Pallini
e Saletti, il bravo incisore Giuseppe Niderost, aveva realizzato il
Marzocco fiorentino - per altro verosimilmente poco gradito alla antica
nemica Siena - prescindendo quindi dalla immagine del Granduca, anche
in questo fedele alla sua concezione di principe illuminato alieno
da ogni forma di culto della personalità.C’è,
infine, una terza ed ultima rivoluzione che, singolarmente, si accompagna
alla storia delle Poste toscane ed alle vicende dei Lorena, e che
puntualmente è colta dal saggio di Pallini e Saletti: la rivoluzione
del telegrafo. E’ facilmente intuibile come questa invenzione
rappresentasse, agli occhi del cittadino comune, qualcosa di veramente
prodigioso, dal momento che il messaggio veniva trasferito, dal trasmettitore
al ricevitore, in tempo praticamente reale. Già nel 1847 -
quindi ad appena dieci anni di distanza dalla grande invenzione di
Morse - la felix Toscana lorenese disponeva del suo bravo servizio
telegrafico, per altro solo in uso esclusivo alle esigenze del Governo.
Ma fin dal 1852 i privati poterono avvalersene e, nel 1860, con l’avvento
dello Stato unitario - per la costituzione del quale il duo Pallini-Saletti
non sembra nutrire alcun particolare trasporto - nel territorio senese
erano già cinque gli Uffici che potevano liberamente disporne.
Il telegrafo, di cui certamente i Lorena intuirono subito le eccezionali
potenzialità, aveva il potere, se non di annullare, sicuramente
di ridurre la tirannia delle due dimensioni che hanno sempre costituito
un problema per ogni civiltà, il tempo e lo spazio, gettando
inevitabilmente le basi per l’avvio di un irresistibile processo
di democratizzazione, reso possibile appunto dalla facilità
di una comunicazione aperta a tutti. Oggi, con l’uso e l’abuso
di INTERNET, comprendiamo ancora meglio tutto questo, tanto che si
comincia a vagheggiare, sulla scorta della suggestiva immagine del
“villaggio globale” veicolata da Marshall Mc Luhan, l’idea
di una, solo per ora utopica, democrazia informatica universale.
CONCLUDENDO
Il libro di Pallini e Saletti si raccomanda allora alla lettura proprio
perché, praticamente in ogni sua pagina, enfatizzando le evoluzioni
conosciute nell’arco di circa duecento anni dal Servizio Postale
senese - essenzialmente per merito dei Lorena - segnala i cambiamenti
conosciuti da un contesto sociale nel quale l’arte del governo
si accompagna alla indomita volontà di stimolare il progresso
civile, suscitando il miglioramento quantitativo e qualitativo delle
condizioni di vita della popolazione. In questo ambito, strano ma
vero, le Poste Toscane, ed ovviamente per quanto ci riguarda quelle
senesi, hanno fatto davvero e fino in fondo il loro dovere.
VINICIO SERINO FECIT IL DI’ 30 GIUGNO DELL’ANNO DEL SIGNORE
2003 SAN MARZIALE |
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