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Bimba Landmann

 



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Con LINGUELLA o senza linguetta?
Un po’ di storia, un po’ di verità

Ora finalmente si può capire chi è malato di “avere” o chi vuol giocare un lungo brioso gioco con i francobolli.
Il piacere di avere o il piacere di sapere?
Storia, la lunga storia di una malattia che ha ammalato un potenziale mondo di appassionati. Ma giudicando da quel che ora si vede resta un mondo infetto. Rivenditori pronti a rapinare, collezionisti indecisi e di conseguenza in attesa.
Forse una delle ragioni di questa pausa di interesse è negli sbalzi di quotazioni che si vedono nelle offerte.
Una delle cause è in fondo la poca chiarezza del mercato e personalmente credo che responsabili siano anche le quotazioni che appaiono sui cataloghi e la doppia quotazione dei francobolli allo stato di nuovi.
Nuovi: senza o con linguella o traccia di questa.

Dobbiamo fare un passo indietro, fino al 1945, quando sui cataloghi venivano espressi i pareri-costo-valutazione dei francobolli solo per valori allo stato di nuovo o di timbrato. Talvolta qualche editore esprimeva il parere anche di esemplari viaggiati e ancora presenti sul documento postale. Il “su busta” per intenderci.

Poi venne la moda di raddoppiare la voce del nuovo.
Si iniziò a dare doppia valutazione al francobollo nuovo: se integro (e cioè se con gomma intatta: ÂÂ) o francobollo con gomma toccata cioè se con traccia di linguella: Â).

Non si può parlare di questa suddivisione se non si spiega il mercato anteguerra.
Pochi erano i collezionisti che si spostavano per visitare qualche rivenditore e lì fare le proprie scelte d’acquisto.

Era invalso l’uso di domandare e ricevere particolari libretti chiamati di “invio a scelta”.

versione più "moderna" dei libretti citati da Giorgio Landmans

Erano libretti di formato circa 15x10 cm. composti da paginette in carta più che sottile composte da spazi per ogni francobollo con in testa un altro spazio da riempire con il numero di catalogo e lo stato (Â o Á) + uno spazio centrale dove veniva applicato un francobollo ed un inferiore piccolo rettangolo dove veniva inserito il prezzo usualmente al netto.
Se ricordo bene in ogni paginetta erano presenti 10 spazi per inserire i francobolli.
Era un servizio di “self-service” molto apprezzato dal potenziale acquirente dell’epoca, ma anche dal venditore visto che questo lavoro lo poteva far fare da altri a basso costo. Non dunque personale specializzato quindi con notevole risparmio di costo.
Tali libretti pieni di francobolli prezzati venivano venduti anche a rivenditori non solo filatelici, ma anche a cartolai o altri negozianti.

I francobolli venivano applicati sul libretto con una speciale “linguetta o linguella” e, sul fronte del libretto, veniva usualmente riportato il totale del contenuto.

I collezionisti domandavano e ricevevano questi libretti anche per posta, sceglievano i valori e li restituivano pagando quanto prelevato.
Forse era un gioco più che divertente, lo potevi giocare direttamente sulla tua scrivania, di certo fu una intelligente e molto apprezzata trovata.
I libretti “invio a scelta” li potevi chiedere anche per posta (la carta “pelure”, cioè molto leggera ne limitava il costo postale).
Naturalmente i francobolli nuovi finivano per diventare “nuovi linguellati”, ma a quel tempo non esisteva ancora la malattia dell’illinguellato (e molto fresco).

Molti negozianti del settore in quell’epoca preparavano piccole e grandi partite di libretti già pronti con applicati i francobolli e davano francobolli e lavoro ad esterni (di solito persone anziane e capaci, ben liete di poter fare a casa propria un secondo lavoro) che preparavano i libretti secondo le indicazioni ricevute.

I francobolli, nuovi o usati che fossero, venivano applicati sui libretti con il sostegno di una linguetta che era un rettangolino di carta leggerissima e trasparente gommata da un solo lato, si doveva ripiegare, e quindi una parte stava a sostegno dell’esemplare e l’altra serviva per il sostegno sul libretto.

La successiva scoperta del “classificatore” non creò nuove esigenze e neppure influì sulle valutazioni del linguellato o meno.

In quei tempi era uso dare valore differente a quello “ufficiale”, potevi comperare dalle Poste di tutto il mondo ma solo attraverso invio bancario e quindi dovevi regolare l’acquisto solo nella valuta ufficiale. Lo Stato fissava il cambio che non era determinato dal mercato, ma era un cambio imposto.

Al principio degli anni 1939-1940, gli ebrei austriaci che ne ebbero la possibilità, lasciarono i patri lidi, e molti di loro, amanti del francobollo e temendo sequestri alla frontiera li applicarono sui libretti “invio a scelta”.
Molti di loro raggiunsero l’Italia e offrirono ai negozianti locali questi libretti, che li acquistarono e presentarono nelle loro vetrine le serie recenti di Austria a prezzo libero e non a quello di acquisto all’estero al prezzo determinato con il cambio ufficiale.

Una sola Ditta in Italia faceva in quei tempi il servizio novità straniere, che andava in una Banca, ti regolava il pagamento al cambio ufficiale “forzoso” (che necessariamente ricadeva sul prezzo di vendita del francobollo), mentre all’angolo d’ogni via del centro potevi comprare la stessa quantità di moneta dai “bagarini” a prezzo anche molto differente.
Un cliente filatelico andò a lamentarsi presso quell’unica Ditta che allora faceva il servizio di novità straniere, naturalmente in base al cambio ufficiale.
L’abbonato fece le sue rimostranze:
“…ho pagato il 10 scellini Dollfuss il doppio di quello esposto nelle vetrine dei vostri concorrenti…”, ma dal retro si udì una voce che pronunciò “ma il nostro non è linguellato...”.

Nacque quel giorno il “mal di linguella”, forse voi non lo sapevate ma, è proprio da allora, che lo sbilancio è divenuto fuori ogni logica di mercato. Ed è per questo che io credo che l’incentivo maggiore al collezionismo non sia il piacere di poter comperare un pezzo al suo ideale “minimo” ma di riuscire …
A fare che? Quel che è nel suo pensiero, forse nel concetto di avvenuta completezza o nel piacere di essere riuscito a fare il completamento che gli dona un sapere che non sapeva.

Giorgio Landmans