Storia Postale dello
Stato Pontificio

Stato Pontificio: non solo bolli...
di Francesco Maria AMATO

Bibliografia

 

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I Cappelli del Parroco
Thomas Mathà
dell’Accademia Italiana di Filatelia e di Storia Postale

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Queste due lettere inviate da Roma a Fusine del 1833/1834 svelano alcuni particolari di storia postale interessanti.


Sono missive inviate dal commerciante Andrea Grappelli di Roma a Don Girolamo Paini, Parroco, o Arciprete, a Fusine. Fusine è un piccolo borgo nella Valtellina lombarda, sulla strada postale prima di Sondrio (che a metà ottocento contava circa 600 abitanti).
Che cosa legava i due corrispondenti nel loro rapporto epistolare? Il commercio di cappelli, che al signor Parroco portavano un’ulteriore entrata!

Nella prima lettera (7.2.1833) il commerciante ricorda della “spedizione delli denari per la posta della Cappellania Fumiatti”. Interessante la nota sulla prassi commerciali, “La pregavo di darmene subito riscontro perchè questo sarebbe come una ricevuta e serve anche per una mia cautela. Spero che lei mi vorrà favorire e ne fare come fanno tanti altri che dopo hanno ricevuto il loro intento no si curano d’altro, ma qui si tratta di denaro, perciò mi pare che sia giusto di avere le mie giustificazioni perché da un momento all’altro può nascere qualche inconveniente ed io mi troverei con le mosche in mano (…)”.

Oltre un anno dopo (4.9.1834) il signor Grappelli scrive “No manco spedirgli per mezzo della posta il Denaro esatto per suo conto proveniente della Cappellania Fumiatti come mi annuzia con la g.ma sua dei 2 dello scorso mese di Agosto, li trimestri sono sette che formano la somma di scudi quarantanove m.(one)ta Romana come qui appiè troverà segnate che detratte le spese riceverà scudi quarantasette Baj 80 sempre moneta Romana.

Seguono i conti tra i due:

Che il denaro non era poi tutto nella vita si scopre dalla nota finale del commerciante, che scrive “Riguardo all’incomodo pregovi potendo celebrarmi qualche Messa, acciò quella ricompensa che dovrei avere in questo Mondo la possa trovare nell’altro che sarà la migliore.” Purtroppo non sono riuscito a scoprire dove si trovava la Cappellania Fumiatti (forse in Valtellina?).


È interessante che sul retro di entrambe le lettere troviamo il numero „95“, che probabilmente il destinatario si sarà annotato per le spese postali, per qualche ragione di peculiare interesse suo. Risulta quindi la tassa dovuta per la spedizione di quei denari tra lo Stato Pontificio ed il Lombardo Veneto tramite la Posta Cavalli. Mentre è evidente che il costo unitario della lettera che era appunto 5 bajocchi di impostazione pontificia per le lettere dirette all’estero.

(il percorso della posta da Bologna fino a Fusine)


Ma c’è di più. La prima lettera è stata oggetto di evidenti errori da parte delle poste romane. È stata in un primo momento timbrata con il bollo rosso ROMA / AFFRANCATA (Gallenga, I bolli di Roma, ed. Italphil, Roma 1979, cat. n. 3), e sul retro è stato segnato “3” (baj). Si può ragionevolmente desumere che l’impiegato postale abbia – frettolosamente – immaginato che Fusine si trovi nel Lazio e quindi ha chiesto al mittente 3 bajocchi. Si è però reso conto dell’errore e ha apposto sopra il bollo precedente il bollo lineare nero ROMA (Gallenga n. 11, in uso fino al 4.9.1834), anche se non proprio in maniera nitida. La lettera non poteva recare infatti il bollo “AFFRANCATA” in quanto era pagata solo parzialmente, fino al confine pontificio, ma non fino a destinazione.

Solo le lettere totalmente prepagate, dove tutto era stato pagato in partenza (e nulla era più da incassare da un altro ufficio postale) potevano essere bollate da un timbro del genere. Non ha cancellato l’importo (errato) di 3 baj, ma è stato aggiunto l’importo corretto di impostazione attraverso il solito timbrino rosso 5 (Gallenga n. 16) che solo l’ufficio della capitale usava. Un comportamento non proprio rigoroso, da biasimare.

Si vede che l’ufficio è stato migliore nella lettera successiva, dove vediamo il bollo non comune P / ROMA / 4 SETT. / 1834 (non impresso proprio nitidamente), sul retro ancora il timbro d’impostazione 5. L’uso del bollo a 4 righe è interessante: secondo il Gallenga (che lo ha catalogato al n. 12) è stato utilizzato dal febbraio a novembre 1834 (a partire dal 6.2.), quindi è la prima data nota di questo bollo. La P sta a mio avviso per pagato ed evidenzia il prepagamento (in questo caso parziale e non totale) della lettera.

Entrambe le lettere sono state tassate 18 (Kreuzer) all’arrivo e portano il bollo di Sondrio (16.2. e 10.9.) sul retro. Vediamo quindi un tempo di percorso di 9 e di 6 giorni Roma-Sondrio, forse a febbraio, in pieno inverno, era ancora più faticoso per la diligenza postale. La tassa applicata si spiega in questo modo: all’importo di 14 Kr per la massima distanza interna austriaca (oltre 12 stazioni di posta dal confine, tariffa 1823) sono stati aggiunti 4 Kr diritti di transito (dal 1827) in quanto la lettera evidentemente era transitata a Bologna.

Che cosa abbiamo imparato: oltre insegnamenti di vita, anche postali!

Thomas Mathà
02-06-2023