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SAnt'antonio abate | ||
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Benché Antonio sia considerato il primo degli abati (e protettore di tutti gli abati), egli non fu mai, almeno nel significato che oggi ha questo termine, un vero abate. Fu piuttosto un padre spirituale, abba, come si diceva in aramaico (e di qui l’etimologia del nostro “abate”) che organizzò le piccole comunità di monaci formatesi nei primi secoli del cristianesimo nei deserti egiziani. Per questi monaci fu guida ed esempio, ma personalmente si mantenne sempre, nel corso della sua lunghissima vita, fedele al suo ideale di vita anacoretica intrapresa poco dopo essere restato, all’età di vent’anni, orfano. Era nato poco lontano da Heracleopolis Magna, nel villaggio di Qoma, da una famiglia di agiati agricoltori cristiani il 12 gennaio del 251, e la sua infanzia e la sua adolescenza erano passate nella tranquillità più assoluta. Secondo quanto ci racconta Atanasio, il vescovo di Alessandria che di Antonio fu prima amico, poi compagno nella lotta all’arianesimo e finalmente agiografo, la sua vita cambiò improvvisamente con la morte dei genitori. Restato solo, con il patrimonio dei genitori da amministrare e una sorella a cui badare, Antonio cominciò a sentire sempre più forte il richiamo della vita religiosa, e seguendo alla lettera l’esortazione evangelica secondo cui, per essere un buon cristiano, occorre vendere ciò che si possiede e farne dono ai poveri, si liberò di tutte le sue ricchezze. Affidata la sorella a una comunità religiosa femminile si avventurò nel deserto, sulle orme dei primi eremiti che popolavano all’epoca le zone desertiche intorno al Nilo, e in particolare di quel Paolo di Tebe, di vent’anni più anziano di lui e considerato, allora come ora, il primo eremita della storia della cristianità. Al loro incontro (e alla leggenda del corvo che avrebbe loro procurato il pane con cui sfamarsi) è ispirata l’icona copta in effigie al francobollo emesso dall’Egitto nel 2004. Dopo un primo periodo di eremitaggio in una grotta nelle vicinanze del suo villaggio natale Antonio, la cui saggezza e sollecitudine nel prendersi cura spirituale e fisica di quanti gli si rivolgevano attiravano credenti spesso desiderosi di seguire il suo esempio, si spostò via via in luoghi più remoti, combattendo sempre autentiche battaglie fisiche con i demoni che lo perseguitavano con le loro tentazioni. Visse così in diversi posti, sia lungo le coste del mar Rosso sia più all’interno, nei deserti della Tebaide, dove la fama della sua santità, delle guarigioni miracolose e delle liberazioni dal demonio finivano invariabilmente per attirare fedeli bisognosi della sua assistenza. Si recò ad Alessandria una sola volta, nel 311, per aiutare il suo amico Atanasio nella suo lotta contro l’arianesimo. Poi tornò nel deserto della Tebaide, guida spirituale per tutti gli altri Padri del Deserto ed estremo conforto per il suo amico e maestro Paolo di Tebe, morto vecchissimo e da Antonio sepolto in una fossa scavata, secondo quanto riferisce san Girolamo, con l’aiuto di due leoni. Anche Antonio visse molto a lungo: fino a 105 anni, ci dice Atanasio nella sua Vita Antonii, stabilendo per la sua morte la data del 17 gennaio del 356. I suoi resti mortali furono seppelliti dai suoi seguaci in un luogo segreto e, pare, ritrovati nel VI secolo. Dopo lunghe e controverse vicissitudini si dice che siano arrivati in Francia, e più precisamente dove oggi sorge il villaggio di Saint-Antoine-l'Abbaye, dove si formò anche il primo nucleo dell’ordine monastico degli Ospedalieri Antoniani. É alla loro abilità nel curare gli effetti dell’herpes zoster che si deve l’associazione tra il nome del santo e la malattia che da allora porta il suo nome e contro i cui attacchi si invoca la sua protezione: il fuoco di sant’Antonio. E siccome gli Ospedalieri usavano il grasso di maiale come base per i loro impiastri, anche il maiale venne associato al nome del santo e con lui, in seguito, anche gli altri animali domestici, dei quali Antonio è il protettore, e che è usanza benedire nel giorno della sua festa. Anche la campanella, che spesso ricorre nell’iconografia del santo eremita, è da associarsi all’abitudine degli Ospedalieri di portarne sempre una appesa al cordone del saio o al bastone… e tutti questi simboli appaiono nel santino che vi proponiamo. |
IL FRANCOBOLLO Emesso dall'Egitto il 22 gennaio 2004 Dentellato 13 ½ Yvert 1816 |
IL SANTINO |