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SAnt'agata | ||
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Secondo la Passio Sanctae Agathae, risalente alla seconda metà del V secolo e considerata dagli storici attendibile, Agata apparteneva a una famiglia catanese benestante già da tempo convertita al cristianesimo. Era quindi cresciuta con una educazione religiosa e aveva sviluppato l'idea di consacrare la propria verginità a Cristo divenendo diaconessa. All'epoca dei fatti che stiamo per raccontare, aveva già ricevuto dal vescovo di Catania il flammeum, cioè il velo rosso portato dalle vergini consacrate, ed era una fanciulla di rara bellezza. La sua morte sarebbe avvenuta, secondo la tradizione, il 5 febbraio del 251, il che confermerebbe la teoria della persecuzione da parte dell'imperatore Decio, che regnò dal 249 al novembre del 251 e che pose al centro del suo programma politico interno la restaurazione delle antiche usanze romane. Per questa ragione i seguaci di religioni diverse, dai cristiani ai pagani di origine africana, dagli ebrei ai seguaci del Dio Sole, furono obbligati per editto a sacrificare agli dei romani, abiurando quindi in maniera pubblica le loro fedi. Con il sacrificio e l'implicita abiura essi potevano ottenere il cosiddetto "libellum", una sorta di certificato che sanciva il ravvedimento, mentre in caso di rifiuto erano previste prima la tortura e, ultima ratio, la messa a morte. Anche la giovane Agata, che si dice fosse nata a Catania nel 235, e quindi appena quindicenne, fu catturata e condotta davanti al rappresentante locale dell'autorità di Roma, il proconsole Quinziano, che alcune cronache descrivono come uomo prepotente e dissoluto. Avvezzo a vedere realizzati tutti i suoi desideri, Quinziano se ne invaghì, e anziché torturarla preferì affidarla alle cure di una sua cortigiana, dal significativo nome di Afrodisia, affinché la convincesse ad abbandonare i suoi propositi di verginità concedendosi al proconsole. Pratiche simili non erano all'epoca rare, perché Decio si rendeva ben conto che i martiri costituivano, più che un deterrente, un potente catalizzatore per la crescente comunità cristiana, e incitava i propri sottoposti a tentare tutte le vie per ottenere da loro l'abiura. Comunque sia, né la prudenza politica di Decio né il lussurioso desiderio di Quinziano riuscirono a scalfire la fermezza della giovane Agata. Afrodisio la riconsegnò al proconsole affermando che: "...ha la testa più dura della lava dell'Etna", e questi ordinò per lei una tortura particolarmente barbara: si tramanda infatti che, infuriato per non aver potuto avere nel suo letto l'avvenente giovinetta, Quinziano abbia ordinato che le fossero estirpati i seni con grosse tenaglie, e per questa ragione l'iconografia la rappresenta spesso con in mano un vassoio sul quale giacciono due mammelle. Ostinata fino in fondo nel tenere fede alla propria credenza religiosa, Agata fu infine messa al rogo. Anche questa era pratica comune, e aveva lo scopo di evitare che gli altri fedeli avessero reliquie da venerare, ma mentre il suo corpo si consumava nel fuoco, il suo velo rosso virginale si manteneva miracolosamente integro, suscitando lo stupore dei presenti. Lo scatenarsi di una violenta eruzione dell'Etna, accompagnata da uno spaventoso terremoto, indussero infine la popolazione terrorizzata a ribellarsi a Quinziano: strappata alle fiamme, Agata fu ricondotta nella sua cella, dove morì tuttavia pochi giorni dopo. Per questa ragione il velo di sant'Agata diventò da subito per i catanesi una reliquia preziosissima; e nel corso dei secoli è stato portato più volte in processione di fronte alle colate di lava dell'Etna, che si dice abbia il potere di deviare verso zone non popolate o fermare del tutto. La santa viene dunque invocata contro le eruzioni vulcaniche, i terremoti e gli incendi, ed è patrona, oltre che della città di Catania e di quella di Sant'Agata Bolognese, anche dei pompieri, dei fonditori di campane, e delle donne che soffrono di tumore al seno. |
IL FRANCOBOLLO Emesso dal Liechtenstein il 4 dicembre 1958, nella serie "Francobolli natalizi"; la carta contiene frammenti di fili di seta. Dentellato 11 ½ Yvert 336 |
IL SANTINO |