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  Ines Matteoni: la procaccia di Torri e di Treppio
di Paolo Gioffredi [in nuèter, giugno 1991 N.1 (33)]

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Pubblichiamo qui un interessante documento di proprietà di Manuela Tamburini, datato 31 gennaio 1922; si tratta di una polizza dell’Intendenza di Finanza di Firenze per la somma di 200 Lire versata dalla torrigiana Ines Matteoni che proprio allora iniziò il suo lungo servizio di procaccia per trasporti postali fra Treppio e Torri. Si, perché fino all’istituzione della posta statale, molti servizi venivano appaltati a privati dal Ministero delle Poste e dei Telegrafi.

Così la postina, o come si diceva allora, la procaccia Ines Matteoni iniziò la sua lunga fatica che consisteva nel coprire a piedi, ogni giorno, il tragitto da Torri a Treppio e viceversa: otto chilometri fra le due località, più tre chilometri da Torri alla Torraccia dove Ines abitava.

Più di venti chilometri giornalieri per portare la posta, cioè svariati chili di lettere e pacchi. Un lavoro duro che continuò fino alla pensione nel 1955.
Per comprendere le difficoltà del servizio, è molto utile la lettura di un altro documento datato 20 gennaio 1943.

Si tratta di una Obbligazione personale per il trasporto dei dispacci e dei pacchi postali sottoscritta da Ines Matteoni e dal titolare dell’ufficio postale di Treppio, Silla Butelli.

Apprendiamo dunque che:

(art.1) la procaccia era obbligata ai due viaggi giornalieri, uno in andata e uno in ritorno, entro il termine che sarà fissato dall’amministrazione la quale potrà variarlo in ogni tempo. Ella doveva portare agli uffici, collettorie e persone incaricate:

a) i dispacci e i sacchi contenenti corrispondenze ordinarie, raccomandate e con valore dichiarato, nonché gli altri oggetti che le saranno affidati dall’Amministrazione;

b) i pacchi postali ordinari, quelli gravati di assegno e quelli con dichiarazione di valore; ma ciò che più ci colpisce è il fatto che il servizio doveva essere svolto per pacchi senza limitazioni di numero, sciolti o inclusi in sacchi di qualsiasi peso unitario provenienti dall’Italia e dall’estero.

Quel di qualsiasi peso unitario fa molto pensare alle difficoltà di un lavoro in quei tempi davvero duro e gravoso.

Per di più, in caso di malattia, o di impedimento, il sostituto non veniva pagato dall’amministrazione delle poste, ma dalla stessa procaccia.

Anche in caso di smarrimento o di manomissione o di guasto fioccavano multe salate che andavano da 1 a 50 Lire per le corrispondenze ordinarie ed a somme ben superiori per i dispacci contenenti lettere con valore dichiarato, per le raccomandate e i pacchi postali.

L’Amministrazione si riserva infine tutti i diritti: multe fino a 50 Lire, sospensione dalla retribuzione per quel tempo che crederà con obbligo di servizio, fino al licenziamento in caso di recidività.

Anche nel caso di soppressione del servizio, dovuta a una causa qualsiasi, la procaccia sarà dispensata dall’incarico senza aver diritto ad indennità alcuna. Altrettanto avverrà quando l’Amministrazione non avesse più bisogno dell’opera di lei anche per altre ragioni.

Come si vede, di tutela sindacale neanche parlarne.

Per il servizio, il compenso nel 1943 fu di 1284 Lire.