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Alcune corrispondenze del capitano Rino Ferroni alla sorella Marina a Pistoia, ci evidenziano uno dei problemi emersi dopo la rotta di Caporetto: la fame nei campi di prigionia patita dai militari italiani prigionieri durante la prima guerra mondiale.
Se per i soldati il problema si presentò subito drammatico, per gli ufficiali a cui spettava una paga secondo la convenzione di Ginevra da parte del paese detentore, il problema della fame si acuì dalla disfatta dell’ottobre/novembre 1917: al rarefarsi delle provviste negli stessi paesi detentori (Austria e Germania incominciarono ad avere gravi problemi interni) corrispose un irrigidimento da parte del governo italiano che, con gran parte dell’opinione pubblica, considerava i prigionieri di Caporetto dei vili traditori; pertanto il governo italiano decise di sospendere l’invio dei pacchi viveri e degli aiuti governativi ai militari internati e per alcuni mesi, a ridosso di Caporetto, i prigionieri furono lasciati a se stessi.
Senza pacchi da casa e con razioni somministrate sempre più ridotte, per molti di loro il destino fu segnato: morire di fame... gran parte dei deceduti nei campi morirono ufficialmente per edema polmonare o tisi, malattie che vista la giovane età dei soldati dovevano per forza derivare anche da malnutrizione.
In generale l’atteggiamento del Comando Supremo dell’esercito fu repressivo; la paura di diserzioni alimentò la negazione di aiuti a coloro che erano considerati in massa dei traditori e solo dopo la caduta di Sonnino, nel giugno del 1918 il presidente del consiglio Orlando modificò questo atteggiamento ostile. Alla fine del conflitto su seicentomila prigionieri circa centomila morirono nei campi.
Rino Ferroni era capitano dell’esercito, fratello di Marina che si era sposata con Mario Venturi, avvocato, figlio dell’avv. Pietro Venturi, tra i primi sostenitori del fascismo pistoiese, residente a Pistoia in Corso Vittorio Emanuele.
Il capitano Ferroni cadde prigioniero in concomitanza con Caporetto e la sua esperienza di prigionia fu quindi subito pesante, nonostante il grado di ufficiale gli permettesse l’instradamento verso un apposito campo in Germania, Celle, destinato solo agli ufficiali.
Celle è uno dei campi più conosciuti della prima guerra; su questo campo è fiorita una buona letteratura ed è presente un sito apposito che narra le vicende e fornisce anche gli elenchi degli internati.
Situato in località Scheuen in Germania, è immerso nell’Heide, l’immensa brughiera pianeggiante a poche decine di chilometri da Hannover. Dalla metà di novembre 1917 vi furono internati 2910 ufficiali e un centinaio di soldati adibiti ai servizi, tutti catturati dopo Caporetto e dovettero patire subito la fame e il freddo inverno della Germania settentrionale.
La prima corrispondenza rintracciata è un biglietto scritto alla sorella a Pistoia del 7 febbraio 1918:
“Carissima Marina, ho ricevuto ieri sera una tua cartolina del 6 Gennaio indirizzata qua a Celle. Non ho ricevuto ancora la lettera di cui mi parli, né notizia alcuna da casa dopo la prima cartolina giuntami il 19 Genn. Così non ho avuto ancora nemmeno un pacco, mentre tutti o quasi hanno ricevuto. Sono contento delle tue buone notizie, altrettanto buone non te le posso dare io. La mancanza di pacchi pane e viveri mi ha ridotto in tali condizioni morali e fisiche che non so più come scrivere perché possiate capire in quale stato mi trovi... Ma cosa hanno fatto a casa credono davvero che io navighi nell’abbondanza? Tornerò e potrò parlare, però temo non riuscirò mai a potervi fare capire quanto vorrei!! Basta, sarà il mio spirito e corpo depresso che mi fanno vedere le cose più brutte di quelle che sono, sarà il vedere gli altri mangiare ed io stare a vedere che mi fa pensare male, ma certo bisogna per forza che io pensi male, ed il pensar bene non mi toglie certo l’appetito… Ti raccomando di mandarmi farina dolce e fagioli e riso, salame salsiccie, carne salata, burro, cioccolata, ecc….”
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Fronte e interno del biglietto per prigionieri di guerra (kriegsgefangenen), lager per ufficiali di Celle (Hannover). I timbrini rossi col sole sono del censore interno del campo. Sul fronte grosso timbro circolare della censura del campo di Celle. Biglietto scritto il 7 febbraio, censura del 9 febbraio, spedito postalmente da Celle il 18/2/1918. Timbro doppio in inchiostro rosso apposto dall’ufficio di censura presso la Croce Rossa italiana Ufficio prigionieri a Roma. |
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Retro del biglietto con indicazione del mittente Capitano Ferroni Rino, num. 622, Blocco A . Apposizione della etichetta della censura militare italiana Verificato per censura. |
La seconda è del 21 marzo 1918; la situazione per Rino è sempre abbastanza complessa, anche se la salute regge, ha ricevuto solo un pacco pane dalla Croce Rossa di Firenze; il biglietto, oltre a ricordare i rigidi regolamenti di invio di corrispondenze dalla prigionia, ci descrive il meccanismo che regolava l’invio dei pacchi, delegato alle famiglie che dovevano sottoscrivere abbonamenti mensili per l’invio del pane ai prigionieri. L’abbonamento era libero, quindi si poteva inviare con più abbonamenti territorialmente diversificati dagli appositi centri preposti (ad esempio da Firenze o Bologna). L’invio più assiduo riveniva quindi anche dalle disponibilità monetarie familiari e dal riuscire ad avere una fitta rete di collegamenti per gli invii: di questo si lamenta spesso il capitano Ferroni, certo più sfortunato di altri suoi compagni di sventura.
“Cellelager (Hann.) 21 Marzo 1918
Cara Marina, anche tu, come quei di casa ti lamenterai della corrispondenza e delle mie poche notizie, però parte della colpa è da attribuirsi alla limitazione della nostra corr.za e parte perché debbo un po’ contentare tutti. Inoltre sono un po’ arrabbiato anche con te come quelli di casa per la solita ragione e cioè per i pacchi. Pensa che sono 5 mesi che sono prigioniero ed ho ricevuto un solo piccolo pacco! C’è invece fra i colleghi chi ne ha ricevuti al giorno d’oggi 32! Anche qui non è tutta colpa vostra, ma per grandissima parte si. Ora è possibile che io solo debba trovarmi in queste condizioni rispetto agli altri? È possibile che ancora non abbiate compreso che dovete spedire e spedire, senza guardare ad ostacoli, senza avere timori? Perchè nel primo mese, periodo in cui tutti hanno spedito per posta anche 2 e 3 pacchi al giorno voialtri mi avete scritto: spedirò appena potrò?
È stata trascuratezza ed ingenuità bella e buona!….Tra le altre cose è avvenuto che la Croce Rossa di Firenze ha spedito il pane in involucri di carta così è giunto qua tutto a pezzi e senza più traccia d’indirizzi ed il Comando del Campo ha così diviso tra gli abbonati di Firenze quel pane. Sai cosa mi è toccato? 2 gallette!!. Così scrivi subito alla Giulia di recarsi in Via Ricasoli a protestare e far presente la cosa. Già non finirò mai di benedire la Croce Rossa, fonte di tutti i miei guai!. Avevo scritto a casa che ti pregassero di abbonarmi anche a Pistoia per il pane, ma siccome temo che Pistoia si rivolga a Firenze, quindi ti pregherei, se non ti è stato possibile,, di abbonarmi a Bologna. Insomma non so più cosa dirvi. Fate più che potete. Credimi che non chiediamo per il bel gusto di chiedere. Aspetto e spero. La mia salute è buona….”
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Biglietto postale in franchigia per prigionieri di guerra da Celle, timbro del 2/4/18; i timbri rossi con date e simboli sono del censore del campo, apposti il 22.3.18. Timbro circolare del Campo di prigionia; verificato per censura in inchiostro celeste della Croce Rossa Italiana. Manoscritta la data di ricezione a Pistoia il 24 aprile 1918. |
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Interno del biglietto scritto il 21 marzo 1918. |
Un terzo biglietto di poco posteriore, datato 20 aprile 1918, ci racconta ancora una volta l’incomprensione che a casa si ha dell’esperienza sia bellica che di prigionia; sentimenti provati dai militari che al loro ritorno in patria capiranno il grande solco che la guerra ha tracciato tra la loro precedente vita civile e quella post bellica e che porteranno a quel malumore sociale nefando per le sorti del paese e ben testimoniato nelle pagine dello scrittore pistoiese Arturo Stanghellini nel suo racconto autobiografico appunto intitolato “Introduzione alla vita mediocre”:
“Carissima Marina, ho ricevuto già da parecchi giorni le tue cartoline del 3-10-17 marzo. Ho atteso a risponderti in attesa dei pacchi...che tu mi hai spediti, e non puoi credere con quale ansia; giacché sono la nostra vita. Ieri l’altro ne ho avuto uno piccolo da casa con farina dolce, cioccolata sapone e sale, Non so quando sia stato spedito perché sempre con il solito ingegno, da casa non mi scrivono niente e non ci mettono data. Sono buoni solo a fare delle belle gran chiacchiere, ma a scrivermi oggi si è spedito un pacco con questo e questo, domani ne spediremo un altro, come hai fatto tu ,non sono stati ancora buoni. Così non aspetto da casa che le sigarette! E quelle non riempiono la pancia… mi sembra che tu abbia veramente capito le mie necessità. A casa le hanno comprese a chiacchiere, a gran parole ed invece qui ci vuole della sostanza!...Loro invece mi scrivono: in settimana spediremo! Niente futuro! Sempre tempo presente. ...La mia salute è migliorata, sto meglio. Anche quel poco che ho ricevuto ha fatto come mettere l’olio nel lume. Come dissi a casa la mia salute dipende da ciò che spediscono….Sapessi quante volte penso solo solo a ..tutti voialtri! Faccio tanti castelli in aria! Una delle poche cose che non possono essere proibite, e spero sempre che giorni migliori vengano presto, ma molto presto. ...Scrivetemi spesso, anzi spessissimo. Anche la nostra posta è limitata e bisogna che sappia suddividerla...”
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Biglietto in franchigia per prigionieri di guerra dal campo di Celle, datato 20/4/18, postalizzato con timbro Celle del 2 maggio, timbri vari in inchiostro rosso del censore del campo, timbro circolare blu della censura del campo, timbro doppio della Croce Rossa italiana. Manoscritta la data di arrivo 25 maggio 1918. |
Rino Ferroni tornò alfine nel gennaio 1919 in Italia; fu destinato come ufficiale al costituito Corpo Cecoslovacco formato da soldati boemi del ex esercito imperialregio che dopo essere stati usati sul nostro fronte tornarono in patria, in uniforme da alpino italiano, formando il primo nucleo del neonato esercito cecoslovacco al comando di ufficiali italiani.
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Lettera di Rino Ferroni scritta da Padova a Pistoia , postalizzata in data 5/2/1919. Stampigliatura del Comando Corpo Czeco Slovacco. |
Finita anche questa esperienza il Ferroni fu di nuovo richiamato per l’occupazione dell’Albania nel 1939, ove rimase per la durata della seconda guerra mondiale.
BIBLIOGRAFIA E SITOGRAFIA
L. GORGOLINI, I prigionieri di guerra, in Dizionario storico della prima guerra mondiale, a cura di N. Labanca, Bari, 2014.
C. PAVAN, I prigionieri italiani dopo Caporetto,Treviso,2001.
G. PROCACCI, Soldati e prigionieri italiani nella grande guerra, Torino,2000.
https://cellelager.com
Enrico Bettazzi
1/10/2021
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