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Filatelia polare

 



ALLA RICERCA DEI NAUFRAGHI DELL’ “ITALIA”

di FRaNCO GIARDINI (Turinpolar n. 31/2017)

 

La tristezza era stata la compagna di viaggio inseparabile durante la navigazione di ritorno in Italia della “CITTA’ di MILANO” poichè 6 uomini del dirigibile, Renato Alessandrini (Roma), Attilio Caratti (Brescia), Aldo Pontremoli (Milano), Calisto Ciocca (Torino), Ugo Lago (Siracusa), Ettore Arduino (Verona), erano volati via con i resti dell’involucro del dirigibile e di loro non si sapeva più nulla.
L’Ing. Gianni Albertini (Milano 1902-1978, progettò e fondò il centro turistico di Cervinia) aveva partecipato in qualità di Sucaino (cioè appartenente al CAI Universitario) alle ricerche della spedizione Nobile.
Sollecitato dalla disperata mamma di Pontremoli, egli nel 1929 organizzò e guidò una seconda spedizione polare per cercare i 6 uomini (In Artico ci sono stati tanti episodi di uomini sopravvissuti ai naufragi a volte per anni) o far luce sulla loro fine.
La sua fu una corsa contro il tempo per organizzare questa spedizione in modo serio e con probabilità di raggiungere l’obiettivo: occorreva fare il programma, trovare i finanziamenti, scegliere il mezzo con cui attuare l’impresa e sceglierne i componenti.
Da buon ingegnere fece i calcoli per stabilire il peso dell’involucro del dirigibile squarciato nell’impatto con il pack e per stabilire, calcolando la perdita in gas e uomini caduti sul pack, la quota approssimativa che il dirigibile aveva potuto riprendere dopo il violento impatto.
Raccolse meticolosamente i dati meteo forniti dalle stazioni delle Svalbard, Nuova Zemlya e Siberia e riuscì così a produrre dei diagrammi con le direzioni dei venti nel periodo 24-25-26 maggio 1928, deducendone un’ipotetica rotta statica dell’aerostato.
La nuova spedizione avrebbe dovuto svolgere ricerche sulle coste a Nord della Terra di Nord-Est (Nordaustlandet—Svalbard), sulle coste occidentali dell’arcipelago della Terra di Francesco Giuseppe e su quelle occidentali della Nuova Zemlya.

Mussolini approvò l’iniziativa, a condizione che conservasse un carattere STRETTAMENTE PRIVATO.
Albertini scartò l’idea di usare un rompighiaccio o un aereo, peraltro mezzi adatti ad una simile circostanza, perchè i rompighiaccio erano prerogativa dell’URSS e perchè gli aerei poco si prestavano ad una ricerca minuziosa e sistematica.
Fu quindi deciso che la spedizione si sarebbe effettuata con una baleniera, slitte con i cani e un motoscafo.
A fine marzo Albertini si recò a Cristiania (Oslo) e scelse la baleniera “HEIMEN” dopo aver ricercato nei registri del Dipartimento Marittimo la nave più adatta.
La baleniera in quel momento si trovava a caccia nel Mar Bianco, ma con tempestività si riuscì a farla rientrare subito in Norvegia grazie all’aiuto di una baleniera provvista di radio e che operava assieme.
Piccolissima ma solida la nave stazzava 170 ton., era assai maneggevole e poteva sfruttare anche i più piccoli varchi tra i ghiacci.
Aveva anche una eccezionale potenza di macchine che permetteva un efficace lavoro di rottura e spostamento di ghiacci non troppo spessi.
Al rientro la “HEIMEN” fu sottoposta a vari rinforzi, sia esternamente che all’interno, e fu ridipinta in bianco.
In aprile Albertini girò la Scandinavia per scovare i migliori specialisti fornitori di cose artiche.
Scelse viveri e materiale per una autonomia di 1 anno e mezzo (nel caso ipotetico di dover svernare tra i ghiacci).
I cani eskimo sarebbero giunti a Bergen entro il 10 maggio con un piroscafo dalla Groenlandia.
Ritornato in Italia, Albertini si dedicò a far preparare la radio e tutta l’attrezzatura necessaria ad una stazione meteo a bordo.
La “HEIMEN” doveva avere a bordo una radio a onde medie per connettersi con le stazioni delle Svalbard e del Nord Norvegia, oltre a mantenere un collegamento con le varie baleniere operanti in quei mari.
Era inoltre indispensabile installare a bordo una stazione a onde corte, di 1 Kw di potenza, per collegarsi con Roma.
Infine dovevano esserci a bordo 2 stazioni portatili, di non oltre 40 Kg. ciascuna, per esser trasportate sulle slitte o sul motoscafo, battezzato “LAURA” in onore della madre del capospedizione, destinato alle esplorazioni costiere.

Fu grazie all’Ing. Gnesutta che si riuscirono a trovare e preparare tutti gli apparecchi radio nel breve tempo disponibile e realizzati dalla ditta "Allocchio & Bacchini" di Milano.
A quel punto occorreva scegliere gli uomini dell’equipaggio che provenivano dall’ambiente universitario. Essi furono:
Pietro ZANETTI, comandante in seconda e responsabile dei viveri.
Marco URBANO, servizio meteo e operatore radio in pattuglia.
Augusto BONOLA, medico, biologo e naturalista.
Achille PERONI, medico incaricato agli studi di Fisiologia Umana.
Franco PUGLIESE, marconista.
Umberto DELLA VALLE, operatore cinematografico e fotografo.
Giulio GUEDOZ, guida alpina di Courmayeur e cuoco.

L’equipaggio fu completato da 10 norvegesi.

Quando la “HEIMEN – SUCAI” (così ribattezzata in onore del Club Alpino Universitario), alla partenza, (15 maggio 1929) incrociò presto una furiosa tempesta nel Mare di Barents fu con molta fatica che riuscirono a fermare i barili di nafta che si erano slegati e sbattevano pericolosamente sul ponte.
Poi, finalmente, attraccarono a 30 Km. da Advent Bay (odierna Longyearbyen).
Proseguirono quindi per la Baia del Re (Ny Alesund) dove Albertini e Bonola sbarcarono per fare conoscenza con i cani da slitta.
Dopo aver ricevuto un telegramma augurale di Italo Balbo la spedizione salpò alla volta della Baia di Beverly dove raggiunsero la capanna che nel 1928 era stata la base di tutte le esplorazioni costiere come quella del Cap. SORA.
Approntarono poi due slitte che caricarono di viveri, armi, sacchi a pelo, viveri per cani, indumenti e stazione radio-telegrafica.
Allorchè la pattuglia fu pronta Albertini lasciò il comando a Zanetti e Jacobsen, con l’intesa che se lui non fosse ritornato entro 50 gg. la nave avrebbe potuto e dovuto agire con la massima libertà.
Nella notte tra il 12 e 13 giugno la pattuglia partì per l’avventura.

Una slitta era composta da Albertini e Guedoz, l’altra da Urbano e Bonola.
Durante la loro marcia furono ritrovati, intatti, i biglietti che l’anno prima erano stati lasciati qua e là e che avrebbero, nel caso eventuale che i naufraghi del dirigibile li avessero trovati, potuto dare loro indicazioni per la salvezza. (NdR: in Artico è costume, ovunque praticato da secoli, lasciare dei messaggi, per chi eventualmente verrà in soccorso di chi scrive o per chi può aver bisogno di soccorso, sotto un piccolo “ometto” di pietre che, stante la mancanza di vegetazione, sarà facilmente visibile anche a distanza o anche dal mare).

La spedizione dopo pochi giorni dovette affrontare intere giornate di nebbia molto fitta, a causa della quale la prima muta di cani cadde in acqua sfondando del ghiaccio fresco e insidioso.
Grazie alla caccia di renne e foche e all’abbondante legname spiaggiato riuscirono a risparmiare sui viveri e sul combustibile, ed i cani, grazie alla carne fresca, erano in ottima forma.
Con molta fatica, aprendosi la via su ripidi pendii, raggiunsero Capo Leight Smith.
Poi, grazie alle condizioni del ghiaccio, che a Nord-Est era sempre più compatto, riuscirono a spingersi molto avanti.

Scoprirono un’isola, non segnata sulle carte, a cui diedero il nome di “Sucai-Island”.
Da Capo Mohn la marcia si fece sempre più pericolosa e dura e furono costretti ad ampie deviazioni dalla loro rotta.
Ciò nonostante riuscirono ad esplorare tutte le coste della Terra di Nord-Est (Nordaustlandet).
A causa di furiose tempeste di vento e neve in una circostanza rimasero per 70 ore nelle tende senza poter uscire e senza poter fare un pasto vero.
Quando finalmente la bufera cessò constatarono che due cani erano morti e che altri dovevano essere abbattuti perchè in condizioni disperate. Divennero il pasto degli altri cani.
Dopo giorni di silenzio radio riuscirono a riprendere i contatti con la “HEIMEN-SUCAI”.
Il fortissimo vento aveva spazzato i ghiacci dalla costa nord e perciò furono costretti a tentare l’attraversamento della Terra di Nord-Est. Tra crepacci nascosti e ponti di neve fresca e insidiosa proseguirono una marcia allucinante per 12 gg.


Guedoz e Urbano caddero in un profondo crepaccio e furono salvati da Albertini e Bonola solo dopo ore di sforzi immani.
Poi, raggiunta Wahlemberg Bay tra ghiaccio in sfacelo e acqua alle ginocchia, videro finalmente la nave che nel frattempo aveva esplorato le isole delle Sette Sorelle senza risultati.
Risaliti a bordo cercarono di aggirare da Sud la Terra di Nord-Est per esplorare le isole Barentsoya ed Edgeoya, ma le forti correnti e i mulinelli tipici dello Stretto di Hinlopen lo impedirono.
(NdR: Durante la ns. spedizione dell’86 anche noi tentammo l’attraversamento in gommone dello Stretto di Hinlopen, ma una mezza tempesta e il fortissimo vento che cambiava di continuo la corrente ci misero in grande pericolo e, stremati e bagnati fradici, ci rifugiammo con difficoltà d’approdo su un’isoletta provvidenziale dove riuscimmo a prepararci una minestra calda con i fornellini Primus, che si accendono anche con forte vento, e a preparare un enorme falò per asciugarci un po’).

Copertina del libro scritto da Gianni Albertini.
Resoconto della spedizione
Edito a Firenze nel 1932.
Albertini allora prese una decisione difficile: ritornare alla partenza e fare tutto il periplo dello Spitzbergen (l’isola più grande delle Svalbard) per poi puntare da Sud verso le isole Barentsoya ed Edgeoya verso le quali si pensava che i naufraghi potessero esser andati. Furono giorni di dura traversata con mare non sempre calmo.
Doppiato lo Spitzbergen li aspettava un mare... di ghiaccio, ma riuscirono, sebbene con difficoltà, ad esplorare Edgeoya.
Poi il 26 luglio la nave rimase intrappolata nei ghiacci e andò alla deriva per ben 30 gg.
L’8 agosto purtroppo morì il fido Guedoz per un incidente ancora oggi non chiaro.
Un enorme orso bianco aveva aggredito Jacobsen, e Guedoz, che si era lanciato in suo soccorso, fu dilaniato dal plantigrado rimanendo ucciso.
Giulio GUEDOZ fu sepolto in mare.
Quando i ghiacci si aprirono ormai la stagione volgeva all’inverno artico, e le decine di stormi di uccelli diretti a Sud lo comprovavano.
Mentre continuavano a Nord, verso l’isola di Hockner, vennero in contatto radio con il rompighiaccio sovietico che aveva perlustrato le zone della Terra di Francesco Giuseppe.
Il Prof. Samoilovich, che era a bordo, comunicò loro l’esito infruttuoso delle ricerche dell’involucro del dirigibile. Così, a questo punto, Albertini decise di fare rotta verso la Nuova Zemlya di cui esplorarono minuziosamente le coste con il motoscafo “LAURA” per 20 gg.

Poi, vista la stagione e visto quanto fatto, la nave diresse a quel punto la prua verso la Norvegia dove, il 5 ottobre, attraccò a Tromso.

Questa ardimentosa spedizione si concludeva così con la quasi certezza che i 6 uomini scomparsi con l’”ITALIA” erano da considerarsi morti; e con tanta tristezza nel cuore, anche per la fine dell’amico Guedoz, gli uomini fecero ritorno in Italia.

LA POSTA

Sappiamo che vi sono delle lettere e delle cartoline illustrate norvegesi spedite in Italia da Tromso, e che recano il bollo datario ovale del 20 maggio 1929 della nave “HEIMEN”, nonchè il cachet rettangolare con la scritta “SPEDIZIONE ALBERTINI / SUCAI / ARTIDE”. Non conosciamo eventuale corrispondenza partita dalle Svalbard (fig. 1).

fig. 1 - Spedita da Tromsø il 21 maggio 1929

In occasione del 50 ° anniversario della spedizione, a Varese, fu emessa una busta commemorativa con il bollo postale della Giornata dell’Aerofilatelia, datata 7.10.79 (fig. 2).

fig. 2

Recentemente, nel 2004, sono state realizzate diverse cartoline e buste in occasione del 75° anniversario della spedizione.
L’Associazione Grande Nord—GI-GA-MA ha fatto preparare una bella cartolina dal valente pittore Aldo Brovarone (fig. 3) che è stata annullata con un bollo postale richiesto per l’occasione.

fig. 3


L’amico, e socio fondatore di TURIN POLAR , Vittorio NEGRO di Torino ha realizzato per la stessa occasione 2 buste e 3 cartoline che Vi proponiamo (fig. 4 e seguenti), sempre con l’annullo postale speciale richiesto dall’ Ass. Grande Nord GI-GA-MA.