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Con LINGUELLA o senza linguetta? |
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Ora finalmente si può capire chi è malato di “avere” o chi vuol giocare un lungo brioso gioco con i francobolli. Dobbiamo fare un passo indietro, fino al 1945, quando sui cataloghi venivano espressi i pareri-costo-valutazione dei francobolli solo per valori allo stato di nuovo o di timbrato. Talvolta qualche editore esprimeva il parere anche di esemplari viaggiati e ancora presenti sul documento postale. Il “su busta” per intenderci. Poi venne la moda di raddoppiare la voce del nuovo. Non si può parlare di questa suddivisione se non si spiega il mercato anteguerra. Era invalso l’uso di domandare e ricevere particolari libretti chiamati di “invio a scelta”.
Erano libretti di formato circa 15x10 cm. composti da paginette in carta più che sottile composte da spazi per ogni francobollo con in testa un altro spazio da riempire con il numero di catalogo e lo stato (Â o Á) + uno spazio centrale dove veniva applicato un francobollo ed un inferiore piccolo rettangolo dove veniva inserito il prezzo usualmente al netto. I francobolli venivano applicati sul libretto con una speciale “linguetta o linguella” e, sul fronte del libretto, veniva usualmente riportato il totale del contenuto. I collezionisti domandavano e ricevevano questi libretti anche per posta, sceglievano i valori e li restituivano pagando quanto prelevato. Molti negozianti del settore in quell’epoca preparavano piccole e grandi partite di libretti già pronti con applicati i francobolli e davano francobolli e lavoro ad esterni (di solito persone anziane e capaci, ben liete di poter fare a casa propria un secondo lavoro) che preparavano i libretti secondo le indicazioni ricevute. I francobolli, nuovi o usati che fossero, venivano applicati sui libretti con il sostegno di una linguetta che era un rettangolino di carta leggerissima e trasparente gommata da un solo lato, si doveva ripiegare, e quindi una parte stava a sostegno dell’esemplare e l’altra serviva per il sostegno sul libretto. La successiva scoperta del “classificatore” non creò nuove esigenze e neppure influì sulle valutazioni del linguellato o meno. In quei tempi era uso dare valore differente a quello “ufficiale”, potevi comperare dalle Poste di tutto il mondo ma solo attraverso invio bancario e quindi dovevi regolare l’acquisto solo nella valuta ufficiale. Lo Stato fissava il cambio che non era determinato dal mercato, ma era un cambio imposto. Al principio degli anni 1939-1940, gli ebrei austriaci che ne ebbero la possibilità, lasciarono i patri lidi, e molti di loro, amanti del francobollo e temendo sequestri alla frontiera li applicarono sui libretti “invio a scelta”. Una sola Ditta in Italia faceva in quei tempi il servizio novità straniere, che andava in una Banca, ti regolava il pagamento al cambio ufficiale “forzoso” (che necessariamente ricadeva sul prezzo di vendita del francobollo), mentre all’angolo d’ogni via del centro potevi comprare la stessa quantità di moneta dai “bagarini” a prezzo anche molto differente. Nacque quel giorno il “mal di linguella”, forse voi non lo sapevate ma, è proprio da allora, che lo sbilancio è divenuto fuori ogni logica di mercato. Ed è per questo che io credo che l’incentivo maggiore al collezionismo non sia il piacere di poter comperare un pezzo al suo ideale “minimo” ma di
riuscire …
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