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La corrispondenza che proponiamo testimonia un momento della filiera produttiva del ferro per conto dei fratelli Vivarelli Colonna, famiglia di imprenditori con interessi via via diffusisi nell’Ottocento in vari settori merceologici e grandi proprietari terrieri.
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Villa Vivarelli Colonna a San Felice appena fuori Pistoia |
Al momento della fine della privativa magonale sull’approvvigionamento di carbone e legname (1780), venne aperto l’acquisto da privati. Una delle famiglie che vi si inserirono sfruttando le proprie possidenze terriere fu appunto quella dei Vivarelli Colonna, che arrivarono ad avere il 60% di tale mercato.
Il ferro aveva bisogno di acqua e legna, a sua volta trasformata in carbone, ma il territorio montano pistoiese, ricco di ambedue, non bastava più alle esigenze di sviluppo del settore, sia per una normale turnazione nel disboscamento che per una miglior offerta commerciale.
Ecco che divenne essenziale avere nuovi sbocchi nell’approvvigionamento di carbone, non più quindi solo locale, ma anche fatto in Maremma dagli abili carbonai pistoiesi e trasportato poi sul nostro territorio (famosa la migrazione stagionale dei nostri montanini verso la Maremma).
I Vivarelli che avevano vasti boschi in montagna e nella Maremma toscana avevano quindi tali necessità per i loro impianti produttivi da dover prendere ulteriori tagli di bosco per incrementare la produzione. L’industria di trasformazione del ferro (rinomati i “chiodajoli” pistoiesi) vedeva una presenza importante di addetti del settore: nel 1853 il Tigri ci dice che lavoravano nelle ferriere del circondario 120 operai, mentre 3400 persone erano impegnate nella fabbricazione del carbone che aveva un ruolo primario nella lavorazione del ferro.
Nel 1854 alla Esposizione dei prodotti naturali e industriali della Toscana su 80 espositori pistoiesi (su 730 totali) ben 18 erano nel settore dei “lavori in metallo” e i Vivarelli Colonna erano presenti con la loro produzione di “ferri sodi di ferriera e distendino”.
Fin dalla prima metà dell’Ottocento d’altronde possedevano: a Cireglio due ferriere a un fuoco e un distendino, a Pieve a Celle nella valle del Vincio limitrofa a Pistoia una ferriera a due fuochi ed in città una filiera ed una chioderia.
Quindi nel 1853, nell’ambito di questa ricerca di materie prime necessarie alla trasformazione del materiale ferroso elbano, la società dei fratelli Vivarelli si rivolse al proprietario di terreni in Maremma, Benedetto Landucci, di Pieve Santo Stefano in provincia di Arezzo. La lettera, datata 9 marzo 1853, è il perfezionamento di una vendita di “taglio a carbone delle macchie” site sui terreni denominati “Diacciolone, Poggi Alti e Lago Secco”.
Interno della lettera spedita da Pistoia a Pieve Santo Stefano:
“Stimatissimo Sig. Benedetto Landucci
Questo nostro Agente Sig. Luigi Petrocchi ci ha consegnato un compromesso da Lei lasciatogli personalmente nel dì 28 Febbraio scorso, relativo alla vendita del Taglio a Carbone delle sue Macchie di Maremma in Luoghi detti, Diacciolone, Poggi Alti, e Lago Secco. Nel tempo che qui acclusa Le ne ritorniamo una Copia, siamo con la presente a significarLe, che ai medesimi patti, e condizioni espresse nel Compromesso medesimo, noi intendiamo di usare del Diritto di prelazione, e conseguentemente attendiamo una di Lei pronta replica per conoscere il modo, e il tempo in che le aggrada di passare il Contratto sulle basi che sopra. Attesa passiamo al bene di ripeterci con distinta stima
Pistoia 9 Marzo 1853
Devmi Obblmi Servitori
Flli Vivarelli Colonna”
Al momento di questo contratto l’industria privata del ferro era già in crisi, andrà avanti solo grazie a sussidi granducali, per cui con l’unificazione all’interno del nuovo tessuto statale nazionale e la fine di tali facilitazioni si acclarerà la vera situazione che sfocerà per Pistoia in forme di rivendicazione salariale col primo sciopero degli operai chiodaioli.
Tuttavia a metà del diciannovesimo secolo i Vivarelli Colonna avevano accumulato una così grande importanza nella nostra montagna, spaziando dalla siderurgia all’agricoltura ed al commercio dei prodotti del bosco, che le loro attività davano il lavoro a 1200 famiglie della montagna.
Infine investirono in altri settori manifatturieri inserendosi nella allora emergente manifattura tessile, in particolare nel nostro territorio quella serica; in città risultavano proprietari di una filanda con 60 caldaie a vapore che lavorava almeno due terzi della produzione locale con l’impiego di 330 operai, di cui la quasi totalità donne.
Fronte e verso della lettera:
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Da Pistoia il 9 marzo 1853 a Pieve Santo Stefano, la lettera è tassata per 8 crazie a carico del destinatario per un peso di 3/4 di oncia (da 18 a 24 denari), manoscritto in alto a destra, come era consuetudine. La lettera conteneva al suo interno la copia del Compromesso firmato dalle parti. |
BIBLIOGRAFIA E SITOGRAFIA
G.TIGRI, Pistoia e il suo territorio, Pistoia, 1853
A.ZUCCAGNI ORLANDINI, Atlante fisico e storico del Granducato di Toscana, Firenze, 1831
G.C.ROMBY, Il territorio pistoiese tra ‘700 e ‘800. Insediamenti, economia, ambiente, Pistoia, 1988
http://www.vallelune.it/wp/wp-content/uploads/2012/08/9_-Cronologia-ferriere.pdf
Enrico Bettazzi
6/3/2021
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