La lettera di cui oggi voglio parlare, è partita il 09/11/1866 da Roma con destinazione Civitavecchia (fig.1), non è tanto interessante dal punto di vista filatelico o postale quanto dal punto di vista storico perchè emblematica, come descritto nel suo testo interno, di come in quel periodo, politicamente e militarmente intenso, le diplomazie straniere fossero particolarmente attive nella penisola italiana e in particolate in quella parte che era da qualche decennio fulcro del nostro Risorgimento e che diventerà la capitale del Regno d’Italia dopo pochi anni, la città di Roma.
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Figura 1 (collezione personale) |
Occorre una premessa storica per inquadrare il periodo e, conseguentemente, l’anno di spedizione della lettera, il 1866, periodo storico molto importante per il nostro Risorgimento.
È anche l'anno della terza guerra di indipendenza, quando il Regno d’Italia, nell’aprile del 1866, strinse un’alleanza militare con la Prussia che portò, con il Trattato di Vienna del 3 ottobre 1866, alla consegna del Veneto e della provincia di Mantova al Regno d’Italia, da parte dell'Impero austriaco. Vigeva in quegli anni la Convenzione di Settembre stipulata il 15 settembre 1864, tra l'Italia e la Francia, l’Italia si impegnava a non invadere lo Stato Pontificio (fig.2).
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Figura 2 |
In conseguenza dell'Art. II della Convenzione, che prevedeva il rimpatrio delle truppe regolari francesi dal Lazio, nel 1866 fu costituito il nuovo corpo francese dello Stato Pontificio, sotto il comando del colonnello D'Argy, composto da volontari, fu chiamato «Legione di Antibes».
Le truppe regolari francesi e la Legione D’Antibes rimpatriarono nel 1866 a dicembre, tra il 7 ed il 12.
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Figura 3 - Stemma nobiliare della famiglia KAPNIST |
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Vengo quindi alla lettera o meglio al suo testo: un certo Gregorio Salviati scrive ad Augusto Arata, Console di Russia con sede a Civitavecchia e agente ufficiale russo a Roma, su richiesta del Conte Pierre CAPNISTE (nome italianizzato dal russo KAPNIST) fig.3, rappresentante ufficiale dell’Ambasciata Russa di San Pietroburgo a Roma, chiedendo di informarsi “se nel porto di Civitavecchia fosse giunto nessun naviglio Spagnolo d’importanza e sopra a tutto da guerra”.
A cui si aggiunge la richiesta “che egli gradirebbe moltissimo se lo tenesse al corrente del movimento di navigli non solamente spagnoli ma delle altre nazioni ancora, che, per la loro importanza militare, sono presi in considerazione in codesto porto.”
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Figg. 4-5 (prima e seconda pagina) |
Per quale motivo questo interessamento viene esplicitato nel testo relativamente ai navigli ed in particolar modo a quelli da guerra spagnoli presenti nel porto di Civitavecchia?
La spiegazione potrebbe essere data dal fatto che il Papa, in questo periodo, era seriamente impensierito dagli sviluppi europei relativi alla terza guerra d’indipendenza ed al fatto che l’imminente scadenza della Convenzione di Settembre con il conseguente ritiro delle truppe regolari francesi potesse portare a rendere indifeso lo Stato Pontificio dalle mire del Regno d’Italia e soprattutto da quelle di Garibaldi, cosa che di fatto avvenne infruttuosamente nel 1867 per concludersi invece positivamente con la Presa di Porta Pia il 20 settembre 1870.
Il Papa effettivamente fece appello alle “potenze cattoliche” delle nazioni europee di inviare le proprie navi da guerra nel porto di Civitavecchia al fine di dissuadere eventuali iniziative ostili.
Infatti, ad esempio, la Regina di Spagna Isabella II promise in una prima fase asilo al Papa e poi visto il suo diniego chiese ed ottenne di poter inviare la sua flotta per sua protezione.
Verso la fine di novembre del 1866 si trovavano alla rada del porto di Civitavecchia navi da guerra austriache, portoghesi, spagnole, francesi ed americane a disposizione dei rispettivi agenti diplomatici presenti.
Il motivo specifico per cui la Russia volesse avere notizia di questi movimenti la lettera non ce lo spiega, ma si può affermare che le relazioni diplomatiche e, in particolar modo ecclesiastiche con lo Stato Pontificio, furono sempre molto strette e per molti motivi anche dopo la fine politica di esso.
In quegli anni turbolenti la Russia mantenne anche su Civitavecchia, attraverso il suo agente diplomatico Augusto Arata, un presidio fisso come documentato dalla Gazzetta Ufficiale del 06/11/1874 attraverso il quale gli fu concesso l’ “exequatur” da S.M. Vittorio Emanuele II, quale Console di Russia a Civitavecchia (fig.6).
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(Figura 6) |
L’“exequatur” o “delibazione” è una procedura atta a far riconoscere, in un determinato paese, un provvedimento emesso dall’autorità giudiziaria di un altro paese (ciò vale anche per la concessione di eseguire atti ecclesiastici sul proprio territorio).
La concessione dell’“exequatur” è il presupposto necessario affinché un Console potesse esercitare le proprie funzioni diplomatiche nel paese ospitante.
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